“Il cristianesimo, Gesù e la modernità. Una relazione complessa” di Mauro Pesce

Prof. Mauro Pesce, Lei è autore del libro Il cristianesimo, Gesù e la modernità. Una relazione complessa edito da Carocci: in che rapporto sono tra loro la figura storica di Gesù, la nascita del cristianesimo e la modernità?
Il cristianesimo, Gesù e la modernità. Una relazione complessa, Mauro PesceLa modernità – se prendiamo grosso modo il periodo dall’inizio del Quattrocento fino alla Rivoluzione Francese – ha operato una critica radicale del cristianesimo tardo-antico e medievale. Sarebbe, però, un errore pensare che la modernità volesse negare totalmente Gesù e il cristianesimo. Certo, esistono anche negazioni anti-religiose radicali, come nell’anonimo Trattato dei tre impostori o in alcuni scritti di D’Holbach (e ne accenno nell’ultimo capitolo del libro), ma nella grande maggioranza dei casi si tratta di una revisione del cristianesimo alla ricerca della forma originaria di questa religione.

Una delle tesi principali di questo libro è che oggi possiamo riscoprire chi sia stato realmente Gesù solo grazie alla critica moderna. Con la nascita dello Stato moderno o della moderna scienza della politica è iniziata una critica sostanziale all’esercizio del potere politico da parte delle chiese e si è cercato di dimostrare che all’inizio sia Gesù sia la chiesa primitiva non avevano funzioni politiche. Con la nascita della scienza moderna sono state sottoposte a critica tutte le antiche concezioni prescientifiche circa l’astronomia, la storia della terra, la fisiologia umana. Ed è allora che nasce la teoria secondo la quale la Bibbia ha sì un valore, ma solo di carattere etico e religioso, non scientifico o storico.

Il libro cerca di analizzare questo grande problema dividendolo per capitoli esaminando casi concreti, personaggi e opere concrete, mettendo in luce le diverse opzioni che in età moderna sono nate su Gesù e il cristianesimo.

Come si è formato il sistema simbolico cristiano?
Ogni cultura è un insieme complesso di strutture e di simboli che guidano la vita individuale e associata. Tutte le attività umane si svolgono in spazi e secondo ritmi che sono regolati dalle concezioni e dalle istituzioni di una particolare cultura. Il cristianesimo si insediò nelle città e nelle campagne antiche cercando di cristianizzare gradatamente ogni aspetto della vita. Poco alla volta dal cielo scomparvero gli dei antichi e lo spazio celeste fu occupato dal Dio Cristiano, dal Cristo pantocrator, dallo Spirito santo, e dagli angeli e demoni della teologia cristiana. Il tempo venne regolato secondo il ritmo settimanale con al centro la domenica, giorno della risurrezione di Gesù. Il tempo annuale venne scandito dall’anno liturgico. I simboli principali della città divennero le chiese, i santuari, i campanili. La base per l’immaginario collettivo fu tratta dalla Bibbia. Per operare la sostituzione del sistema simbolico antico, i cristiani si servirono anche di mezzi politici violenti: la distruzione di santuari e templi oppure la loro trasformazione in santuari cristiani e in chiese. Vennero chiusi i teatri nei quali si trasmetteva la mitologia tradizionale e la visione della vita dei grandi tragici e commediografi antichi. Vennero chiuse le scuole filosofiche greche e le scuole teologiche degli ebrei. Al posto dell’Iliade e dell’Eneide stava ora la Bibbia cristianizzata e disebraizzata.

Ma quando nacque la scienza moderna, crollò poco alla volta la cosmologia che si era formata in età antica e che il cristianesimo aveva cristianizzato. Quando nacque la filologia e il metodo storico e le moderne scienze dell’uomo (storia delle religioni, antropologia culturale e sociologia) i cieli e la natura non potevano più essere utilizzati come simboli della religione cristiana, Quando nacque una diversa organizzazione del vivere civile, i simboli della città e i ritmi del tempo mutavano. Da qui si origina quell’incessante dialettica tra modernità e cristianesimo che caratterizza gli ultimi cinque secoli.

Come si è trasformata la Bibbia ebraica nel cristianesimo?
Gesù era un ebreo e non voleva fondare una nuova religione. Il centro della sua predicazione era l’avvento prossimo del regno di Dio. E il regno di Dio doveva consistere nel dominio su tutta la terra del Dio ebraico con la conversione di tutti i popoli. La base delle certezze di Gesù, tutto il suo immaginario erano tratti dalla cultura ebraica e soprattutto dalla Bibbia ebraica. I seguaci di Gesù, convinti dell’imminenza di un grande rivolgimento, cominciarono un’intensa opera di diffusione che raggiunse presto quasi tutte le zone del mondo mediterraneo. Col tempo la maggioranza dei seguaci di Gesù fu composta da non ebrei e anzi da persone che disprezzavano gli ebrei e la loro cultura. La Bibbia continuava ad essere la base di tutta la concezione cristiana, come era stato per Gesù, ma ora doveva essere disebraizzata. Si compose un nuovo testo: il Nuovo Testamento che si aggiunse alla Bibbia ebraica che mutò nome diventando “Antico” Testamento. Per cristianizzare l’Antico Testamento, si affermò che le sue concezioni alludevano più o meno esplicitamente alla venuta di Gesù Cristo cosicché la vera comprensione della Bibbia implicava una conversione a Cristo. Gli ebrei privi dello Spirito di Dio e di Cristo non erano in grado di comprenderla. Essa non parlava delle vicende del popolo ebraico, ma in realtà di Cristo e della Chiesa.

Le cose cambiarono con l’età moderna. La nascita della filologia e del metodo storico imponeva di leggere la Bibbia in ebraico e non in latino, imponeva di comprendere il testo biblico (come ogni altro testo) nel contesto culturale in cui si era formato, cioè in un contesto ebraico. La Bibbia tornava ad assumere il suo originario significato ebraico. Il libro mette in luce un importante numero di studiosi ebrei che dalla fine del XVI secolo contribuì a ricuperare il senso storico e culturale ebraico della Bibbia.

Quando nasce il concetto di eresia?
Originariamente la parola “eresia” (che deriva dalla parola greca airesis, cioè libera scelta) significava solo un gruppo di persone o una concezione libera in mezzo alle molte varie opinioni che legittimamente circolavano in un determinato ambiente. Solo con la metà del II secolo, la parola assunse un significato negativo e venne a indicare un’opinione deviante, riprovevole e condannabile. Questo mutamento è un sintomo di una svolta radicale nella storia del cristianesimo. Nasce cioè l’ortodossia, il bisogno di distinguere teorie normative da teorie considerate devianti, condannabili, appunto eretiche. Ma con ciò si tendeva a negare la legittimità della pluralità dei gruppi e delle tendenze cristiane che aveva caratterizzato i primi due secoli.

Con l’età moderna, soprattutto con la seconda metà del Cinquecento, il concetto di eresia comincia ad essere messo in crisi. Tutti i gruppi cristiani si accusano a vicenda di essere eretici. Lutero è un eretico per i cattolici, mentre i protestanti considerano eretico il papa. Poi ci sono personaggi e gruppi che sono considerati eretici sia dai cattolici che dai protestanti. In questo clima si comprende che il concetto di eresia è un concetto relativo, che non definisce il contenuto delle idee religiose di una persona, ma soltanto la condanna che altri ne fanno dal loro punto di vista. Se si vuol essere obiettivi, bisogna cercare di comprendere il punto di vista di chi sostiene una certa interpretazione del cristianesimo e rinunciare al concetto di eresia. Nascono allora le prime storie del cristianesimo che rinunciano a porsi dal punto di vista di una particolare presunta ortodossia. Queste nuove storie cercano di descrivere semplicemente la pluralità delle interpretazioni con cui il cristianesimo si presenta sia in età antica che in età moderna. In sostanza, il concetto di “eresia” non serve per comprendere ma solo per condannare. La scienza storica si afferma pienamente quando rinuncia al concetto di eresia.

Qual è stato l’impatto della scienza moderna sul sistema teologico cristiano?
L’impatto della scienza moderna è stato enorme. Alla fine del Cinquecento, il cristianesimo aderiva alla visione tolemaica dell’universo. Questa visione cosmologica non era solo una teoria scientifica, ma una visione sacra e coerente del cosmo nella quale il cristianesimo si collocava organicamente, adempiendo così a sua volta alla funzione di essere una compiuta visione dell’universo. Lo sconvolgimento nella teoria cosmologica provocata dal copernicanesimo comportava necessariamente uno sconvolgimento anche nella visione cristiana. Se la terra non era più il centro dell’universo, la localizzazione ormai tradizionale dell’inferno e del paradiso diventava impossibile. La cosmologia copernicana implicava la necessità di un ripensamento complessivo di tutta la visione religiosa dell’universo. Implicava cioè una riforma radicale della teologia cristiana.

La sintesi aristotelico-cristiana avvenuta nel medioevo era in crisi. La scienza moderna criticava alla radice ogni aspetto dell’aristotelismo. La prima questione riguardava la natura della verità della Sacra Scrittura. Gli articoli del Credo sulla discesa agli inferi di Cristo e sulla sua ascensione al cielo non avevano più alcun significato alla luce dell’astronomia moderna.

Negli anni Sessanta del XX secolo alcuni teologi cattolici cercarono di affermare che la verità delle sacre Scritture non può essere scientifica, ma neanche storica o culturale. Le sacre Scritture possederebbero una verità di altro tipo. Ma questa ermeneutica è ben lungi dall’essersi affermata. Soprattutto non se ne sono tratte le conseguenze teologiche nella riformulazione dei dogmi centrali del cristianesimo.

In che modo si pongono le grandi religioni di fronte ai problemi della società contemporanea?
Un’idea importante del libro è che i mutamenti delle religioni negli ultimi secoli dipendono in gran parte dal fatto che esse sono costrette a reagire all’impatto della modernità. Il primo tra i fattori che hanno investito in questi due secoli le tre religioni monoteistiche è il diffondersi di organizzazioni statali che si richiamavano ai diritti dell’uomo. La seconda sfida per le religioni, di cui già ho parlato, era lo sviluppo straordinario della scienza moderna. Il terzo fattore era rappresentato dall’analisi razionale delle religioni sviluppatasi in Occidente soprattutto a partire dal xvii secolo. Infine, parallelamente allo sviluppo scientifico-industriale, si diffondevano modelli di vita strettamente legati all’uso dei nuovi strumenti prodotti dalla civiltà scientifico-tecnologica e alla fiducia in un progresso fondato su conoscenze positive.

All’interno delle grandi religioni nacquero quindi molte posizioni diverse, alcune delle quali accettavano integralmente i nuovi principi, altre li negavano assolutamente e altre ancora li accettavano solo in parte. Le diverse religioni (cristiane, ebraiche e islamiche, ma anche induiste e buddiste) si spaccarono o si differenziarono così al loro interno dando vita a diverse correnti e gruppi, tuttora attivi.

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