“Il milite ignoto: alle radici dell’identità italiana” a cura di Silvio Bolognini

Prof. Silvio Bolognini, Lei ha curato l’edizione del libro Il milite ignoto: alle radici dell’identità italiana, pubblicato da Mimesis: quale importanza riveste, per l’identità italiana, la figura del Milite Ignoto?
Il milite ignoto: alle radici dell'identità italiana, Silvio BologniniIl viaggio del “Milite Ignoto” verso la sua destinazione finale catalizzò, lungo il tragitto attraverso cinque regioni italiane, un sentimento di unità nazionale che prendeva spontaneamente forma “dal basso”. Il dolore solidale di una collettività nascente si trasfigurava in orgoglio nazionale e in sentimento patriottico. In questo senso la figura del Milite Ignoto è identificabile come elemento fondativo dell’identità nazionale ma anche dell’unità nazionale: prima ancora di divenire evento la figura dell’eroe dissolve, verosimilmente in forza di una dimensione simbolica che veicola valori radicati in uno strato più profondo e comune, le divisioni politiche, da cui il voto unanime espresso dalla Camera dei Deputati sulla legge per la Sepoltura della salma di un soldato ignoto, nell’agosto del 1921.

Analogamente, nel 1947, l’Altare della Patria è il teatro in cui si celebra il tentativo di riconciliazione fra partigiani e militi della Repubblica Sociale Italiana. Per quanto le rispettive verità sembrassero difficilmente conciliabili ed ogni osmosi tra loro impossibile, ci si strinse la mano nella consapevolezza che l’Italia aveva bisogno di tutti i suoi figli di buona volontà per sollevarsi dalle rovine materiali e spirituali, per riprendere il cammino verso un avvenire migliore.

Durante la traslazione del Milite ignoto l’amore per i propri cari perduti nella Grande Guerra si era sublimato, attraverso una forma di dolore solidale, in un amore per tutti i caduti per la Patria, alimentando un sentimento comune di identità, di appartenenza e di orgoglio; analogamente ventisei anni dopo gli ex combattenti che deponevano l’alloro sulla tomba del soldato senza nome esprimevano un sentimento fraterno che originava dalla condivisione di una sofferenza e che si radicava nella consapevolezza della scelta comune di agire in conformità con i propri valori e ideali. In entrambi i casi l’affettività nascente, alimentata dalla reciprocità, ed il senso di appartenenza ponevano le basi per la costruzione della comunità futura.

Il Milite ignoto è dunque il luogo elettivo in cui si celebra un’identità nazionale che sublima le differenze in un sentimento fraterno di appartenenza e in un rinnovato spirito comunitario, che anela ad un progetto condiviso. Nella sua valenza simbolica, l’eroe senza nome rappresenta una dimensione rilevante del Genius Loci nazionale, che sopravvive alla sconfitta nel secondo conflitto mondiale e alla lacerazione causata dalla guerra civile. Questo Genio del Luogo si radica in una comunità che rimanda alla Gemeinschaft teorizzata da Ferdinand Tonnies quale sistema di durevole convivenza, il cui retaggio è ancestrale, caratterizzata dall’unità delle persone, fondata nella reciproca comprensione, in una scelta comune di appartenenza e di adesione e che enumera altresì, fra i suoi presupposti, la condivisione di sentimenti e la medesima aspirazione fondamentale “di popolo”.

Il tentativo contemporaneo di rilancio dello spirito comunitario e identitario a fronte di un paradigma di sviluppo fortemente omologante, rivendicato ad esempio dalla ricerca europea e italiana di un modello alternativo alla società intelligente (smart society) tech-driven, dovrebbe verosimilmente riconoscere nella componente del Genius Loci associata alla fenomenologia del Milite Ignoto una risorsa preziosa e lavorare ad una sua risignificazione.

Quali vicende hanno segnato la sua traslazione da Aquileia a Roma e cosa ha significato per il Paese tale evento?
Il “fenomeno di popolo” che si manifestò contestualmente al viaggio dell’eroe ignoto da Aquileia a Roma ne lascia efficacemente emergere la duplice valenza simbolica per il Paese: il tributo al sacrificio di un’intera collettività e la prefigurazione di un sentimento di identità nazionale non scontato per un’Italia nata come tale solo mezzo secolo prima.

Durante il viaggio verso Roma – come documenta l’Archivio Capitolino – l’arrivo della salma è annunciato in ogni città da voli di aerei, le soste notturne nelle stazioni divengono vere e proprie veglie funebri. L’intero viaggio del milite ignoto diviene un unico collettivo funerale nazionale. La bara è costantemente accompagnata da una folla – soprattutto donne, tante madri, mogli e figlie dei caduti della grande guerra – che fa ala al percorso del treno in uno spontaneo tributo di pietà corale e in una impressionante manifestazione di pathos collettivo che coinvolge e unisce tutto il paese e che diviene la prima autentica celebrazione dell’identità nazionale degli italiani.

Nella sensibilità collettiva l’evento diviene altresì commemorazione dei tanti eroi senza volto, loro malgrado protagonisti della Storia che si era consumata nella Grande Guerra. Il significato dell’evento rimanda in questo senso al tema dell’eroe moderno, che non ha perseguito la gloria ma ha sacrificato se stesso per una causa comune, come Enea nell’immagine in cui lascia Troia con il padre Anchise sulle spalle: un eroe che non sceglie il suo destino ma lo accetta, l’eroe della “pietas”, con la sua componente intrinseca di “senso del dovere”.

A cent’anni dall’evento, qual è la percezione del Milite Ignoto nel sentimento nazionale?
A riscontro della consapevolezza storica del significato di quanto accadde nel ‘21, nella commemorazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia l’allora Ministro della Difesa Ignazio La Russa rievocò la vicenda del Milite Ignoto sottolineando la doverosità di rendere omaggio a ciò che ha rappresentato uno dei momenti di massima identità nazionale.

La figura del soldato cui rimanda l’eroe anonimo dell’Altare della Patria ha tuttavia verosimilmente perso, nella società contemporanea lontana dal dramma della Guerra (quantomeno vissuto sul suolo nazionale), parte della sua potenza simbolica ed evocativa. Rileva in questo contesto la risignificazione dell’eroe avvenuta negli ultimi due anni, drammaticamente segnati dalla pandemia: nel giugno del 2020 davanti al Milite Ignoto è stato reso omaggio, ricordiamo, agli operatori sanitari caduti e che stavano ancora combattendo la guerra contro il Covid. L’anno successivo a Sassari la prefetta sceglieva di attualizzare il ricordo del Milite Ignoto ai militi ignoti contemporanei, individuati in particolare nei medici e negli infermieri che lottavano contro il virus e che, senza clamori, come il Soldato, facevano ogni giorno il proprio dovere, fino a donare la propria vita per il bene della comunità.

Merita in effetti di essere osservata una certa analogia fra la percezione dell’eroe soldato senza volto nel sentimento nazionale e i nuovi eroi nel drammatico scenario della pandemia: pensiamo all’omaggio istituzionale al personale sanitario tributato dallo Stato italiano attraverso l’immagine di un uomo e una donna muniti di camice e mascherina chirurgica, cartella clinica e stetoscopio impressa nel 2021 su tre milioni di nuove monete da 2 euro, con la scritta “Grazie”; un Decreto Ministeriale che suggellava il sentimento comune sotteso a molteplici manifestazioni fenomeniche, che hanno visto come protagonista la società civile ma prima ancora la comunità aggregata. Coerentemente con le modalità espressive caratteristiche della contemporanea società della comunicazione, l’omaggio, in qualche caso dei singoli in qualche altro istituzionale, ai tanti medici e infermieri “in trincea” nella guerra al Covid è divenuto “fenomeno comunitario” attraverso il digitale, nella forma tipica della condivisione di video e di immagini. Si pensi ad esempio alla foto simbolo dell’infermiera sfinita a fine turno, con i segni della mascherina sul volto, o al disegno che ritrae una dottoressa con la mascherina sul naso e sulla bocca che tiene in braccio un’Italia ferita, pubblicata su Facebook dall’Associazione Nazionale Carabinieri di Chiaravalle Centrale, immagini divenute entrambe in breve tempo virali.

La percezione dell’eroe senza volto ha dunque ancora come tale, mutatis mutandis, una valenza emotivamente forte nel sentimento nazionale, nonché un potenziale analogamente elevato in rapporto al rafforzamento del senso di identità nazionale: ricordiamo, nel 2020, i numerosi fenomeni in cui, ancora una volta dal basso, si è manifestato lo spirito di comunità, di unione in un momento di sofferenza ma anche di orgoglio nazionale, in qualche caso regionale o locale. Sebbene le condizioni restrittive imposte dall’emergenza sanitaria inibissero qualsiasi forma di aggregazione fisica, le persone si sono ritrovate in gesti comuni, replicati dal nord Italia al centro fino al sud e alle isole, chiamati ad esprimere solidarietà, appartenenza, compassione e una volontà condivisa di reazione al dolore e alla paura. Pensiamo all’Inno di Mameli e a canzoni nazional popolari come “Azzurro” e “Il cielo è sempre più blu” intonate dai balconi o, per quanto concerne la valenza identitaria nella sua dimensione squisitamente locale, alle caccavelle napoletane e alla tromba del noto musicista milanese Raffaele Kohler che suonava, sempre dal balcone, “O mia bela Madunina”.

Oggi come negli anni ’20 la comunità che si stringe intorno al suo eroe senza volto ritrova ed esprime il suo sentimento ed il suo orgoglio identitario.

Silvio Bolognini è professore ordinario di Filosofia del Diritto e Teoria generale del diritto all’Università degli Studi e-Campus e Rettore di UNITRE Milano – Università delle Tre Età

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Non perderti le novità!
Mi iscrivo
Niente spam, promesso! Potrai comunque cancellarti in qualsiasi momento.
close-link