
Una notte, infatti, all’improvviso alla polizia arriva una chiamata da una fattoria isolata molto lontana dalla città. Dall’altra parte della cornetta una voce di donna, quella della Signora Anderson, molto spaventata, richiede un intervento urgente. Purtroppo però sulla zona nella quale si trova la fattoria è in atto una violenta tempesta ed è praticamente impossibile riuscire a raggiungerla. La prima pattuglia disponibile riesce ad arrivare alla fattoria solo dopo molte ore quando ormai è tardi: la tragedia si è già consumata. C’è stato un omicidio ma non si trovano i corpi, c’è un colpevole ma non ha un passato né un presente. Un’entità in carne ed ossa che però non ha lasciato alcun tipo di traccia e anche quando viene catturato, nudo e ricoperto di tatuaggi, pronuncia una sola parola: il nome di Mila Vasquez. Davanti agli occhi degli agenti di polizia si presenta un vero e proprio enigma, troppo complesso da risolvere senza l’aiuto di Mila che in un primo momento è titubante, non vuole ricadere negli incubi che aveva cercato di dimenticare. Ma in realtà questa indagine la coinvolge molto da vicino, molto più di quanto lei stessa non riesca a comprendere immediatamente. Indizio dopo indizio, tassello dopo tassello, agli occhi di Mila Vasquez prende forma un disegno criminale che mescola la vita reale con quella virtuale che si nutre di tutti quei particolari di noi stessi che ogni giorno tutti lasciamo inconsapevolmente online, rendendoci vulnerabili e ricattabili. A tessere la trama di questo puzzle, di questo gioco mortale, è sempre lui, il suggeritore, che sfugge impalpabile dalle mani di Mila ogni volta che sta per avvicinarsi. Perché il suggeritore è sempre un passo avanti e la Vasquez dovrà usare tutto il suo intuito per venire a capo della vicenda.
Per Mila non è facile il ritorno in pista. Dopo l’ultimo caso, quello che aveva visto coinvolto un altro suggeritore (come la polizia chiama i serial killer che vogliono essere scoperti e lasciano indizi), aveva rischiato seriamente di morire e solo per un caso fortuito ne era uscita incolume. Questa vicinanza così prossima alla morte, però, l’aveva costretta a riflettere: se le fosse accaduto qualcosa Alice, già provata dalla circostanza di dover crescere senza un padre, sarebbe rimasta da sola. Così aveva deciso di allentare e di lasciare la polizia per dedicarsi a sua figlia, recuperando un rapporto che sembrava ormai perso e iniziando ad apprezzare le piccole cose, come preparare una torta di mele oppure incantarsi davanti allo spettacolo delle foglie che cadono in autunno. La grande disponibilità di tempo improvvisa aveva dato a Mila Vasquez la possibilità di riflettere su alcuni aspetti, come ad esempio la “malattia” che da sempre l’affliggeva: l’alessitimia. Proprio questa patologia, ossia la mancanza totale di empatia nei confronti delle persone, e l’incapacità affettiva erano state la sua arma vincente negli anni di lavoro, nelle numerose indagini nelle quali riuscire a creare un certo distacco emotivo fra sé e le vittime significava indagare con lucidità per cogliere in fallo i colpevoli. Ma a mettere fine a questa anaffettività era arrivata Alice. Proprio per lei Mila aveva deciso di cambiare vita, di chiudere con ciò che fino a quel momento l’aveva fatta sentire viva, per riuscire a sentirsi e diventare finalmente una madre. In questa vita che Mila si è costruita fuori da quello che viene chiamato – e lo è nei fatti – il Limbo, la speciale sezione dedicata alla ricerca delle persone scomparse, l’ex poliziotta si è convinta di poter evitare che il Buio la fagociti di nuovo: «se smetto di cercarlo, Lui non cercherà me». Ma questa fragile convinzione si infrange sul riflesso dei vetri scuri di un’anonima berlina che la raggiunge nella casa sulla sponda del lago. Il suggeritore è tornato, c’è un nuovo caso da risolvere e proprio l’assassino ha chiesto esplicitamente di lei.
Carrisi con questo nuovo romanzo riprende in mano Mila Vasquez esattamente dove l’avevamo lasciata e insieme a lei scendiamo negli inferi della follia che viaggia online e che ruba particolari della nostra vita a nostra insaputa. Tutto fa parte di un disegno complesso nella mente dello scrittore e i particolari imperfetti che l’autore utilizza – ad esempio il termine niacina con il quale denomina la potente droga co-protagonista della storia che in realtà è una banale vitamina – sono semplicemente un modo per nascondere l’angoscia della vita reale, talvolta troppo dura e difficile da affrontare tanto da farci nascondere in un mondo virtuale ai nostri occhi perfetto. Ma sarà davvero così? Solo l’indagine portata avanti da Mila Vasquez saprà rispondere a questa domanda, ma non senza dolore e sofferenza.