“Il codice dell’anima” di James Hillman

Il codice dell’anima, James HillmanIl codice dell’anima. Carattere, vocazione, destino
di James Hillman
traduzione di Adriana Bottini
Adelphi

«Di tutti i peccati della psicologia, il più mortale è la sua indifferenza per la bellezza. Una vita, in fondo, è una cosa bella. Ma, leggendo i libri di psicologia, non lo si immaginerebbe mai. Ancora una volta, la psicologia viene meno di fronte al suo oggetto di studio. L’apprezzamento estetico delle biografie non trova spazio né nella psicologia sociale, né in quella sperimentale e nemmeno nella psicologia terapeutica. Il loro compito consiste nell’indagare e nello spiegare, e se per avventura dovesse saltar fuori nel materiale studiato un fenomeno estetico […], esso verrà spiegato da una psicologia priva in partenza della minima sensibilità estetica. […]

Con peccato «mortale» della psicologia, intendo il peccato del mortificare, quel senso di morte che ci prende nel leggere la psicologia degli addetti ai lavori, nell’udirne la lingua, la voce monotona, nel vedere la ponderosità dei suoi testi, la pretenziosità seriosa, i pomposi annunci di nuove «scoperte» che più banali non si può, i placebo tranquillanti del fai-da-te psicologico, le sue scenografie, le sue mode, le sue riunioni di Facoltà e i suoi studi e ambulatori, quelle acque stagnanti dove l’anima si reca per farsi curare, ultimo rifugio di una cultura abburattata, che sforna panini bianchì stantii e senza crosta, muro di gomma contro cui rimbalza la speranza. […]

A testimoniare lo sforzo di questo libro per uscire dalla camera mortuaria della psicologia, è l’assenza nelle sue pagine del linguaggio psicologico corrente. Tranne che chiusi tra virgolette, perché non infettino la frase con morbosità psicologiche, non troverete nessuno dei seguenti agenti patogeni; prestazione, crescita, creatività, soglia, continuum, livelli di risposta, integrazione, identità, sviluppo, validazione, confini dell’Io, meccanismi di difesa, condizionamento operante, varianza, soggettività, adattamento, risultati verificabili, punteggio al test, emergenza, speranza. Ci sono alcune etichette diagnostiche, ma nessuna sigla. Inoltre, questo è un libro di psicologia senza la parola «problema». Qualche accenno all’«Io», alla «coscienza» e nessuno al «vissuto». Ho anche cercato di evitare il termine più pernicioso di tutti: «il Sé». È un termine dalle grandi fauci, avrebbe potuto inghiottire senza lasciarne traccia, nella sua illimitata capienza, tutte le più precise personificazioni: genio, angelo, daimon, destino. […]

Ciascuna vita è formata dalla propria immagine, unica e irripetibile, un’immagine che è l’essenza di quella vita e che la chiama a un destino. In quanto forza del fato, l’immagine ci fa da nostro genio personale, da compagno e da guida memore della nostra vocazione.

Il daimon svolge la sua funzione di «promemoria» in molti modi. Ci motiva. Ci protegge. Inventa e insiste con ostinata fedeltà. Si oppone alla ragionevolezza facile ai compromessi e spesso obbliga il suo padrone alla devianza e alla bizzarria, specialmente quando si sente trascurato o contrastato. Offre conforto e può attirarci nel suo guscio, ma non sopporta l’innocenza. Può far ammalare il corpo. E incapace di adattarsi al tempo, nel flusso della vita trova errori, salti e nodi – ed è lì che preferisce stare. Possiede affinità con il mito, giacché lui stesso è un essere del mito e pensa in forma mitica. […]

C’entra molto con i sentimenti di unicità, di grandezza, e con l’inquietudine del cuore, con la sua impazienza, la sua insoddisfazione, i suoi struggimenti. Ha bisogno della sua parte di bellezza. Vuole essere visto, ricevere testimonianza, riconoscimento, soprattutto dal suo padrone. È lento ad ancorarsi e svelto a volare. Poiché non può dimenticare la sua propria vocazione divina, si sente insieme esule sulla terra e partecipe dell’armonia del cosmo. Le immagini e le metafore sono la sua lingua madre, innata, la stessa che costituisce la base poetica della mente e rende possibile la comunicazione con tutti gli uomini e tutte le cose.»

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