“Il miglior nemico di Roma. Storia dei Goti: rivali e alleati dell’Impero” di Marco Cappelli

Il miglior nemico di Roma. Storia dei Goti: rivali e alleati dell’Impero, Marco CappelliDott. Marco Cappelli, Lei è autore del libro Il miglior nemico di Roma. Storia dei Goti: rivali e alleati dell’Impero, edito da Solferino, che mette al centro della storia i co-protagonisti dei decenni a cavallo del 400 d. C., i Goti: che ruolo ha avuto, questo popolo, nel passaggio dall’antichità al Medioevo?
È un ruolo fondamentale che, per noi italiani cresciuti nell’adorazione dell’Impero romano, spesso è venduto come nefasto. D’altronde, non sono i Goti coloro che causarono la caduta dell’Impero romano, sconfiggendo Valente ad Adrianopoli nel 378? Non misero la capitale dell’Impero a ferro e fuoco con il sacco del 410?

Si tratta di una lettura tipica del nazionalismo italiano, come il nazionalismo tedesco ha sempre interpretato la storia gotica come quella degli eroici, giovani e forzuti Germani alla conquista del decadente, marcio Impero romano.

Entrambe le visioni sono a mio avviso completamente errate: la mia ambizione, con questo libro, è di svelare tutte le affascinanti sfaccettature della storia tardoantica. Per esempio, le glorie di un Impero romano per nulla morente, o l’apporto fondamentale alla storia europea dei Goti, evangelizzatori dei Germani, costruttori delle prime strutture politiche romano-germaniche, dei primi sistemi legali post-romani. In sostanza, i Goti sono gli araldi di un mondo nuovo, che poi è il nostro mondo: quello della civiltà occidentale.

Come nacque e fiorì la civiltà gotica?
È una domanda a cui è molto difficile rispondere, nel libro credo di aver ricostruito un puzzle convincente sulla base delle fonti, dall’archeologia e della più recente ricerca archeogenetica. Va sfatato il mito dei Germani alti, biondi e baffuti: al fianco di un nucleo iniziale di Germani della Scandinavia, abbiamo un importante apporto di popolazioni baltiche, protoslaviche, perfino di etnia iranica (quindi simili ai Persiani, per intenderci). In un certo senso, la storia gotica è quella di una continua migrazione ed espansione, nel processo inglobando, assorbendo e venendo influenzati da altre culture. Dalla Scandinavia alla Polonia, dall’Europa centrale alle steppe Ucraine, fino al confine danubiano dell’Impero romano.

Trovo particolarmente affascinante il IV secolo, durante il quale i Goti svilupparono delle grandi confederazioni politiche con strutture complesse, un’economia integrata con quella dell’Impero romano, embrionali strutture cittadine, grandi aziende agricole, perfino delle strutturate attività artigianali, alcune delle quali – come il vetro – destinate all’export. È per questo che, all’incirca al 370, si può parlare di una nascente civiltà gotica, nata ai confini dell’Impero romano, ad imitazione del ben più potente vicino.

Questo almeno, fino a quando i Goti non incapparono nel rullo compressore della tarda antichità: gli Unni. Lo scontro con questa superpotenza nomade costringe la dirigenze gotica ad una scelta brutale: la sottomissione agli Unni, o la fuga nell’Impero romano.

Quali vicende condussero i Goti occidentali dalle pianure della moderna Romania e Ucraina alle soglie di Roma? E perché decisero di saccheggiare Roma?
I Goti non erano dei conquistatori, ma un popolo di migranti che era stato sconfitto dagli Unni e che cercava salvezza altrove. I Visigoti sono discendenti di quei Goti che, tra il martello degli Unni e l’incudine dell’Impero romano, preferivano l’incudine.

I Visigoti furono accolti nell’Impero romano perché l’imperatore Valente aveva bisogno di soldati, contadini e contribuenti. Le cose purtroppo furono gestite in modo disastroso dai Romani, anche se il fato ci mise lo zampino. I Goti si ribellarono ai Romani e finirono, del tutto inaspettatamente, per vincere la grande battaglia di Adrianopoli, una vittoria più unica che rara: i Goti non riuscirono mai più a battere un grande esercito da campo romano. Né impararono mai l’arte degli assedi.

Dopo Adrianopoli, e la morte di Valente, alla fine il suo successore Teodosio trovò un accordo con i Goti, che fu di beneficio ad entrambi. Teodosio si guadagnò una mazza da usare contro i suoi nemici, i Goti fecero carriera e iniziarono quel processo che, inevitabilmente, era sempre finito con l’assimilazione nella società imperiale, nel giro al massimo di un paio di generazioni.

Eppure, una serie di decisioni da parte di tutti gli attori politici, unita a tensioni specifiche a riguardo dei Goti, portarono ad una rottura tra una importante fazione gotica, comandata da Alarico, e il governo imperiale. Tra il 395 e il 410, i Romani finirono per massacrare i Goti che più si opponevano ad Alarico, prima a Costantinopoli, poi a Ravenna, gettando i sopravvissuti nelle braccia di Alarico, il più “populista” tra i Goti. Alarico utilizzerà questa forza per i suoi scopi, che in definitiva erano politici all’interno dell’Impero romano: la sua ambizione era prendere il potere a Costantinopoli o Ravenna, non distruggere la fonte di questo potere.

La grande tragedia di tutta questa storia è, infatti, che nessuno, nessuno dei politici romani e Goti volle mai il sacco di Roma, incluso Alarico, che fece assolutamente di tutto per evitarlo. Quando gli uomini di Alarico entrarono a Roma fu la sua più grande sconfitta. A volte la storia può essere una commedia degli errori, ma per comprendere i dettagli di questa vicenda, rimando al libro!

Come scrive nel libro, i Goti furono «il contraltare germanico dei Romani»: cristiani, con un esercito organizzato professionalmente, combatterono più volte al fianco dei Romani; quali fattori rendevano però la loro cultura completamente esogena rispetto ai Romani?
In generale la cultura gotica era stata profondamente influenzata da quella romana, soprattutto durante il IV secolo e già prima del loro ingresso nell’Impero. I Goti servivano nelle legioni romane, importavano il loro vino e perfino la loro architettura.

C’erano però dei dettagli che li distinguevano: il principale aveva a che fare con l’organizzazione sociale. Per i Goti, coloro che detenevano il diritto e l’obbligo alla partecipazione politica nella vita della comunità erano solo gli uomini liberi. Questo era valido anche per i Romani, ma nel caso dei Goti gli uomini liberi, per esserlo, dovevano anche essere dei guerrieri. In sostanza, per i Goti c’era una sorta di “obbligo” di servizio militare per tutti i “cittadini” della confederazione, al punto che un sinonimo di “uomo libero” era “esercitale”, soldato.

Il servizio militare non era retribuito, se non nel fatto che appartenere alla casta di “uomini liberi” costituiva un grande vantaggio sociale, che spesso risultava in ampie proprietà terriere, la gestione di un certo numero di schiavi e la subordinazione di altri “semiliberi”, ovvero persone che dovevano agli uomini liberi una parte del raccolto in cambio del loro patrocinio, o perché coltivavano della terra di proprietà degli uomini liberi.

In questo, la civiltà gotica era più simile all’antica Repubblica romana, prima delle riforme di Mario, che al contemporaneo Impero romano, dove i vertici politici erano costituiti soprattutto da grandi proprietari terrieri smilitarizzati, che pagavano delle tasse affinché altri combattessero per loro.

La civiltà medioevale deriverà buona parte delle proprie strutture politiche proprio dall’organizzazione germanica della società: con una classe dirigente militarizzata (nell’Europa feudale, cavalieri e feudatari) alla guida e al vertice della società, con un obbligo militare nei confronti del Re e ampie proprietà con le quali sostenere il suo stile di vita, la sua specializzazione militare e l’acquisto degli armamenti.

Il libro è anche la storia di un’integrazione fallita: perché, dopo secoli di pacifica integrazione di innumerevoli culture all’interno dell’Impero, i Goti non si dissolsero al suo interno e in che modo ciò favorì la dissoluzione dell’Impero occidentale?
In realtà i Goti sapevano essere romanissimi quando volevano, e i militari romani avevano spesso più cose in comune con i Goti che con i senatori: le stesse armi, la stessa cultura di corpo, perfino – spesso – le stesse leggi.

È vero però che ci furono degli elementi che impedirono la perfetta integrazione dei Goti nel corpo dell’Impero romano, come era accaduto a decine di altri popoli prima di loro. Direi che i fattori sono principalmente tre: la xenofobia romana, l’orgoglio gotico, la religione. I primi due punti, secondo me, hanno un’origine comune: la battaglia di Adrianopoli. I Romani non erano mai stati xenofobi (o almeno non troppo) con i barbari, quello era un modo di pensare semmai dei Greci. Il problema era che i Goti erano i vincitori di Adrianopoli. Con i Goti, i Romani non potevano esibire il loro strabordante senso di superiorità, la certezza che tutti fossero destinati a diventare prima o poi Romani.

D’altro canto, i Goti che avevano battuto l’Impero sentirono una sorta di orgoglio molto particolare, che li elevava al di sopra di altri popoli barbari e che convinse molti di loro che l’Impero dovesse avere un trattamento “privilegiato” con i Goti. Alterigia e xenofobia non vanno molto d’accordo.

Infine c’è la religione: il caso volle che il vescovo che convertì i Goti fosse “ariano”, una versione più monoteistica del credo cristiano, dove il Padre ha un ruolo maggiore rispetto al Figlio e allo Spirito santo. Ai tempi di Wulfila – questo il suo nome – l’arianesimo andava per la maggiore anche a Costantinopoli, ma questo non era il caso pochi decenni dopo, ai tempi di Teodosio. Lo steccato religioso tra l’arianesimo dei Goti e l’ortodossia romana alzò un muro tra le due comunità: non è un caso che, appena questo fu abbattuto, Goti e Romani si avviarono rapidamente ad una sostanziale fusione tra loro, come si può notare nel caso della penisola iberica a fine VI secolo.

In che modo scoprendo la storia dei Goti è possibile andare alla radice di quella dell’Europa?
Spesso sosteniamo che la civiltà occidentale è discendente di quella greco-romana, e per molti versi questo è vero. Eppure con uno sguardo ad una mappa dell’Impero romano, e ad una dell’Europa, si capisce immediatamente la differenza: al centro dell’Impero romano c’era il Mediterraneo, il vero conduttore dei traffici, delle notizie, degli ufficiali, della moneta, degli eserciti e degli affari dei Romani. Il Mediterraneo era il sistema sanguigno del mondo antico.

Se guardiamo alla mappa dell’Europa di oggi, invece, troviamo il fiume Reno e la civiltà renana, la “banana blu” di città importanti che dai Paesi bassi scende giù, lungo il Reno, fino all’Italia settentrionale. Il cuore della nostra civiltà è oggi lì. Il Reno è anche il confine tra il mondo dei paesi latinofoni e quelli dove le lingue germaniche sono rimaste dominanti.

Per capire come si passa dalla civiltà del Mediterraneo a quella Renana, è indispensabile conoscere la storia dei Goti: i più imperiali, i più romani dei popoli usciti dal Barbaricum. Coloro che hanno per primi codificato delle compagini statali post-romane, che hanno accettato il cristianesimo dei Romani, che hanno per primi legiferato per accogliere la tradizione romana e adattarla alla loro società. Che nelle loro corti hanno studiato il latino e la tradizione antica, passandola a nuove generazioni.

La tragedia dei Goti è che quello che costruirono non sopravvisse alle procelle dell’alto medioevo: la meravigliosa costruzione simil-imperiale dell’Italia di Teodorico fu distrutta dall’Impero romano di Giustiniano. Il grande regno Visigoto di Tolosa fu eclissato dall’ascesa dei Franchi di Clodoveo. La Spagna Visigota fu il regno gotico che sopravvisse più a lungo: in Iberia, Romani e Goti finirono per fondersi all’insegna di uno stato visigoto, ma di lingua e cultura latina e religione cattolica: nel settimo secolo ebbe anche un buon sviluppo economico e culturale. Anche questo esperimento, però, fu spazzato via dalla conquista araba, che recise definitivamente il legame tra la civiltà romano-barbarica dell’Occidente e il Mediterraneo.

Nonostante tutti questi fallimenti, la nostra civiltà europea-occidentale nasce dall’incontro e dalla fusione tra l’Europa germanica e quella romana, in un rapporto simbiotico. I Goti furono i primi a gettare le basi di questo nuovo mondo, offrendo il modello che sarà utilizzato dai Franchi nell’ottavo e nono secolo.

Marco Cappelli, abruzzese, classe 1980, ha studiato economia aziendale all’Università Bocconi di Milano. Ha lavorato nel marketing di multinazionali europee, giapponesi e americane. Dal 2012 vive a Bruxelles e dal 2018 produce “Storia d’Italia”, uno dei podcast di maggior successo nel nostro Paese, con più di due milioni di ascolti e oltre cento episodi. Nel maggio del 2021 ha pubblicato con Solferino il suo primo libro Per un pugno di barbari.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Non perderti le novità!
Mi iscrivo
Niente spam, promesso! Potrai comunque cancellarti in qualsiasi momento.
close-link