
Il libro contiene una raccolta di brevi riflessioni, affatto non scontate (come ad esempio l’affermazione secondo la quale un libro si legge anche da chiuso – modalità, tra l’altro, “non per nulla secondaria”: «basta avere il libro in casa, da qualche parte.»)
Un libro è, innanzitutto, «una cosa da avere»: «Comprare un libro è come dire al mondo: entra, sta’ con noi». Certo, c’è il rischio che «le file dei libri non letti» crescano ma «costruirsi una biblioteca di libri non letti, o non ancora letti» ha comunque assolutamente senso: «davanti a tante file di libri so che la risposta c’è. La risposta mi guarda.»
«Un libro agisce anche fermo, anche chiuso, anche immobile. Prima di tutto ci ricorda sempre che deve essere letto, se non l’abbiamo ancora letto. Una pentola, invece, non ci ricorda che deve essere usata per cucinare, né un bicchiere che dobbiamo usarlo per bere. Il libro che si deve ancora leggere ci sta davanti con una promessa e con un rimprovero».
Toccante ed esemplare del rapporto che si costruisce con i propri libri il racconto della sua amica Mirella: «Avendo saputo che le restavano poche settimane di vita, mi regalò un libro della sua biblioteca. C’erano altri libri che avrei ricevuto più volentieri. […] Lei dovette leggermi nel pensiero, perché disse: «No. Quelli non guardarli. Da quelli non voglio separarmi».
I libri «sono il punto d’arrivo di un lungo viaggio, che è cominciato chissà quando, prima ancora che gli scrittori nascessero» e la nostra biblioteca «il trionfale riposo di tanti camminanti.»
Chi non ha vissuto l’esperienza di non decidersi ad aprire un libro «per paura di rovinarlo»? «Qualcosa ci dice, mentre lo guardiamo, che quel libro è perfetto così, perfetto in sé.» Sì, perché «il libro coincide perfettamente con la scrittura, cioè con sé stesso. Se gliela togli, non è più un libro. Non è un contenitore, come lo è, invece, un e-reader. Infatti, non è uno strumento. Non serve a leggere, non serve a contenere altro. […] è contenitore e contenuto, sempre e indissolubilmente. Corpo e anima. Identità perfetta. Ipseità pura. Un libro non muore mai».
E alla domanda «Quanti libri ho…?» non può che incalzarne un’altra: «quanti libri non ho?»
Oggi, purtroppo, a causa di internet, si legge di meno: «Il tempo va in chiacchiere, in messaggistica, in proclami rapidi, in post infiniti.» E tuttavia «la comunicazione elettronica è rapida, distratta, imprecisa. Si esaurisce nel botta e risposta, quando non semplicemente nell’interiezione o nello sfogo irrazionale, ed estromette del tutto il ragionamento, la riflessione, il ripensamento, il piacere dell’immaginazione, la proiezione nell’altro, l’attesa, la considerazione di più possibilità, la sospensione fantastica.»
Dobbiamo tuttavia ricordare che «esiste in ciascuno un “noi”. I libri stanno per tale “noi”, sono il nostro “noi interiore”, che ci accompagnerà sempre. Di questo “noi” – che altri ricercheranno in surrogati come la televisione, la tifoseria sportiva, l’adesione a una fede religiosa o, occasionalmente, in qualche sala di cinema o di concerto – abbiamo tremendamente bisogno. Senza quel “noi” interiore fatto di frasi la nostra vita si riduce a brancolamento egoistico, a ottusità, perfino a disperazione, […] a una solitudine che nessun messaggio elettronico, nessun post, nessuna partecipazione ai social potrà risolvere.»
I libri uniscono chi li legge, proiettandoci oltre noi stessi perché «saremo anche, certo, diversi l’uno dall’altro: ma, frequentati gli stessi libri, le nostre differenze si sommeranno in un’armonia, la comunanza delle letture.»