
Quali elementi caratterizzano e distinguono il modo fantastico nel “mondo latino”?
L’elemento spettacolare, connesso a una concezione melodrammatica, e il considerare il soprannaturale dal punto di vista del sacro, ossia come un’occasione di dannazione o di salvezza. Si ricordi che inizialmente i “Promessi sposi” dovevano essere nelle intenzioni di Manzoni un romanzo gotico. Il fantastico del rimorso è presente altresì nel tema di Don Giovanni, personaggio in coabitazione tra Italia e Spagna, da Tirso de Molina a Mozart-Da Ponte. Occorre non dimenticare che, generalmente la ricezione in Italia e Spagna sia del romanzo gotico, sia dei racconti di E.T.A. Hoffmann e di E.A. Poe, ha luogo di seconda mano, attraverso traduzioni francesi. Spesso questi autori scelgono l’Italia e la Spagna come scenario di arretratezza congeniale al fantastico, ma questa forma di esotismo è respinta e si cercano nuove soluzioni, almeno fino al concetto sincretico di Duende di García Lorca, interreligioso e interculturale, tra tradizioni gitane e retroterra dionisiaco.
Quali reminiscenze classicistiche è possibile riscontrare nella produzione fantastica?
Le reminiscenze del mito classico sono più evidenti nel Novecento, piuttosto che nel periodo romantico, dove il medievalismo e l’interesse per i generi legati alla tradizione storica dell’oralità genera le esperienze in Portogallo di Herculano, in Spagna di Bécquer, in Italia di Tarchetti e di altri autori scapigliati e veristi. Certamente gli autori più vicino al mito sono quelli legati al Mediterraneo, autori catalani, autori meridionali (ma con eccezioni come la “Quaestio de Centauris” di Primo Levi).
In che modo l’ironia e il grottesco costituiscono elementi specifici della tradizione iberica ed italiana?
Oltre che il mito classico anche il grottesco diviene un fattore di identità estetica, soprattutto attraverso procedimenti che decostruiscono la referenzialità delle narrazioni sul piano paradigmatico (come in Unamuno e in Pirandello) oppure manipolano la lingua attraverso la scrittura, per cui l’effetto fantastico si realizza sul piano sintagmatico (Gómez de la Serna, Gadda). Su questo aspetto incide la doppia personalità della cultura del Sud dell’Europa: superstizione da un lato, incredulità dall’altro. Un sostrato, sostenuto da forme semplici alternative come il gioco di parole, l’enigma, il motto di spirito, presenti nella lingua viva e nei dialetti su cui l’innesto del grottesco come sospensione radicale del giudizio ha naturalmente buon gioco. Nel romanticismo italiano la resistenza al fantastico è molto forte e implica il richiamo a una scuola e a un filone di equilibrio stilistico (vd. Leopardi, denigratore delle storie di fantasmi in un suo celebre pensiero); in Spagna c’è un elemento nazionalistico più accentuato, soprattutto in ragione delle devastazioni causate dalle guerre napoleoniche, delle quali Goya fornisce la può attendibile presa diretta, tra realismo, fantastico e grottesco. Le incisioni di Goya erano accompagnate da didascalie testuali le quali, a prescindere dall’influenza dell’artista sugli scrittori spagnoli, lo collocano direttamente nella letteratura. L’ironia di Cervantes, influente su autori modello come E.T.A. Hoffmann, in Goya sembra distrutta per sempre; ma è in verità destinata a risorgere in Unamuno e, a singhiozzo (Guerra civil permettendo) nei maggiori scrittori spagnoli del Novecento.
In che modo si opera il recupero del mito e della forma semplice della leggenda nel fantastico?
Attraverso la soppressione del tempo cosiddetto “intermedio”, quindi riportando alla contemporaneità e nel quotidiano narrazioni mitiche e leggende medievali. Le “Leyendas” di Bécquer (il maggiore scrittore fantastico prodotto dal mondo latino nel suo complesso) risultano esemplari in tal senso, dal momento che laddove la storia si svolge ancora nel Medioevo, è il narratore stesso a farsi portavoce della sovrapposizione dei tempi storici attraverso la sua posizione nostalgicamente empatica e l’esercizio di un’immaginazione creativa e disinteressata. Ma è lo stesso sforzo che spetta allo storico della letteratura e al critico, andare oltre il proprio punto di vista e riconoscere la varietà delle manifestazioni del linguaggio nelle singole epoche storiche, sacrificando la propria personalità.
Quale forte radicamento regionalistico contraddistingue le tradizioni letterarie da Lei investigate?
Il regionalismo è determinante nella concezione antitetica del fantastico “latino”; in Spagna è assai precoce e approda alla definitiva centralità della Castiglia e delle sue tradizioni in Bécquer e nelle sue leggende, ambientate a Toledo e a Soria. In Catalogna si accompagna alla sua “Renaixença” tra Otto- e Novecento, ma è già oggetto in D’Ors di atteggiamenti parodistici e meta-letterari. Per la Galizia (Cunqueiro) e il Portogallo (Saramago) il regionalismo si associa congiuntamente all’influenza del neorealismo italiano e del realismo magico ibero-americano. In Italia il regionalismo fantastico, assorbito in minima parte dai narratori veristi (Verga e De Marchi, per indicare un meridionale e un settentrionale) e soprattutto da etnografi e raccoglitori di fiabe popolari (Pitrè, per citarne uno solo), risorge in autori come il primo Buzzati, quindi in Bonaviri e in Niffoi, quindi sul tronco di una sorta di “neorealismo fantastico” ma questo è un soggetto che affronterò nel mio prossimo libro. Comunque la sintesi tra neorealismo e fantastico, anche attraverso la parodia, e sulla base di una militanza nella letteratura assolutamente anomala per intensità, è realizzata da Italo Calvino nel complesso di un’opera che non presenta contrassegni identitari precisi, appartenendo alla terza dimensione della letteratura senza aggettivi.