“Il cimitero di Praga” di Umberto Eco: trama riassunto e recensione

Al centro del romanzo Il cimitero di Praga c’è un falso storico che ha sempre affascinato Umberto Eco: il celebre Protocolli dei Savi Anziani di Sion. Eco ne parla nel Pendolo di Foucault (1988) e ne ricostruisce la genesi sia in Sei passeggiate nei boschi narrativi (1994) sia in Sulla letteratura (2002).

Eco fa iniziare la sua ricostruzione dalla fine dell’Ordine dei Templari. All’inizio del XIV secolo Filippo il Bello distrugge l’Ordine dei Templari: da lì si comincia a favoleggiare sulla sopravvivenza clandestina dell’Ordine (idea sviluppata nel Pendolo). Nel XVII secolo nasce la storia dei Rosa Croce, una confraternita che si presenta nei Manifesti Rosacrociani, da cui viene descritta (Fama, 1614, Confessio, 1615, i cui autori rimangono ignoti). Nel XVIII secolo si inserisce la Massoneria detta “occultista e templare”, che fa risalire le proprie origini ai costruttori del Tempio di Salomone e inserisce nel proprio mito delle origini i Templari, la cui tradizione segreta sarebbe arrivata alla massoneria tramite i Rosa Croce. Tra il 1797 e il 1798, a proposito della Rivoluzione francese, l’Abate Barruel scrive i Mémoires pour servir à l’histoire du jacobinisme, in cui riparte dalla vicenda dei Templari, che dopo la loro abolizione elaborano un piano per creare una repubblica mondiale. Barruel scrive che nel XVIII secolo i Templari si impadroniscono della Massoneria e creano una sorta di accademia con membri quali Voltaire, Turgot, Condorcet, Diderot, d’Alembert, e da questo gruppo nascono i Giacobini, i quali a loro volta sarebbero controllati dalla società segreta degli Illuminati di Baviera, regicidi per vocazione. Questo complotto spiegherebbe la Rivoluzione francese. Pare che lo stesso Napoleone sia rimasto affascinato dall’idea di questo direttorio di Superiori Sconosciuti e dal loro potere misterioso. Il libro di Barruel, rimarca Eco, non contiene alcun riferimento agli ebrei. Tuttavia, nel 1806 un certo capitano Simonini scrive a Barruel sostenendo di aver saputo da un gruppo di ebrei torinesi che da secoli la “setta giudaica” trama nell’ombra per distruggere il cristianesimo e conquistare il mondo. Barruel scrive un testo in cui dichiara di accettare l’idea di Simonini, quindi lo distrugge, ma la voce si è ormai diffusa, cosicché, quando i gesuiti verso la metà del secolo iniziano a preoccuparsi per certi protagonisti del Risorgimento che sono anticlericali e massonici (per esempio Garibaldi), torna buona l’idea di un complotto giudeo-massonico da immaginare dietro al movimento dei Carbonari. Del resto anche gli anticlericali, sempre nel XIX secolo, accusano i Gesuiti di complottare contro il bene dell’umanità: Eco ricorda che il romanziere Eugène Sue nell’Ebreo errante mette in scena il malvagio Monsieur Rodin, che rivela i dettagli di un piano gesuitico per ridurre l’Europa in schiavitù (il personaggio torna nei Misteri del popolo). Nel 1868 Hermann Goedsche, un impiegato delle poste tedesche, scrive il romanzo popolare Biarritz, sotto lo pseudonimo di Sir John Retcliffe, in cui si descrive una cerimonia occulta nel cimitero di Praga (scena ripresa dal Giuseppe Balsamo di Dumas, del 1849). Nel cimitero di Praga, in Biarritz, si riuniscono i rappresentanti delle dodici tribù di Israele per preparare la conquista del mondo. Da questo momento la storia comincia a circolare come vera e diversi testi asseriscono che proviene da fonte sicura. Entra quindi in scena Pëtr Ivanovič Rachovskij, un russo che era stato vicino alle organizzazioni terroristiche di estrema destra ed era diventato capo della Okhrana. Questi per aiutare il suo protettore politico, il conte Sergej Witte, entra in casa del suo oppositore, Elie de Cyon, trova un pamphlet di Cyon a proposito di un complotto internazionale ordito da Witte, e modifica il documento attribuendo le idee complottiste di Witte ai Savi Anziani. Il testo modificato da Rachovskij, dice Eco, costituisce probabilmente la fonte primaria dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion (pubblicati da Nilus).

I Protocolli sono un documento palesemente falso in cui i “cattivi” (i Savi Anziani) esprimono in modo del tutto scoperto, e anzi proprio svergognato, i propri progetti malvagi. I Savi dichiarano candidamente di avere “un’ambizione sconfinata, una ingordigia divoratrice, un desiderio spietato di vendetta e un odio intenso” (Eco 1994: 170; ed. 2018: 175-176). Eppure questo documento fittizio, fortemente impregnato di letteratura popolare dell’epoca, si diffonde e incide tragicamente sulla Storia: i Protocolli arrivano in Russia, dove vengono diffusi dalla polizia segreta zarista per istituire i pogrom, e di lì fanno il loro ingresso in Germania, dove vengono adottati da Hitler per giustificare il genocidio. A Eco interessa la capacità che acquisisce un documento fittizio di incidere (anche tragicamente) sulla realtà: è attratto dalla “forza del falso” dunque, e se da un lato cerca di analizzare il fenomeno scientificamente, dall’altro lo racconta in forma di romanzo.

Protagonista del romanzo è il piemontese Simone Simonini, che nella finzione narrativa di Eco è colui che redige materialmente i Protocolli. Il 24 marzo 1897 il capitano Simone Simonini, persa la memoria e la piena coscienza di sé, inizia a scrivere un diario nella sua casa parigina: ma presto si accorge che forse in casa non è solo perché il suo diario è scritto anche da un certo abate Dalla Piccola, che sembra aver perso anche lui la memoria e la coscienza di sé (i due non si incontrano). Simonini ha sessantasette anni ed è nipote di quel Giovan Battista Simonini che aveva scritto una lettera all’Abate Barruel per dirgli che dietro al complotto mondiale dei Templari che aveva condotto alla Rivoluzione, mirabilmente ricostruito dall’abate nel suo Mémoires pour servir à l’histoire du jacobinisme, c’erano gli ebrei (secondo quanto aveva appreso nel ghetto di Torino da un ebreo di origine siriana di nome Mordechai). Il nonno di Simone è un ci-devant, un reazionario nostalgico dell’Ancien Régime, mentre il padre ha uno spirito rivoluzionario che lo porta a morire per difendere la Repubblica Romana dai francesi. Simone ricorda di essere cresciuto con il nonno, avendo come precettori dei padri gesuiti, imparando ad amare la buona cucina e leggendo i romanzi di Dumas (L’ebreo errante, Giuseppe Balsamo).

Morto il nonno, Simone va a lavorare dal suo notaio Rebaudengo: lì impara l’arte della falsificazione dei documenti e nel giro di qualche anno diventa, con abile cinismo, titolare dello studio. In breve Simonini comincia a lavorare come spia per i servizi segreti sabaudi, viene inviato in Sicilia al seguito dell’esercito garibaldino (a bordo della nave Emma di Dumas), e per distruggere i registri contabili della spedizione (che potrebbero provare i finanziamenti avuti sottobanco dai Savoia) provoca l’affondamento del piroscafo su cui viaggia Ippolito Nievo, tesoriere dell’esercito. Inviato a Parigi, dove inizia a lavorare per il controspionaggio dell’impero francese, Simonini – influenzato dai romanzi di Dumas e di Sue – inizia a fabbricare un documento falso per denigrare gli ebrei, in cui si descrive un incontro – presso il cimitero di Praga – dei rabbini capi delle comunità ebraiche d’Europa per mettere a punto un piano mirato alla conquista del mondo e alla distruzione del cristianesimo. Simonini cerca di vendere il falso documento sugli ebrei – nel frattempo arricchito di particolari desunti da varie fonti – allo scrittore Hermann Goedsche, che però usa le informazioni ivi contenute per scrivere il proprio romanzo Biarritz. Dopo un periodo di coinvolgimento nella Comune di Parigi, Simonini torna a lavorare sul documento, nel quale descrive in modo sempre più accurato (e fantasioso) la congiura ebraica ai danni del mondo. Ricorda peraltro di aver ucciso un abate di nome Dalla Piccola che gli aveva commissionato, per conto dei gesuiti, uno scritto contro gli ebrei: non si tratta però del Dalla Piccola che sta scrivendo con lui il diario, perché questi nel diario continua a intervenire, ricordando tra le altre cose di aver avuto a che fare con lo scrittore Léo Taxil, autore di scritti anticattolici che simula una conversione al cattolicesimo e comincia a pubblicare testi in cui denuncia le pratiche esoteriche in voga negli ambienti massonici. Taxil e Dalla Piccola traggono ispirazione dai racconti di una certa Diana, una malata di isteria in grado di descrivere culti satanici e messe nere.

Frattanto Simonini entra in contatto con i servizi segreti russi nella persona di Pyotr Rachkovskij, inizia a collaborare con l’Okhrana – la polizia zarista che è anch’essa interessata a documenti sulla cospirazione giudaica –, e viene coinvolto nell’affare Dreyfus (è lui che confeziona il bordereau fittizio che farà incriminare l’ufficiale ebreo-alsaziano). In un intervento decisivo sul diario che sembra comporsi a quattro mani, l’abate Dalla Piccola ricorda di aver partecipato a una messa nera e di aver avuto un rapporto sessuale con una donna, che il mattino seguente avrebbe scoperto essere Diana. Diana è ebrea e Dalla Piccola la uccide insieme al sacerdote satanista Boullan. Di lì il trauma che ha fatto perdere la memoria a Simonini, che ora capisce di aver impersonato – da un certo punto della propria vita – proprio l’abate Dalla Piccola (per una delle sue missioni spericolate). In seguito al trauma le due personalità si sono sdoppiate perdendo coscienza l’una dell’altra. Grazie alla scrittura del diario – metodo suggeritogli da un giovane Dottor Froïde incontrato occasionalmente anni prima da Magny – Simonini riesce a ricomporre la sua storia e la sua identità.

Dopo una interruzione di un anno, Simonini riprende a scrivere il diario e confessa che Rachkovskij continua a incalzarlo per avere i Protocolli su quanto avvenuto nel cimitero di Praga, e quindi sul complotto giudaico. Simonini porta a termine il suo lavoro e consegna i Protocolli a un agente di nome Golovinskij. Ma Rachkovskij gli chiede anche di organizzare un attentato alla metropolitana di Parigi, di cui è da poco iniziata la costruzione: Simonini, sotto ricatto, non può rifiutare e decide di mettere lui stesso una bomba in uno degli scavi in corso. Il diario si chiude così, con questo progetto che potrebbe rivelarsi fatale.

Come dice l’autore stesso in una nota finale, l’unico personaggio inventato di questa storia è il protagonista, Simone Simonini, mentre tutti gli altri personaggi (tranne un paio di contorno) “sono realmente esistiti e hanno fatto e detto le cose che fanno e dicono in questo romanzo” (p. 515; ed. 2020, p. 549). Eco segue quindi il modello collaudato del romanzo storico che prevede personaggi e azioni di fantasia innestati su un tessuto di personaggi e fatti storici. Abbiamo così il racconto romanzato e nello stesso tempo realistico della nascita e della diffusione graduale dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, in un coltissimo feuilleton (peraltro illustrato) in cui entrano in scena servizi segreti, agenti doppi, spie, filosofi, ecclesiastici peccatori, scrittori; il tutto in un giro infernale di manipolazioni, falsi, travestimenti, delitti, cambi di identità, veleni e bassezze d’ogni tipo.

tratto da Le avventure intellettuali di Umberto Eco di Stefano Traini, La nave di Teseo editore

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