
È il 2 ottobre 1872 e al Reform Club, esclusivo circolo londinese, i soci giocano a carte e discutono delle ultime notizie riportate dal “Morning Chronicle”: vi si parla della nuova Grande Ferrovia Peninsulare Indiana, grazie alla quale, secondo i calcoli del quotidiano, sarebbe possibile fare il giro del mondo in soli ottanta giorni. È forse rimpicciolita la terra?, si domandano i soci sbigottiti.
Ma tra i soci vi è un ricco e metodico gentleman che non si stupisce affatto: è Phileas Fogg, ed è convinto che un viaggio del genere sia fattibile, anche tenendo conto del cattivo tempo, dei venti contrari, dei naufragi e dei deragliamenti. Gli amici non credono possa riuscire nell’impresa, poiché sono innumerevoli gli imprevisti possibili, e può ad esempio accadere che “gli Indii, o Indiani che dir si voglia, portino via le rotaie, fermino i treni, saccheggino i vagoni e pelino il cranio ai viaggiatori”. Ma Fogg insiste e gli amici lo sfidano con una scommessa: ciascuno di loro punterà 4000 sterline, per un totale di 20.000, sulla riuscita dell’impresa. Si tratta di partire da Londra quello stesso giorno alle 20:45 e ritornarvi alla medesima ora ottanta giorni dopo, il 21 dicembre.
Ha così inizio il rocambolesco viaggio di Fogg, che nell’impresa si fa accompagnare dal suo nuovo servitore, il francese Passepartout, un uomo semplice, che avrebbe l’unico desiderio di vivere in tranquillo riposo e che stenta a credere di trovarsi invece “trascinato dalla fatalità a compiere davvero il giro del mondo in ottanta giorni”.
Fogg, da uomo scrupoloso qual è, affronta l’impresa con precisa organizzazione: “riportò diligentemente questi dati sopra un «foglio d’itinerario» tracciato a colonne, su cui venivano messi in evidenza, dal 2 ottobre fino al 21 dicembre, il mese, il giorno, l’orario regolamentare e l’orario effettivo di arrivo in ciascuna delle tappe principali: Parigi, Brindisi, Suez, Bombay, Calcutta, Singapore, Hong Kong, Yokohama, San Francisco, New York, Liverpool, Londra; sistema che permetteva di rilevare e calcolare a colpo d’occhio il tempo di vantaggio o il ritardo realizzati in ogni singola parte del percorso.”
Ma fin da subito iniziano contrattempi e disavventure di ogni tipo. Fogg viene scambiato per uno dei ladri che pochi giorni prima avevano compiuto una grossa rapina alla Banca d’Inghilterra: una volta arrivati a Suez il detective di Scotland Yard Fix, un ometto magro dagli occhi vivaci e dall’aspetto “abbastanza intelligente” si mette alle calcagna dell’inglese, cercando di ottenere informazioni su di lui e sul tipo di viaggio che sta conducendo, e decidendo di seguirlo fino a Bombay dove spera di poterlo finalmente catturare.
Anche in India i guai non sono finiti. Fogg non è un turista. Non gli interessano affatto i luoghi che deve attraversare, e non soltanto perché il tempo a disposizione è poco, ma anche perché appartiene a “quella aristocratica categoria d’Inglesi che fanno visitare dal proprio servo i paesi dove viaggiano.” Dunque, mentre il padrone siede comodo in un ristorante a gustare quello che gli viene venduto come “un coniglio della giungla”, il servo Passepartout visita Bombay, scatenando una rissa con un bramino per essere entrato in un tempio senza essersi tolto le scarpe, e tornando in stazione scalzo, scomposto e senza cappello. Ma il problema più grave emerge quando diviene evidente che, contrariamente a quanto riportato dai giornali inglesi, la Grande Ferrovia Peninsulare Indiana non è affatto completata e dunque non è possibile attraversare l’India se non impiegando mezzi alternativi. I due proseguono quindi a dorso di un elefante, che “era stato messo da poco al regime di zucchero e burro” e per il quale Fogg è costretto a sborsare la consistente cifra di 2000 sterline. Lungo il viaggio che li porta a Calcutta, salvano una ragazza, Auda, che stava per essere bruciata su una pira nel corso di un funerale rituale; dopo di che, con un battello a vapore, proseguono dunque verso Hong Kong, sempre pedinati dal detective Fix. Questi, cercando in tutti i modi di fermare l’inglese, segue Passepartout in una fumeria d’oppio, lo fa ubriacare, gli svela di essere un poliziotto incaricato di arrestare Fogg e lo invita, dietro pagamento di un compenso, ad aiutarlo nell’impresa. Ma Passepartout rifiuta categoricamente: “Tradirlo?… mai, no, per tutto l’oro del mondo! Io, signor Fix, sono di un villaggio dove non si mangia codesto pane!”
Il viaggio prosegue alla volta del Giappone, e da qui, a bordo di nave, Fogg, Passepartout e Auda cui attraversano l’Oceano Pacifico fino a San Francisco. La città stupisce i tre viaggiatori con la sua aria moderna, ricca di commerci ed edifici eleganti. “Dov’erano gli indiani dai trofei di penne? E dove gli avventurieri cercatori di pepite, con i larghi “sombreros” e con il cinturone guarnito di coltelli e di revolver?”. Ma il viaggio non è ancora finito, e “gli indiani da trofei di penne” li incontreranno davvero. Poco dopo, infatti, il treno sul quale stanno viaggiando per raggiungere New York, dopo aver attraversato pianure con mandrie di bufali e città mormone, viene assaltato dai Sioux, urlanti e armati di fucili. Gli indiani rapiscono Passepartout, ma Fogg coraggiosamente parte con una spedizione di uomini a recuperarlo. “Bisogna confessare che costo un po’ caruccio al mio padrone!” pensa Passepartout, commosso e riconoscente, quando riesce a ritornare sano e salvo.
Giunto finalmente a New York, Fogg si accorge però che il bastimento su cui si sarebbero dovuti imbarcare per raggiungere Liverpool è già partito. Ancora una volta, i tre devono far fronte agli imprevisti: trovano un battello diretto a Bordeaux e, per convincere il capitano a deviare la propria rotta per portarli a Liverpool, Fogg gli offre ben 8000 dollari, cifra che strappa a Passepartout “uno di quegli «oh» che si distendono su tutta la scala dei vocalizzi ascendenti e discendenti”.
Quando finalmente riescono a raggiungere la costa inglese, sembra che la scommessa sia ormai vinta. Ma proprio allora il detective Fix che, essendo nuovamente sul suolo britannico ha riacquistato il potere di arrestare Fogg, esibisce un mandato di arresto e incarcera il ricco inglese. Per fortuna il vero ladro era stato individuato pochi giorni prima e, chiarita la situazione, Fogg si precipita a Londra e quindi al Reform Club dove tutti sono riuniti in attesa che scocchi l’ultimo secondo dell’ultimo minuto del tempo stabilito. “E il pendolo non aveva ancora battuto il sessantesimo secondo che Phileas Fogg comparve sulla soglia seguito da una folla delirante la quale aveva forzato l’ingresso del Club: Con voce calma il “gentleman” disse: Eccomi, signori”.
Come tutti i libri di Verne, anche Il giro del mondo in 80 giorni non mancò di influenzare i suoi contemporanei, e dal momento della sua pubblicazione, molti furono coloro che si cimentarono in una simile avventura con l’obiettivo di battere il record di Fogg e Passepartout. La prima fu una donna, la giornalista Nellie Bly (per il suo giro intorno al mondo impiegò 72 giorni, 6 ore, 11 minuti e 14 secondi), la cui impresa fu resa tanto più notevole dal fatto che fu la prima donna a viaggiare in tutto il mondo non accompagnata in ogni momento da un uomo. Vennero poi altri, dal magnate George Francis Train all’americano John Henry Mears.
Ma soprattutto, Il giro del mondo in 80 giorni ha affascinato generazioni di bambini, ragazzi, e anche adulti che non possono fare a meno di sorridere dei pasticci combinati da Passpartout e del britannicissimo understatement di Fogg.
Silvia Maina