
Quale diffusione aveva il culto della coppia divina?
Le attestazioni del culto dei Dioscuri in Italia, di cui ci forniscono evidenza le numerose testimonianze (letterarie, epigrafiche, numismatiche, iconografiche e monumentali) note, suggerisce l’esistenza di un panorama cultuale estremamente ricco e di grande complessità, che rivela un’ampia diffusione e una profonda assimilazione del culto nella religione dell’Italia antica fin da epoca molto remota. Esso è presente in misura significativa in Sicilia e Magna Grecia, in Etruria e nel Lazio, ma anche nell’Italia centrale e appenninica. Oltre ai casi meglio noti, come quelli di Taranto o Locri in Magna Grecia o quelli dei principali centri del Lazio, come Lavinium, Tusculum, Ardea, Roma stessa, Castore e Polluce raggiungono, sebbene con significati e sfumature differenti, anche aree più marginali, come il versante alto-adriatico e l’area veneta ed istriana, o dell’entroterra, come il Sannio, rivelando la capillarità del fenomeno e la sua fortuna, frutto degli intensi rapporti tra mondo italico e mondo ellenico, in buona parte senz’altro per tramite delle colonie magnogreche.
Come si è sviluppato il culto dei Dioscuri in Sicilia, Magna Grecia e nell’Italia centrale?
In Sicilia la fioritura del culto dei Dioscuri va vista soprattutto in relazione allo sviluppo delle tirannidi tardo-arcaiche, a partire dalla fine del VI e dagli inizi del V sec. a.C., a Siracusa in particolare, dove la predilezione per i Dioscuri da parte dei sovrani regnanti viene giustificata dallo stretto legame tra attività equestre e investitura al potere. Il culto, messo in relazione anche alle vittorie dei tiranni stessi a gare equestri in santuari panellenici, opportunamente esaltate dalla poesia di Pindaro, diventa in tal modo efficace strumento di propaganda politica e affermazione al potere. L’elemento dominante è dunque quello della areté, equestre e militare, come anche nella madrepatria. Nelle città di Magna Grecia che restituiscono le più importanti testimonianze del culto, esso appare infatti connesso primariamente all’attività militare e all’aspetto guerriero. A Taranto, unica colonia spartana d’Italia, esso fiorisce con i celebri pinakes votivi rinvenuti nei vari depositi cittadini, in significativa coincidenza cronologica con momenti critici per la città dal punto di vista politico-militare. A Locri la presenza dei Dioscuri è direttamente connessa alla tradizione letteraria sulla celebre battaglia della Sagra, nella quale fu il loro intervento in soccorso all’esercito locrese soccombente a determinarne l’eclatante vittoria. Lo stesso forte legame con la sfera militare risulta preponderante anche a Roma e in tutta l’Italia centrale, in relazione all’espansionismo romano nel Lazio prima e nel resto d’Italia poi, dove la diffusone del culto, in particolare nelle aree appenniniche, appare connessa anche al processo di conquista del Mediterraneo attuato da Roma e nello specifico all’appoggio determinante delle aristocrazie locali, strette a Roma da rapporti fondati sui quei valori di fides e hospitium di cui proprio i Dioscuri erano garanti.
Quale importanza assumevano Castore e Polluce nella vita religiosa romana?
Castore e Polluce occupavano certamente una posizione di centralità nella vita religiosa romana, specialmente in relazione alla sfera marziale. Con le importanti innovazioni introdotte nella tattica militare a partire dal VII sec. a.C., che consistono nella riorganizzazione dell’esercito in falange oplitica e nella conseguente demarcazione delle classi di età, con i seniores costituiti in fanteria e gli iuniores in cavalleria, i Dioscuri assumono il ruolo di custodi di quest’ultima e di simbolo della classe di età giovanile degli equites, i giovani patrizi, le cui prove iniziatiche, erano costituite da complesse evoluzioni a cavallo di evidente significato militare. Queste non a caso si svolgevano in coincidenza dei funerali del pater gentis, con un chiaro legame con il tema della successione e della continuità al potere, destinato a grande fortuna nel lunghissimo periodo, tanto che tale aspetto del culto verrà riesumato e rivitalizzato nel seno della stessa famiglia imperiale nella ideologia della continuitas imperii e con la nomina a principes iuventutis degli eredi imperiali.
Quali sono le maggiori testimonianze relative al culto dei Divini Gemelli?
Certamente le attestazioni romane del culto, con il tempio forense e i gruppi scultorei dell’area del fons Iuturnae, i gruppi statuari dei Dioscuri Capitolini, appartenenti in origine al tempio di Castore e Polluce in circo Flaminio, e dei Dioscuri del Viminale, sono tra le testimonianze monumentali più note e spettacolari. Importanti attestazioni del culto sono presenti però anche in tutte le città della Lega latina, dove si manifesta in forme non sempre monumentali, seppur definendo i Dioscuri come divinità essenziali nel pantheon locale, dotate talvolta di una forte coloritura politica e poliadica. Anche laddove non sono emersi resti di natura monumentale, come a Taranto, ma apprestamenti di culto di natura mobile ed estemporanea, l’alta concentrazione delle testimonianze votive e devozionali ci mostra con chiarezza la posizione di assoluta centralità che i Dioscuri occupavano nella religiosità locale. Nel novero delle testimonianze di una certa rilevanza vanno ricordate almeno le statue dei Dioscuri che decoravano i tetti dei templi locresi di Zeus Olimpio e Afrodite, il tempio napoletano e quello umbro di Assisi, ma anche esempi meno noti, come quello dei Dioscuri veneti di Este, sovrapposti alla coppia divina gemellare locale degli Alkomno.
Quale legame intrattenevano con la sfera funeraria?
L’aspetto funerario del culto è caratteristico prevalentemente dell’area etrusca, dove l’attestazione più significativa, in realtà l’unica vera e propria attestazione di culto in senso stretto, è la celebre coppa a figure rosse di Oltos della fine del VI sec. a.C., con dedica etrusca ai ‘figli di Zeus’, rinvenuta in una tomba della necropoli tarquiniese dei Monterozzi. L’allusione al culto dei divini gemelli è, tuttavia, motivo costante nei contesti funerari di area etrusca, già a partire dalla prima metà del VII sec. a.C., quando, in oggetti di destinazione funeraria, appaiono coppie di cavalieri interpretabili come i Dioscuri con funzione di psicopompi o simboli propri anche nella madrepatria greca dell’aspetto funerario del culto, come i dokana, le anfore o il serpente. Alla esplicita adozione dei simboli propri del culto dei Dioscuri, si affianca, con una certa insistenza, la presenza, riscontrabile in numerose pitture tombali di area etrusca, dei temi atletico ed equestre, che suggerisce un ricorso ai divini gemelli, oltre che nel ruolo specifico di accompagnatori del defunto, anche come rappresentativi delle virtù tipicamente aristocratiche di atletismo e abilità militare. Testimonianza straordinaria dei significati profondi del culto è senza dubbio la Tomba del Letto Funebre di Tarquinia, con la raffigurazione, sulla parete di fondo, di un banchetto funebre al centro del quale è un enorme letto riccamente addobbato e al di sopra del quale si distinguono due coppie di cuscini sormontati da due copricapi in forma conica. Tale iconografia, che rappresenta un unicum nel panorama figurativo della pittura tombale etrusca, allude a un lectisternium in onore dei Dioscuri, un rituale di chiaro significato funerario corrispondente alla greca theoxenía, volto ad omaggiare una coppia di defunti, qui percepiti come i divini gemelli e ad essi assimilati. È proprio nel rituale teossenico, originato probabilmente dai pasti offerti ai defunti, che risiede il significato del ruolo originario del culto nel suo carattere ctonio ed eroico, e cioè il configurarsi dei Dioscuri come antenati divinizzati, aspetto questo di primaria importanza nelle aree greche di provenienza e accolto con enorme favore dalle élites etrusche (e latine) del tardo arcaismo, per rispondere alla questione spirituale della morte da un lato e a quella squisitamente politica della continuità dinastica dall’altro.
Quali tradizioni legano le vittorie militari alla presenza dei Dioscuri sul campo di battaglia e ai rituali iniziatici dei giovani?
Dal tema spartano dei Dioscuri come accompagnatori dei re in battaglia e dall’usanza rituale di invocare la loro presenza accanto alle truppe attraverso specifiche offerte e canti di guerra, deriva il motivo, tipicamente peloponnesiaco, dell’epifania dei divini gemelli in caso di pericolo e del ruolo di symmachoi da essi ricoperto in scontri importanti. In Italia le tradizioni che legano i Dioscuri a vittorie militari importanti sono due: quella locrese sulla battaglia della Sagra e quella romana sulla battaglia del Lago Regillo. Gli stretti rapporti certamente esistenti tra Sparta e Locri fin da età arcaica determinarono la strutturazione del culto locrese dei Dioscuri sul modello noto in Laconia, in particolare in relazione alla celebre battaglia, avvenuta tra Locri e Crotone negli anni intorno al 570-560 a.C., la cui narrazione accolse il tema spartano della apparizione miracolosa, che ricorda analoghi prodigi registrati dalle fonti durante battaglie significative come quelle di Maratona e Salamina. In ambito laziale una forte eco delle tradizioni di matrice peloponnesiaca sull’epifania dei divini gemelli in guerra è costituita dalle leggende relative alla battaglia del Lago Regillo (499 o 496 a.C.), chiaramente derivate da quelle locresi e legate anche alle tradizioni sull’epifania dei Dioscuri al fons Iuturnae, nella funzione di annunciatori di vittoria, che forniscono fondamento eziologico alla erezione del tempio nell’area del Foro nel 484 a.C.. La tradizione sulla battaglia del Lago Regillo sancisce e giustifica l’ingresso del culto dei divini gemelli a Roma, conferendo di fatto ufficialità ad un culto penetrato e assorbito nelle città della Lega latina anche prima, come forse in Roma stessa, come ci suggerisce la posizione intrapomeriale del tempio e che trova la sua ragione ultima nel processo di assorbimento nell’orbita romana delle stesse città della Lega da un lato e nel grande incremento della cavalleria composta dalle classi di età giovanili dall’altro. Di quei giovani futuri membri della società i Dioscuri diventano punto di riferimento ideologico, garantendone l’accertamento, attuato in occasione della grande panégyris dei giovani documentata a Lavinio, ma anche ad Ardea e Tusculum, dei requisiti necessari per l’ingresso nell’età adulta, nel corpo civico e nell’esercito.
Che rapporto intrattenevano i Dioscuri con le acque?
Già negli Inni omerici i Dioscuri sono ricordati come coloro che proteggono gli uomini ‘sia sulla terra che sulle navi veloci’, testimoniando l’esistenza fin da epoca molto antica di uno stretto legame con la sfera della navigazione, dove essi, protettori di marinai e naviganti e soccorritori in caso di tempesta, sono anche guida per la navigazione notturna in virtù della trasformazione in stelle. La presenza di un culto dei Dioscuri è attestata in varie località del Mediterraneo antico proprio in corrispondenza di punti nodali per la navigazione o in punti di passaggio dal mare alla terraferma e viceversa, come le foci dei fiumi: essi dunque esercitavano il controllo della navigazione marittima come dello sfruttamento di altre vie d’acqua, quelle lagunari e fluviali, e dunque della navigazione locale, soprattutto al passaggio in punti di difficile attraversamento. Alla tutela della navigazione e al tema del soccorso delle navi in caso di tempesta, si legano direttamente i temi della sosta e dell’accoglienza, tradotti nell’ospitalità concessa ai naviganti in terra straniera, nella relativa disponibilità all’uso delle acque dolci per l’approvvigionamento delle navi e dunque nella tutela delle sorgenti. In particolare quello dell’accoglienza è un aspetto del culto estremamente importante, che configura i figli di Zeus come divinità dell’hospitium e della reciprocità, un aspetto che permea in profondità la loro natura di dèi benevoli e salvifici anche in altre loro specifiche sfere di competenza. L’antichissimo legame con la navigazione troverà continuità nella sovrapposizione, attuata entro gli ambienti colti dei regni ellenistici, con figure di significato affine, come i Cabiri di Samotracia, sulla base del ruolo comune di garanti di quella philoxenía che era aspetto centrale del loro culto fin dalle origini nel mondo ellenico, accolta e rielaborata come componente essenziale dei rapporti tra popoli nell’enorme compagine dell’Impero.
Come origina il nesso con la sfera della sanatio e con le divinità precipue, come Esculapio?
L’antico legame con le sorgenti, connesso ai temi della sosta e dell’ospitalità, della vittoria e del suo annuncio, ad un certo punto diverrà proprio anche della sfera delle guarigioni, in risposta alle esigenze devozionali del ceto popolare, come dimostra anche il fatto che, a partire dalla prima era cristiana, si assisterà al fenomeno di sovrapposizione ai divini gemelli dei santi, gemelli e guaritori, Cosma e Damiano. Lo stretto rapporto dei Dioscuri da una parte con le Ninfe e dunque con le sorgenti salutari, dall’altra con Esculapio, nello specifico nelle pratiche della sosta e del sonno, trova giustificazione nella condivisione di competenze mediche e benefiche, ma anche, più in generale, nella tutela delle categorie marginali e nei relativi processi di immissione in società. I Dioscuri, come Esculapio, sono infatti gli dèi dell’integrazione: essi presiedono perciò non solo alla guarigione dei malati, all’accoglienza dei naviganti in terra straniera e all’integrazione civica degli iniziandi, ma anche alle pratiche di asylía e all’emancipazione degli schiavi.
Elisa Marroni, laureata in Archeologia Classica, Dottore di Ricerca in Archeologia Greca e Romana, Borsista dell’Accademia Nazionale dei Lincei, ha partecipato ai progetti “Santuari virgiliani nel Lazio antico” e “Santuari antichi di area etrusco-laziale: interferenze religiose e culturali”, coordinati dal Premio Balzan 2014 Prof. Mario Torelli. Autrice di articoli e monografie (I culti dell’Esquilino; L’Obolo di Persefone. Immaginario e ritualità dei pinakes di Locri (con M. Torelli); Vasi attici a figure rosse da Tarquinia), si occupa principalmente di archeologia del sacro.