“Il cuore delle cose. Storia delle idee radicali” di David Tozzo

Dott. David Tozzo, Lei è autore del libro Il cuore delle cose. Storia delle idee radicali edito da LUISS University Press: innanzitutto, quale definizione si può dare di radicalismo?
Il cuore delle cose. Storia delle idee radicali, David TozzoÈ la prima volta, ho potuto verificare nello studio matto e disperatissimo più alla Indiana Jones che alle Giacomo Leopardi (anche se è quest’ultimo a comparire nel libro), che si prova a dare una risposta esauriente, integrale a questa domanda. Una definizione, una linea di demarcazione, un destino intenso in lingua castigliana come ‘direzione’ di cosa sia e che diamine sia venuto a fare il radicalismo a questo nostro mondo, non esisteva nella letteratura accademica e non, a livello mondiale. Nel mare magnum di quel che s’è rivelato più un deserto che altro, ho veleggiato e dragato a fondo (recuperando testi dalla Germania al Brasile, dalla Cina al Sud Africa), ma non ho trovato granché a disaminare il fenomeno come unicum o comunque come tutto. È per questo che con l’editore siamo molto, particolarmente invero orgogliosi di fare in qualche modo e misura da pionieri in tal senso. Per arrivare a rispondere alla domanda bisogna arrivare a leggere questo libro giustappunto prezioso, ma per i vostri, di lettori, possiamo anticipare che il radicalismo è l’antitesi del moderatismo, l’anticristo del centro, l’antagonista del pensiero unico assoggettante e disumanizzante che a più velocità e in differenti modalità, ma sempre ad un’unica direzione centripeta, è andato nell’ultima dozzina di migliaia di anni a livellare le individualità che il radicalismo, estremismo di purezza (intesa come fedeltà a sé stessa) della persona, per centinaia di migliaia di anni, ha rappresentato e radicato. I radicali sono dei loner, dei loser, degli underdog, degli outsider che più che unione fanno unicità, che è la loro forza. Il radicale è il contrario ed è contro il politically correct. La sua arma è la sua persona. Il suo obbiettivo è far sì che l’obbiettivo sia il suo, e non quello dettato o deciso da un Damocle. Nel libro cito un antico proverbio siciliano, “Calati juncu ca passa la china”: ecco, possiamo dire che la piena è il mainstream, il pensiero unico globalmente dilagante, anzi dilagato, e dominante, e i giunchi sono tutti coloro che si sono arresi, che si adeguano, che ci stanno, mentre la piena sembra non passare mai, anzi ingrossarsi e ingrossarsi, e dunque non resistono e chini restano, ormai assoggettati e assuefatti. I radicali, in tutto questo, sono le carpe e i salmoni. In direzione ostinata e contraria alla corrente. I pesci sono tra i protagonisti del libro, sfogliare e sguazzarci per credere.

In quali ambiti si esercita maggiormente il radicalismo?
In tutti gli umani ambiti. La “resistenza radicale”, o in altre parole l’“estremismo essenziale”, pur non organizzato e nemmeno collaborativo, è ovunque. Non è un caso se “Il cuore delle cose – Storia delle idee radicali”, è un saggio antropo-sociopolitico-filosofico che scorrazza e spazia sfacciato e financo sprezzante (del pericolo del pensiero unico, sempre in agguato a ogni pagina, a ogni passo dell’essere umano negli ultimi millenni) da radicalismo rivoluzionario a radicalismo religioso, dal radicalismo di genere al radicalismo razziale a quello culturale, dai san del Botswana alle carpe al campione mondiale lineale dei pesi massimi Tyson Fury, da Alexandria Ocasio-Cortez a Johnny Rotten, da Pasolini a Robespierre, dalle suffragette a Simone, ragazzo di Torre Maura del «Nun me sta bene che no».

Mi permetto sfacciato come i miei compagni di viaggio di far deragliare la domanda: in quali ambiti si dovrebbe, dovrebbe ciascuno di noi esercitare un sano, sacrosanto e individualista – non termine negativo, come potrete leggere – radicalismo? In tutti. Ma proprio tutti. Proprio tutte e tutti noi, ciascuno per sé a alcun dio per nessuno, con tutto il rispetto dei santi. Sì, nel libro ci sono persino loro. È una sorta di arca d Noè estrema, estremista, individualista, radicale. Con in testa un cuore, e non è un caso.

Il radicalismo appare fortemente legato alla religione, ieri come oggi.
Sì, è un’apparenza non proprio ingannevole dettata dagli eventi mondiali dell’ultimo ventennio, mondiali dagli attacchi dell’11 settembre 2001 in avanti, che han prepotentemente, tragicamente posto sul proscenio euroccidentale la quæstio del terrorismo islamico, da Al-Qāʿida a Daesh. I bombardamenti mediatici circa i bombardamenti dei miliziani sull’espressione “radicalismo islamico” han fatto sì che il termine radicalismo assumesse la pienezza della connotazione negativa del radicalismo tutto, di per sé stesso. Parallelamente, la letteratura – accademica e non – ha prodotto innumerevoli testi su terrorismo e radicalismo religioso (ancora, in particolar modo, islamico, il che è una parziale distorsione patita e pagata sventuratamente dall’Islam tutto), unica ‘branca’ del radicalismo, tra le numerose toccate nel mio testo, ad avere pertanto numerosi studi, ma anche in questo caso mai da un punto di vista organico, men che meno onnicomprensivo, del concetto di radice, radicalità, radicalismo in sé. È un po’ un astigmatismo algoritmico, per il quale da un lato non è stata offerta una visione più ampia e chiara sul fenomeno radicale, da un altro l’“algoritmo mediatico” continua a propagare, e in taluni casi a propagandare, il ‘radicalismo’ come fenomeno specificamente terroristico. Ma persino nell’ambito religioso, differenti e differentemente nobili sono le manifestazioni radicali, come ad esempio quelle di Martin Lutero o Papa Francesco. Nel libro, neanche a dirlo, ci sono anche loro.

Idee radicali si sono manifestate persino nell’ambito culturale e scientifico: in che modo?
Oh, nel modo più naturale possibile: produzione culturale e progresso scientifico sono e tendono per loro natura ad innovare, a scagliarsi, figurativamente, contro lo status quo, contro l’improvvisamente passato. La scienza germoglia nel progresso scientifico, la cultura sboccia nell’arricchimento, ampliamento degli orizzonti. Così come l’arte, che vive dei suoi ardire e nei suoi azzardi. Nelle sue lucide o meno follie, nei suoi tentativi, nei suoi fallimenti, nei suoi trionfi. Insomma, se lapalissianamente gli scienziati e ancor più gli intellettuali ‘di regime’ son tutt’altro che radicali, gli artisti, gli intellettuali e gli scienziati veri sono quelli che osano e innovano, radicalmente. Spingendosi agli estremi, oltre le colonne d’Ercole dal già conosciuto o del già immaginato, del già compreso o del già realizzato. Da Ivan Illich a Theodor Adorno, dal probabilmente più grande artista contemporaneo mondiale Ai WeiWei al più prezioso poeta e pazzo radicale italiano degli ultimi cinquant’anni Pasolini, tutti questi hanno in comune, oltreché la compresenza si quest’arca, il fatto che hanno innovato radicalmente, hanno rotto radicalmente con quello che era il contrario di innovazione, che come detto potremmo definire ‘regime’, status quo ante, moderatismo o centro. E sì, sono tutti degli outcast, degli outsider. Poeti e scienziati, apparentemente le due creature più antropologicamente distanti sulla Terra, sono non a caso i due estremi entrambi massimi esponenti di radicalismo.

Quale evoluzione storica ha avuto il concetto di radicalismo?
Questo in qualche modo è un po’ il cuore de il cuore delle cose. Cogliere e tracciare una (multi)linea evolutiva storica del concetto di radicalismo è stata una delle sfide del libro, che credo vinta, o comunque a modo mio vinta. Vediamo come sussista una graduale radicalizzazione-del-radicalismo tra il secolo XVIII, quando il concetto di radicalismo denota paradossalmente il riformismo democratico, e il XIX quando indica la trasformazione socialista. Diverse e diversificate radicalità emergeranno di lì a poi, e in particolare negli ultimi(ssimi!) anni. Più di recente, in effetti, è il mondo a starsi radicalizzando, è radicale la direzione che sta prendendo, per via da un lato dello spappolamento e atomizzazione delle classi sociali storiche, da un altro del ribaltamento e ‘orizzontalizzazione’ della società dell’informazione (un tempo c’era una sola TV in tutto il palazzo, un solo canale, un solo colore grigio variabile, un solo presentatore, un unico pensiero unico. Monolitico. Moderatissimo. Oggi c’è la Rete, e c’è stata anche qualche rivoluzione). Naturalmente, il radicalismo non è positivo a prescindere, ad ogni buon conto e a tutti i costi. Pensiamo per fare un esempio a due fenomeni radicalissimi e disprezzabilissimi di appena tre anni fa: Brexit e Trump. E sì, anche loro (perlomeno il secondo. Almeno credo) hanno un cuore dunque stanno nel cuore.

Il radicalismo caratterizzerà sempre più le idee del futuro?
Sì, radicalismo e futuro come scrivevo or ora sono già qui. Entrambi. Diciamo che il secondo è circondato e sta negoziando la resa al primo, proprio di questi tempi. Per prepararsi al meglio, meglio che leggiate questo libro. Salite a bordo dell’arca, aprite il cuore e credo avrete un’agnizione con voi stessi, perché alla fine siamo tutte e tutti, radicali. Non possiamo che esserlo. È il miglior destino possibile, perché è il nostro. Buon cuore, arca, navigazione & lettura.

David Tozzo è attivista civile, politico e scrittore. È fondatore e Presidente di ACORN Italy, membro della più grande federazione di community organization per i diritti civili e dell’abitare del mondo ACORN International. Dal maggio del 2019 è membro dell’esecutivo nazionale di Articolo Uno. È autore di numerosi volumi, tra i quali Rivoluzioni permanenti (2015), Il Papa laico (2017) e, con Armando Gnisci, Esercizi italiani di anticolonialismo (2016).

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