
Come si è manifestato il divismo nel cinema?
I divi del cinema hollywoodiano del passato venivano presentati agli spettatori come soggetti lontani collocati in una condizione particolare a metà strada tra il mondo quotidiano e quello delle divinità. Perciò, come ha sostenuto il sociologo Edgar Morin, erano vissuti dagli spettatori come “esseri ibridi”, allo stesso tempo umani e divini. La fase più importante da questo punto di vista è stato il periodo che va dagli anni Trenta agli anni Sessanta. È la fase del cosiddetto «studio system», che si basava sulla necessità industriale di avere un controllo totale dell’immagine posseduta dai divi. Dopo una fase di crisi, negli anni Ottanta e Novanta sono emersi diversi altri divi di grande fascino, come Brad Pitt, Angelina Jolie, Leonardo DiCaprio, Tom Cruise, Johnny Depp o Julia Roberts. Questi divi rimangono però gli ultimi realmente importanti, perché oggi la capacità di produrre divi del cinema americano si è notevolmente indebolita, soprattutto per effetto della concorrenza esercitata dai nuovi divi della televisione e del web.
In che modo la televisione ha cambiato il divismo?
La televisione ha sostanzialmente rotto quella posizione di monopolio che il cinema aveva rispetto al divismo e ha aperto la possibilità per il modello divistico di estendersi progressivamente all’intera società, entrando in ambiti come la musica, lo sport, la moda, l’arte, la politica, ecc. Ciò è avvenuto perché il divo della televisione vuole a tutti i costi apparire come una persona normale. Il cinema aveva bisogno di sfruttare il fascino delle star per fare uscire le persone dalle loro abitazioni e portarle nelle sale, mentre la televisione sia trova già dentro la casa. Attribuisce perciò l’etichetta di personalità importante a chiunque vi appaia e crea tra i personaggi presentati e gli spettatori un rapporto basato sulla confidenza e sulla fiducia. Tale rapporto è stato solitamente mediato all’interno della televisione dalla figura del presentatore. Questi è un “mediatore”, perché ha una personalità poco invadente e deve cercare di avvicinare il programma che conduce al pubblico e di organizzare in maniera discreta i diversi eventi spettacolari che si susseguono nel programma. Il presentatore continua a essere ancora oggi centrale all’interno del linguaggio televisivo, ma è sempre più indebolito dalla crescente richiesta di partecipazione che proviene dagli spettatori, i quali applicano al piccolo schermo ciò che hanno imparato navigando nel web. I cosiddetti “reality show” hanno ad esempio un notevole successo in tutto il mondo perché mettono sulla scena delle persone comuni e stimolano una massiccia partecipazione degli spettatori con vari strumenti di comunicazione.
In che modo il divismo ha attecchito sul web?
Oggi capita spesso di vedere nel web delle persone sconosciute che riescono a farsi notare e ad occupare quel ruolo prestigioso che veniva ricoperto in passato dai divi. Riescono cioè a valorizzare il più possibile in pubblico se stessi e la propria esistenza. Ciò avviene frequentemente attraverso i diversi social network disponibili, ma avviene anche mediante un potente strumento di comunicazione come la piattaforma digitale YouTube, che è in grado di raggiungere circa un miliardo di spettatori unici al mese. Grazie alle possibilità comunicative offerte dalle nuove tecnologie della comunicazione, le persone s’impegnano nel tentativo di comunicare l’immagine personale che desiderano avere e nel cercare di gestirla attivamente nel corso del tempo. Inoltre, si pongono il problema di avere una propria audience e di saperla curare con successo. Come i divi, hanno pertanto l’obiettivo di raggiungere una propria fama. Che in questo caso è stata spesso denominata “micro-celebrità”, cioè una fama che viene condivisa da un gruppo ristretto di individui attraverso gli strumenti di comunicazione disponibili nel web.
Nel Suo libro, Lei esamina alcuni divi esemplari come Marilyn Monroe, Elvis Presley, Angelina Jolie o Lady Gaga: quali sono le caratteristiche comuni e quali invece le peculiarità di ciascuno?
Ho cercato di analizzare in maniera specifica dieci divi importanti appartenenti a diversi ambiti espressivi perché ritengo che oggi il mondo del divismo sia estremamente frammentario e sia difficile trattarlo in maniera unitaria. Ciascun divo ha delle sue peculiarità. Ho scelto perciò questi dieci divi perché mi sembravano esemplari rispetto a quel particolare ambito espressivo al quale appartengono. Un caso particolarmente interessante tra quelli che ho analizzato è quello di David Bowie, la cui morte mi è sembrata configurarsi come un’efficace operazione di marketing. Non solo dunque tutta la carriera di questo brillante musicista inglese, come fa oggi qualsiasi divo, è stata accuratamente progettata e curata sul piano comunicativo, ma anche la sua fase finale.
Quali interpretazioni è possibile dare del divismo?
Esistono numerosi tentativi di spiegare le ragioni del successo del divismo. Non si può dire che esista una spiegazione più convincente delle altre. Oggi però si tende a concordare sul fatto che il divo si presenta spesso come una specie di “specchio del Sé”. Vale a dire che il divo è un personaggio dotato di un elevato livello di prestigio sociale, ma simile alle persone comuni (stessa età, stessi interessi, stessa provenienza sociale) e nel quale pertanto ci si può identificare e rispecchiare. Il suo successo mostra che la persona comune ha la possibilità di arrivare agli stessi risultati. Spesso il processo d’identificazione viene ottenuto anche presentando divi insicuri e pieni di dubbi, ma proprio per questo maggiormente credibili e in grado di coinvolgere coloro che si sentono vicini a loro. Il divo inoltre può venire considerato dal fan come una specie di protesi della sua mente, come una parte di sé. Si spiega così anche perché possa capitare oggi che il fan cerchi di rassomigliare realmente al divo che ha scelto di seguire, anche ricorrendo alle molteplici possibilità di cambiamento estetico offerte dalla chirurgia plastica.