
Trama
Mariangela, Lisa, Loredana e Adele sono alcune delle protagoniste dei racconti de Il filo rosso; a unirle lo struggente sentore di essere spettatrici delle proprie vite. Si sentono intrappolate in amori, amicizie e lavori che tendono a relegarle in un ruolo prescelto, rendendole prigioniere. In misura diversa, ciascuna percepisce il bisogno di fuggire, ma non da sé stessa, andando alla ricerca di luoghi sicuri, al riparo da sguardi malevoli e ingerenze altrui. Una volta sole abbandoneranno ogni pudore, dando vita a una fitta ricerca riflessiva sul loro passato, su chi sono diventate e cosa scelgono d’essere. Ogni racconto fa per loro da crisalide, preludendo con sviluppi differenti alla rinascita di ciascuna protagonista.
Recensione
Come si è detto, nella raccolta di Maria Francolino, il “filo rosso” che unisce le vicende di ciascun personaggio è la ricerca della propria identità, il tentativo di scavare in profondità nell’io alla ricerca di risposte e non solo. I racconti mettono in scena le sfaccettature della condizione femminile, le delicate problematiche che sono costrette ad affrontare come l’aborto, le diseguaglianze sul posto di lavoro fino ad arrivare alle violenze e agli istinti predatori di alcuni uomini, da cui la paura di non potersene difendere.
Non a caso, è proprio l’introspezione psicologica uno dei punti di maggiore forza di ciascuna storia, dove l’autrice è capace di calarsi nella realtà delle protagoniste, rendendo credibili ed emotivamente intensi i momenti di soliloquio e riflessione. L’approccio di Francolino è quasi cubista, volto a scandagliare ogni possibile angolazione dell’animo di ciascuna, senza edulcorare situazioni spiacevoli o pensieri negativi. La ricerca è pura rispecchiando l’intenzione delle protagoniste e si distacca nettamente da qualsivoglia tentativo consolatorio, o redentore. Non tutte infatti troveranno la propria strada.
Nonostante la scelta della prima persona, che alle volte si può rivelare rischiosa, Francolino è capace di creare flussi di coscienza che non risultano mai noiosi, anzi risucchiano in un vortice di sensazioni e meditazioni in cui è possibile immedesimarsi. È forse proprio da tali spunti che ogni racconto non resta rinchiuso in un solipsismo, ma riesce a trascinare il lettore in riflessioni inconsuete, ponendogli indirettamente una serie di domande riguardanti la questione dell’identità. Ad esempio, possiamo identificarci nelle nostre corazze? Le schermaglie che ogni giorno usiamo per difenderci, per sentirci capaci di affrontare la vita, fanno davvero parte della nostra persona, o non sono che illusioni create ad hoc per rassicurarci? Malgrado il target chiaro e specifico, va da sé che considerazioni di questa portata non appartengono solo all’universo femminile.
«L’indomani vado a trovarlo nel suo studio a Monticelli, ma sono svagata, con la mente altrove, mentre parliamo della necessità di mettere in vendita la casa. Lui osserva che prima è necessario definire le pratiche testamentarie, mi farà sapere. Lo saluto quasi subito e scendo giù nella vallata, per vedere l’antica Abbazia: ci giro intorno senza entrare.
In una radura dietro la chiesa mi siedo sull’erba appoggiando la schiena a un albero di olivo e mi rendo conto, come se non lo avessi saputo prima che, da quando è finita con Marco, mi sento depressa, schiacciata dalla solitudine e dal non senso.
Mi piacerebbe lasciarmi andare come un manichino, un vecchio straccio, per non fare niente, non dire niente, non aggiungere e non togliere niente.
Tutto esiste prima e dopo, senza di me. Io sono, ma quest’essenza nuda, scarnificata, che non ha scopo e non ha valore, non mi libera. Lontano dall’uomo che ho amato per cinque lunghi anni, perdo i contorni di quello che pensavo di essere, anche se continuo imperterrita a girare nel mondo con aria di sfida. La sicurezza che sfoggio davanti agli altri è solo una maschera che mi rassicura e mi difende, lo so, ma poi, mi chiedo, chi sono realmente? Che risposta potrei dare a questa domanda?
Adesso sono un essere, un corpo accucciato nel cavo di un olivo, in mezzo a un campo verde, pieno di spighe selvatiche e di papaveri rossi che ondeggiano al vento.
Lo avverto vecchio il mio corpo e mi piacerebbe buttarlo come un vestito fuori moda, troppo succinto e corto: una cosa che non si addice a una signora.
Anche i capelli hanno un taglio fuori moda e non resta che imbalsamarli nella lacca.
Non lascio più niente al vento, adesso che so di non poter essere più libera. Non sarò mai una farfalla, ma avrei voluto esserlo veramente? Avrei voluto davvero due ali impalpabili e fragili per avventurarmi nel mondo? Penso che sarebbe stato troppo faticoso e precario. Preferisco le mie corazze di sempre.
Il vento porta il profumo dell’erba e io lo soffoco col fumo della sigaretta.»
Sapiente è tra l’altro l’utilizzo di inserti di stile vario. Per spezzare la monotonia di alcune vicende e tenere il lettore sempre sul filo ha optato in quasi tutti i racconti per una narrazione alternata, servendosi di stralci provenienti da diari di zie defunte, analisi psicologiche o, come la seguente, meditazioni provenienti da figure letterarie come la Penelope dell’Odissea.
«Ascolta… ascoltate… sentite la musica? Sentite il canto, la voce melodiosa, il tono struggente del vate che racconta la storia di una guerra senza fine, combattuta sotto le mura di una città possente e di un uomo che mai fece ritorno alla sua casa…
Noi qui, rinchiuse nelle stanze, intente a tessere e filare, mute e severe come antiche Parche, attendiamo da sempre lo sposo, il marito, il padre mentre il giorno gira lentamente sulle pareti affrescate di bianco e la notte si veste di rimpianto.
[…] Mi acquatto dietro la porta ad ascoltare; nella mia anima si spengono le risa sguaiate degli uomini, si raggela lo sguardo mentre osserva i volti di costoro, principi dicono, arrivati dalla lontana Dulichio, da Same e da Zante per chiedere la mia mano e intanto tracannano vino e accarezzano corpi di donna con mani unte di grasso.»
È in questo modo che l’introspezione viene espressa, evitando il rischio di una narrazione di stampo diaristico, come talvolta accade con la prima persona, e movimentando la narrazione con cambi stilistici. Creando parallelismi di questo genere, il lettore viene portato in luoghi differenti e persino in non-luoghi, come nel caso delle analisi psicologiche, dove similmente a una seduta terapeutica si procede per associazioni di immagini.
Altro aspetto meritevole di una menzione è l’accortezza che l’autrice ha riservato nella scelta dei racconti. Il tono e la carica emotiva variano a seconda della storia trattata, senza però che qualcuno di questi possa suonare come estraneo al resto della raccolta. Né, d’altro canto, vi è una divisione che segue i temi illustrati; l’aborto è trattato in maniera differente in più di un racconto, sia sotto un profilo metaforico che concreto. Insomma, fortunatamente non è presente alcun approccio “sociologico” nella stesura, né nella scelta dei racconti e in tal senso, nell’opera non si rileva alcuna attitudine moraleggiante.
In definitiva, nonostante una leggera tendenza a divagare in qualche momento, la scrittura della Francolino è solida, con una ricercatezza lessicale e di immagini davvero accattivante. L’autrice riesce a padroneggiare la penna in maniera egregia, non temendo di impressionare il lettore con la crudezza di alcune scene, anzi sapendo dove spingere per colpire, ma sempre per i giusti motivi. Nei racconti non si fa mai una banale “pornografia del dolore”, i temi di denuncia vibrano di un’intensità propria, sentita ed espressa senza filtri, con l’adeguata ferocia e durezza che certe questioni comportano.
Fernando Masaquilla
L’Autrice
Maria Francolino, nata a Rossano (CS) nel 1952, ha conseguito la laurea in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Messina e ha svolto la professione di Segretario Generale in vari comuni, vivendo a Bergamo, città in cui attualmente risiede, Bologna, Ferrara, Genova e Sassari. Appassionata di psicologia junghiana, alla fine degli anni ’80 ha frequentato un corso quadriennale di medicina psicosomatica presso l’Istituto Riza Psicosomatica di Milano. Finalista di alcuni concorsi letterari, ha pubblicato con la casa editrice NeP la raccolta di racconti dal titolo Il Filo Rosso.