
Come ha indicato chiaramente nella sua domanda, vista la passione per la tecnologia e l’imperante processo di dematerializzazione – pensi alle nanotecnologie! – ci si aspetterebbe che un oggetto capace di contenere l’equivalente di una biblioteca nelle dimensioni di un taccuino non abbia alcuna difficoltà a soppiantare un relitto d’altri tempi come il libro cartaceo, eppure… Questo perché il regime immaginale in cui siamo immersi ha delle caratteristiche che divergono sempre più dall’adesione alla materia del mondo e del sociale, come la crisi ambientale dimostra, credo, in modo lampante. È un regime che – aderendo alla terminologia creata da Gilbert Durand per la sua archetipologia – è di pura ispirazione diurna, quindi fondato sull’antitesi e sulla disgiunzione, spirituale e astratto: la sua forma attuale è ancora quella che gli ha magistralmente conferito Cartesio, una res cogitans che domina e sfrutta la res extensa in cui si muove come un’estranea o una prigioniera, alla perenne ricerca del modo di tornare nell’empireo dal quale è precipitata. Si tratta, come vede, di una riformulazione non so quanto consapevole del mito platonico dell’Auriga, a conferma della lunghissima continuità immaginale del nostro paradigma. Che si dà oggi a vedere nell’incuria con cui trattiamo il pianeta che è la nostra casa, mentre spendiamo cifre iperboliche per il turismo spaziale, che guarda caso è la figura contemporanea della tensione verticale della res cogitans.
Da questa prospettiva, il libro cartaceo avrebbe dovuto far la fine della miriade di altre tecnologie superate e invece continua imperterrito a resistere e anzi, a recuperare terreno perfino in Italia, nazione notoriamente poco dedita alla lettura. Non è d’altronde la prima volta che previsioni di questo stampo si rivelano infondate: pensi al ritorno in pompa magna del vinile, ferrovecchio analogico prima ristretto in uno scintillante CD, poi definitivamente – dicevano – sublimato nelle sequenze di 0 e 1 del digitale. Il problema, nell’uno come nell’altro caso, è che queste alchimie hanno un costo, comportano una perdita di informazione e ancor più di qualità, perché la materia non è la gabbia priva di ogni attributo di Cartesio, ma una componente preziosa e insostituibile di noi e della nostra esperienza del mondo. Come l’ascolto di un vinile è a mio parere incomparabile a qualunque versione digitale, così la lettura di un libro di carta è più soddisfacente e remunerativa – anche in termini di presa mnemonica e quindi di arricchimento di conoscenza – della lettura di un ebook. L’equivoco sta nel fatto che la lettura non è un processo spirituale – come immagina la res cogitans – ma un’esperienza stratificata in cui la materialità del gesto, il peso del volume e la sensazione di avanzamento nel testo che viene dalla diversa consistenza delle parti in cui esso si divide giocano un ruolo centrale. Per non parlare del profumo e della sensazione della carta, della possibilità manuale di annotare il testo e di sfogliarne le pagine per una veloce rassegna, cose delle quali nell’ebook non c’è traccia.
Cosa rivela l’analisi del libro come medium immaginale?
L’approccio immaginale al reale, al quale ho dedicato anni di riflessione e lavoro, consente di superare l’ambito ristretto delle dicotomie aut/aut tipiche del nostro pensiero – ricorda i caratteri del regime diurno? – e di avventurarsi negli ampi panorami dell’et/et, della contemporaneità di aspetti che potrebbero apparire contraddittori, ma che invece coesistono in una tensione dinamica e creativa. L’aggettivo che descrive questo “strano” stato di cose è “contraddittoriale”, termine anch’esso di origine durandiana, che si applica ad esempio perfettamente a noi, che siamo ragione ed emozione, mente e corpo, calcolo e immaginazione. Perché quest’ennesima introduzione, potrebbe chiedermi. Perché il libro è un oggetto eminentemente contraddittoriale: pur essendo materiale, è il luogo della manifestazione dello Spirito perché è lo scrigno della Parola. Le maiuscole sono del tutto intenzionali: non a caso le religioni mediorientali sono dette “religioni del Libro”, mentre la Parola è, insieme alla Luce, figura dell’atto creativo e della manifestazione divina. Anche la res cogitans opera attraverso le parole ed è convinta che esse siano uno specchio perfetto del mondo, cosa della quale sarebbe opportuno iniziare a discutere criticamente. La teoria complessa della conoscenza cui accennavo poco fa considera questa come una miscela dinamica di saperi corporei, immaginali, emotivi e razionali, molti dei quali operano sotto la soglia della consapevolezza e sono letteralmente indicibili: pensi all’ebbrezza dell’innamoramento o al gesto magistrale dell’artigiano. Quanta della loro qualità è restituibile in parole? Quanto costa la pretesa di ridurli “semplicemente” alle parole? Come vede, nella presentazione immaginale del libro, torna, come una variazione sul tema, quanto abbiamo detto prima sui motivi del suo continuato successo: quanta della qualità della lettura si perde nella digitalizzazione? Come definire attraverso le parole, che pure sembrano esserne l’unica componente importante, la ricchezza dell’esperienza di un libro?
Quale interpretazione è possibile dare del fenomeno dell’ebook?
In parte la risposta a questa domanda è già contenuta in quelle precedenti, ma la specifica mi permette di tornare sull’importanza dell’approccio inclusivo, quello che ho chiamato et/et. Una delle sue caratteristiche cruciali è la possibilità che offre di far convivere aspetti che siamo tristemente abituati a considerare reciprocamente esclusivi. L’intera questione dell’ebook – e di ogni nuova tecnologia “rivoluzionaria” – ruota attorno a questa perniciosa postura dello spirito: appare impossibile che perfino due versioni della stessa cosa possano convivere senza che una debba necessariamente estinguersi e l’atteggiamento che ne deriva porta a distorsioni ed errori che, con l’aumento delle nostre capacità tecnologiche, diventano sempre più potenzialmente pericolosi. Le faccio un esempio: fino a pochissimi anni fa si immaginava – è proprio il caso di dirlo! – che tra Neanderthal e Sapiens ci fosse una cesura netta, come se la comparsa dell’uno – il Sapiens – non potesse che causare l’immediata scomparsa dell’altro e si riteneva perciò impossibile che noi si avesse mai avuto a che fare con quei bruti primitivi. Poi abbiamo scoperto che una quota del nostro DNA proviene dai nostri remoti cugini e ci siamo resi conto – senza dar troppo risalto alla cosa, però – che i nostri progenitori non avevano le nostre stesse, ferree convinzioni. Allo stesso modo oggi ci accorgiamo che più tecnologie possono coesistere, adattandosi ai diversi fruitori e a una logica contestuale che a volte ne raccomanda una piuttosto che un’altra: quando vado in trekking porto con me il lettore ebook e ne sono felice, ma vi carico certi libri e non altri, che so di dover leggere su carta e con certi rituali che ormai mi accompagnano da anni. Il pensiero contestuale, capace di apprezzare sfumature e variazioni e scevro da dogmi, è ciò verso cui dovremmo tendere in una radicale rivisitazione del nostro modo di comprendere il mondo, come ha affermato prima e meglio di me Edgar Morin. Nella fattispecie è ciò che ci permette una valutazione realistica del fenomeno ebook.
Quali nuovi scenari funzionali per il medium libro attestano i dati Istat e Aie?
Come le dicevo, in Italia non si brilla per pratica di lettura. È una pratica poco aderente allo spirito del tempo: richiede una certa disciplina, competenze, tempo dedicato in cui non si può fare altro, attenzione e curiosità. Per il mito della performatività multitasking che narra l’attualità è un immane spreco di tempo e opportunità. Eppure, di nuovo, i dati più recenti parlano di una lieve, ma significativa inversione di tendenza, forse anche dovuta alla pandemia che ha costretto molte persone a una brutale modifica dei ritmi di vita e delle abitudini. Riprendendo l’ottica inclusiva, le nuove opportunità digitali hanno sicuramente facilitato l’accesso alla lettura da parte di molti e il diffondersi del transmediale – recente integrazione sinergica tra piattaforme mediali che porta dal libro al serial al film e viceversa, per di più con un significativo contributo creativo degli utenti finali – ha spinto tanti a risalire la corrente avventurandosi per la prima volta in terreni sconosciuti, ma già apprezzati, penso ad esempio a Harry Potter e al Signore degli Anelli. Va inoltre sottolineata l’importanza di altre forme di lettura, come ad esempio gli audiobook, che recuperano la dimensione della narrazione orale e sono eccellenti grimaldelli per scardinare luoghi comuni miopi e consolidati. Credo che sia ora di serie iniziative culturali a supporto di questo ritrovato interesse, nello spirito che informa la legge 15/20 sulla promozione della lettura, e che anche altri attori qualificati prestino risorse ed energie a restituire dignità a un’attività tra le più belle e appaganti a nostra disposizione.
Come si è evoluto, dal punto di vista sociologico, il medium libro attraverso i secoli?
Come direbbe il prof. Lombardinilo, citando Marshall McLuhan, non abbiamo ancora fatto i conti con le conseguenze dell’invenzione della stampa sui nostri modi di fare e sui nostri processi mentali e cognitivi. Una delle ricadute più problematiche della hybris tecnologica e del racconto che ne facciamo da secoli è proprio l’assenza di una seria presa di consapevolezza delle modifiche che certe rivoluzioni tecnologiche impongono non soltanto al nostro agire, ma anche e soprattutto al nostro pensare, che non è un’attività automatica, ma un processo di immensa complessità fortemente influenzato dagli strumenti di cui si avvale. Purtroppo un’altra delle grandi dicotomie fondative del nostro modo di essere, la separazione tra soggetto e oggetto, trasmette la falsa sensazione di poter usare qualunque cosa restando imperturbati e immutati – il discorso si spingerebbe fino al poter usare chiunque senza conseguenze, ma ci porterebbe troppo lontano e lo lascio quindi come suggestione. Ne Il piacere della lettura, Roland Barthes si soffermava sul rapporto tra piacere e godimento nella pratica della lettura. Il tentativo del semiologo di ripercorrere le fasi salienti della scrittura (dagli antichi Fenici ai rotocalchi, passando per il Medioevo latino e gli ideogrammi cinesi) può fornire allo studioso dei processi culturali l’occasione di approfondire la dialettica tra cultura, linguaggio e rappresentazione sociale nell’era della globalizzazione dei saperi. Si tratta di un tema di stretta attualità al tempo delle relazioni digitali e delle narrazioni individualizzate del nostro tempo. Messaggi compulsivi, volatili, liquidi, per l’appunto. Tale fenomeno sembra per il momento risparmiare la pratica della lettura, considerato che le recenti indagini dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e dell’Associazione italiana degli editori (AIE), unitamente ai Rapporti del Centro per il libro e la lettura (CEPELL), attestano non solo una buona tenuta dei libri, ma anche l’inaspettata contrazione dei consumi degli ebook, comunque in ripresa dopo il doppio lockdown. Verrebbe dunque da chiedersi: siamo in presenza della rivincita dell’homo gutenberghiano, capace di resistere alle innovazioni comunicative del mainstream? Può darsi, anche se non va tuttavia trascurata la pratica (ormai radicata) dello scambio di messaggi in modalità digitale, agevolato da app e social network, che hanno radicalmente mutato il nostro approccio al testo e al linguaggio. L’occasionalità delle nostre interazioni testuali fa da contrappunto al proliferare delle narrazioni storiche in libreria e al successo delle serie tv, che attestano la necessità di consumi narrativi organici da parte degli utenti, sospesi tra frammentarietà simbolica e coerenza rappresentativa. Come ci ha insegnato McLuhan, la prospettiva euristica di un immaginario della parola fa leva sullo studio di vecchi e nuovi supporti, dai papiri egizi alle tavolette romane, dal manoscritto miniato ai primi volumi a stampa, fino alla diffusione della stampa quotidiana e del tablet. Tutto questo ha a che fare con la lettura, nella misura in cui il discrimine tra piacere e godimento di cui parla Barthes può configurarsi oggi come campo di ricerca, ancora tutto da scandagliare. D’altro canto, il passaggio dal poema in ottave alla graphic novel schiude icasticamente i nuovi orizzonti semiotici ed espressivi che la post-modernità ha generato anche nel campo delle grandi narrazioni, soltanto apparentemente tramontate.
Quale futuro, a Suo avviso, per il libro e la lettura?
Come ho avuto modo di sottolineare, il libro è molto più di un oggetto, ammantato di un potenziale simbolico ed estetico mai venuto meno nell’arco dei secoli, nonostante la diffusione dei media mainstream, l’avvento del digitale, l’affermazione della telefonia smart, l’ascesa di nuove forme di giornalismo. Alla luce della crescente duttilità dei supporti materiali (dalle tavolette di cera alla carta, passando per il papiro e la pergamena), la scrittura si è adattata alle tecniche di condivisione e/o conservazione del potere, come rilevato da Harold Innis in Impero e comunicazioni. La dicotomia tra media pesanti e media leggeri agevola la comprensione del rapporto tra comunicazione e controllo sociale e della dialettica tra cifra locale e globale della cultura, in un’era caratterizzata dalla portabilità dell’esperienza sociale. Il digitale ha rivoluzionato non solo tempi e luoghi delle pratiche interazionali, ma anche le modalità di ascolto e di lettura degli attori, alle prese con linguaggi che si adattano rapidamente alle necessità rappresentative in rete. Viene pertanto da chiedersi non solo quanto si legge al tempo della riproducibilità digitale di contenuti, testi, immagini, ma anche quale posto rivestano il libro cartaceo e l’ebook in un’era scandita dalle relazioni connesse. Le azioni previste dalla legge 15/20 sul libro potrebbero rappresentare un ulteriore sostegno a un’industria, quella del libro, fortemente provata dai provvedimenti anti-contagio. La lettura rimane un’attività fondamentale dal punto di vista formativo e intellettuale, ma anche sul piano sociale ed economico, in un momento storico in cui il bisogno di memoria ed evasione produce nuove modalità narrative ed espressive. Di qui la prospettiva di ricerca di questo volume, che sviluppa un’analisi sociologica e immaginale del medium libro, con l’obiettivo di sondare il “corteo semiologico” alimentato dalla complessità retorica e metaforica della scrittura.
Fabio D’Andrea insegna Sociologia Generale all’Università degli Studi di Perugia. Ha un’esperienza professionale e accademica pluriennale, che comprende l’alta formazione e l’insegnamento di discipline tradizionali e di specializzazioni più recenti, come Sociologia dello Sport, del Corpo e dell’Immaginario. È tra i fondatori della Sezione Immaginario dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS), della quale è membro del Direttivo nazionale, ed e membro del Board del TG04 Risk & Uncertainty dell’International Sociological Association (ISA). È inoltre Coordinatore del CdS in Scienze per l’investigazione e la sicurezza e Senior Researcher presso il Centro di Ricerca sulla Sicurezza Umana (CRISU) del Dipartimento FISSUF dell’Università di Perugia. Tra i suoi volumi più recenti: Un mondo a spirale. Riflessioni a partire da Michel Maffesoli (Liguori, 2014); con V. Baldi, Codice e luoghi. Abitare le relazioni nel reale-digitale (Meltemi, 2019); con M.C. Federici, L’ultimo Simmel. Esiti e aperture di un percorso intellettuale (Meltemi, 2020).
Andrea Lombardinilo è professore associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara, dove è delegato del Rettore per la comunicazione e componente del Nucleo di Valutazione. Insegna Sociologia della comunicazione culturale, Sociologia e comunicazione, Comunicazione e sicurezza pubblica. Svolge attività di ricerca nel campo della sociologia dello spazio accademico e della sociologia della letteratura, con particolare interesse per le declinazioni mediali e simboliche della modernità. La sua ultima monografia è Lo sguardo della folla. Sighele, d’Annunzio e il linguaggio della modernità (Mimesis, 2020).