
Londra, 1889: nell’ufficio di Holmes un visitatore ha lasciato un bastone da passeggio. “Era un bel bastone col pomo rotondo, del tipo comunemente chiamato «Malacca». Proprio sotto l’impugnatura c’era una larga fascia d’argento con l’iscrizione «A James Mortimer, M.R.C.S. dai suoi amici del C.C.H.» e la data «1884». Era proprio il tipo di bastone adatto a un medico di famiglia vecchio stampo – dignitoso, solido, e rassicurante”. E infatti il distratto visitatore che ha dimenticato il proprio bastone presso l’ufficio di Holmes è appunto un medico, James Mortimer, che ben presto ritorna dal detective per domandargli di indagare sulla morte di un suo caro amico e paziente, Sir Charles Baskerville.
Ricco baronetto, erede di una prestigiosa casata, Sir Charles è deceduto nel giardino della sua tenuta, un maniero nella brughiera di Dartmoor, apparentemente a causa di un infarto. Accanto al corpo sono state rivenute le impronte di un grande mastino. Secondo una leggenda, tutti gli eredi maschi della famiglia Baskerville vengono uccisi da un enorme cane, “creatura ributtante, di un’immane bestia nera, in forma di mastino, e tuttavia più grande di qualsiasi cane su cui occhio mortale si sia mai posato”, ragion per cui lo stesso Sir Charles ha sempre avuto il terrore dei cani.
Dopo aver affidato lo strano caso a Sherlock Holmes e al suo aiutante, Dottor Watson, il Dottor Mortimer si reca alla stazione per accogliere Sir Henry Baskerville, ultimo discendente dell’antico casato e attualmente erede unico di tutta la fortuna di famiglia. Sir Henry si reca dunque in albergo ma qui, stranamente, gli viene rubata una scarpa. Dopo lo strano furto, Sir Henry parte per Dartmoor insieme al Dottor Watson, incaricato da Holmes di seguire il caso in prima persona.
Arrivato alla residenza dei Baskerville, Watson fa la conoscenza dei vari abitanti della zona: il signore e la signora Barrymore, domestica e maggiordomo dei Baskerville, il signor Frankland, un vicino di casa, “anziano, rosso in viso, i capelli bianchi, di temperamento irascibile”, il signor Stapleton, naturalista, e sua sorella, “una giovane piena di fascino”. Mentre Henry Baskerville inizia un flirt con la signorina Stapleton, Watson si intrattiene con il fratello, che gli narra le leggende e le curiosità del maniero e dell’area paludosa che lo circonda. Pare tra l’altro che nella brughiera si aggiri un pericoloso evaso, Selden, e di notte anche il signor Barrymore vi si aggira furtivamente.
Quando Watson gli chiede il motivo del suo agire, Barrymore gli confessa che l’evaso è in realtà fratello d sua moglie. Lui e la consorte cercano dunque di aiutare il fuggitivo e pertanto ogni notte accendono una candela alla finestra della loro abitazione: l’uomo, che si rifugia in una capanna poco distante, riconosce nella luce il segnale per potersi avvicinare e per ritirare il cibo che i coniugi gli forniscono. Watson, con l’aiuto di Henry, vorrebbe cercare di catturare Selden, ma i due sono costretti a desistere da alti ululati che si levano dalla brughiera.
Henry, terrorizzato dai latrati, finisce per convincersi sempre di più della veridicità della leggenda secondo cui tutti gli eredi maschi dei Baskerville sarebbero destinati ad essere uccisi da un diabolico mastino.
Nel frattempo Sherlock Holmes ritorna sulla scena, anche lui alla ricerca di Selden. Ulteriori indagini gli hanno permesso di scoprire che Sir Charles Baskerville, la sera della sua morte, aveva appuntamento con una certa Laura Lyons, donna “di dubbia reputazione”, che sembra avergli chiesto dei soldi, anche se in realtà la signora nega. Proprio mentre si trovano nella brughiera alla ricerca dell’evaso, Watson e Holmes sentono nuovamente dei forti ululati, seguiti da urla umane altrettanto forti. Selden viene ritrovato morto. Poiché indossa gli abiti di Henry, ciò induce il detective a credere che sia stato erroneamente ucciso al posto del baronetto.
Rientrati nella dimora dei Baskerville, un dettaglio del dipinto dell’antenato Hugo Baskerville colpisce l’attenzione di Sherlock Holmes, rivelandogli chi è l’assassino. “I miei occhi si sono addestrati a studiare i volti, non già le loro acconciature. La prima dote di un criminologo consiste nel vedere attraverso un travestimento”, osserva infatti il detective di fronte al ritratto.
Sherlock e Watson, ormai certi di aver districato la misteriosa vicenda, fingono di darsi per vinti e di tornare a Londra. In questo modo riescono non solo a far uscire allo scoperto l’omicida, ma anche a svelare il mistero del temibile cane mastino.
Come in tutti i romanzi di Conan Doyle, anche ne Il mastino dei Baskerville gran parte del fascino è legato alla personalità di Sherlock Holmes, maestro del ragionamento deduttivo. All’intrigo concorrono poi le cupe atmosfere vittoriane, l’inquietante e malinconica brughiera del Devonshire in cui si svolge gran parte dell’azione e l’alone di mistero che circonda il famigerato mastino; “ciò che è noto”, osserva l’autore, “racchiude in sé meno terrore di ciò che è soltanto sussurrato e fantasticato”.
Il mastino dei Baskerville è un giallo godibile da tutti, sia ragazzi sia adulti.
Silvia Maina