
Si è incrinata la fiducia tra alleati. Dopo la fine della guerra fredda le frizioni fra USA e UE sono emerse in modo sempre più evidente; finché si è privilegiato l’approccio multilaterale, i dissidi sono stati in qualche modo tenuti sotto controllo. Ma l’aggressivo unilateralismo di Trump, a meno di improvvisi ripensamenti, sta scavando un solco incolmabile fra Washington e l’Europa, sospinta così anche a rafforzare i rapporti d’interesse con Pechino e con la Russia di Putin che, giocando sul tavolo occidentale e su quello asiatico, cerca di non farsi schiacciare dalla potenza cinese. Seppure non nell’immediato, i costi saranno altresì elevati per gli USA perché l’allentamento dei legami con gli alleati, accelerando la frammentazione dell’Occidente, finirà con indebolire le stesse basi del potere americano.
Quali sono le cause del progressivo allontanamento tra Europa e Stati Uniti?
Una volta dissoltosi il “nemico” comune, ossia l’Urss, nel dicembre 1991, europei e americani sembrarono divenire via via più estranei gli uni agli altri. Il punto è che il periodo della guerra fredda aveva occultato le differenze e le divergenze strutturali.
In seguito alla riunificazione della Germania, gli americani si erano interrogati sul futuro dell’Europa, delle relazioni transatlantiche e sull’evenienza che si stesse formando una nuova superpotenza, economica e politica, in competizione con quella statunitense, tanto più dopo la nascita dell’Euro.
Le tensioni con gli alleati, in particolare Francia e Germania, si inasprirono in occasione della guerra all’Iraq di Saddam Hussein che determinò una profonda frattura fra le due sponde dell’Atlantico, facendo riemergere in Europa malcelati sentimenti di antiamericanismo.
La Cina era un’altra causa di frizione. I leader europei non facevano mistero che Pechino fosse il loro più efficace contrappeso all’egemonia degli Stati Uniti.
Quali scelte strategiche da parte europea produce l’indebolimento dei legami con gli Stati Uniti?
L’ascesa della Cina, il ritorno come player internazionale della Russia, l’unilateralismo degli Stati Uniti e la riluttanza rispetto ai valori che un tempo Washington riusciva a trasmettere sono altrettante pesanti incognite sul futuro dell’Occidente, tanto più che l’Europa mostra al suo interno molteplici crepe e segni di cedimento. Pechino ha esteso la propria influenza nel Vecchio Continente attraverso l’economia e con imponenti risorse finanziarie inaugurando una strategia rivolta ai paesi economicamente deboli o indebitati della UE. Sono questi gli unici in Europa ad aver firmato, sinora, un memorandum d’intesa con Pechino.
In questo scenario, l’Europa deve riformare sé stessa per evitare di disarticolarsi sotto le spinte nazional-populiste e di dissolvere così la sua forza. Ciò presuppone di intraprendere una nuova fase di integrazione politica, economica e nella difesa. La questione nevralgica è come realizzare questa integrazione. Poiché anche l’asse franco-tedesco, storico perno della costruzione europea, mostra i suoi limiti a giudicare dalla distanza fra la visione del presidente francese Emmanuel Macron, che punta su una strategia fortemente comunitaria a livello istituzionale, e quella della presidente della Cdu tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer, erede designata di Angela Merkel, che invece prefigura un sistema di sussidiarietà e autoresponsabilizzazione degli Stati nazionali.
Quale futuro per l’alleanza atlantica?
Fra le due sponde dell’Atlantico è come se si fosse attuato uno scisma. Le relazioni transatlantiche -come ho detto sopra- hanno iniziato a cambiare con la fine della guerra fredda che consentì la riunificazione della Germania e la nascita della moneta unica europea. I pubblici attacchi di Trump ai partner europei e la sua aggressiva difesa degli interessi economici americani l’hanno acuito.
La questione cruciale è se dopo l’uscita di scena di Trump il progressivo allontanamento transatlantico si invertirà o si allargherà ulteriormente. La partnership transatlantica è imperniata sulla condivisione e sulla difesa dei valori liberal-democratici, mentre Cina e Russia sono regimi autoritari.
La Nato, definita obsoleta da Trump durante la sua campagna elettorale nel 2016, si basa sull’impegno alla difesa reciproca fra alleati e, soprattutto, sull’impegno all’intervento militare da parte di Washington. Ma se questo viene meno, la Nato come l’abbiamo conosciuta sinora non esiste più.
Adriana Castagnoli, storica e saggista, è editorialista de “Il Sole 24 Ore”. Si occupa dei rapporti economici e geopolitici a livello mondiale. Fra le sue ultime pubblicazioni: Il lungo addio. La fine dell’alleanza tra Europa e Stati Uniti, Roma-Bari, 2019; I principi economici del Piano Marshall, in Marshall Plan 70 anni dopo. L’eredità del Ponte Transatlantico, Roma, 2018; La guerra fredda economica. Italia e Stati Uniti 1947-1989, Roma-Bari, 2015; Across borders and beyond boundaries: how the Olivetti Company became a multinational, in “Business History “,56:8, 2014; Essere impresa nel mondo. L’espansione internazionale dell’Olivetti dalle origini agli anni Sessanta, Bologna, 2012.