“Il cervello è più grande del cielo” di Giulio Maira

Il cervello è più grande del cielo, Giulio MairaProf. Giulio Maira, lei è autore del libro Il cervello è più grande del cielo, edito da Solferino: quanto è complesso e prezioso il funzionamento del cervello?
Il cervello è l’organo più meraviglioso, misterioso e complesso dell’intero universo, la struttura capace di immagazzinare più informazioni in tutto il sistema solare o, addirittura, in tutto il nostro settore della Via Lattea.

Le cifre che lo descrivono sono da capogiro. Consta di 86 miliardi di neuroni, la cosiddetta “sostanza grigia”, capaci di realizzare milioni di miliardi di connessioni. Le lunghe fibre di connessione tra le cellule, le superstrade del cervello, “la sostanza bianca”, coprono una lunghezza totale di circa 160.000 km, più di un terzo della distanza dalla Terra alla Luna, quattro volte la circonferenza della Terra all’Equatore. Si calcola che il cervello possa eseguire fino a 38 miliardi di operazioni al secondo. Come da questa materia grezza possa venire fuori un pensiero intelligente, è uno dei misteri più grandi dell’universo.

Ma è proprio l’azione integrata di questa moltitudine di neuroni e di fibre che ha permesso all’uomo di pensare alla precisione delle leggi della fisica, di produrre le emozioni di un’opera di Mozart o la straordinaria bellezza di un dipinto di Raffaello, e, infine, di elevarsi all’idea trascendente di Dio.

Possiamo dire che tutto quanto facciamo è opera del nostro cervello. Senza cervello non ci sarebbero pensiero, emozione, immaginazione e coscienza

Ritengo che il nostro cervello sia un bene inestimabile, il luogo dove risiedono i pensieri di ognuno di noi, le cose più private e personali che abbiamo.

Quali sono la struttura e le funzioni dell’organo più articolato del nostro corpo?
Nel cervello, grossolanamente, possiamo riconoscere due emisferi a ognuno dei quali si attribuiscono funzioni diverse.

L’emisfero sinistro, solitamente dominante, è il cervello della logica, del raziocinio e del calcolo, la parte analitica che caratterizza gli uomini di scienza, la zona cartesiana che scompone la realtà e che consente di applicare la più rigida razionalità. L’emisfero destro invece sovrintende alla fantasticheria e alla sensibilità, è il cervello dell’intuizione, dell’immaginazione, della fantasia e del sogno, è il cervello più artistico.

Nel dialogo tra i due emisferi è il sinistro ad esercitare una sorta di prevalenza sull’emisfero destro; per questo lo definiamo dominante. Solitamente, ciò avviene nei destrimani, che sono la maggioranza delle persone. La situazione si ribalta nei mancini, in cui a essere dominante è l’emisfero destro.

La parte più nobile del nostro cervello è la parte più anteriore del lobo frontale, la cosiddetta corteccia prefrontale, sede dell’elaborazione della maggior parte del pensiero razionale, coinvolta in tutte le operazioni associate al buon funzionamento mentale. Non a caso, questa è la parte del cervello che, nell’essere umano, nel corso dell’evoluzione, si è sviluppata di più rispetto agli altri animali e occupa quasi un terzo di tutta la nostra corteccia cerebrale.

Nell’emisfero sinistro troviamo le aree del linguaggio, mentre il lobo parietale è preposto soprattutto a elaborare le informazioni sensoriali che giungono dal tatto, dai muscoli e dalle articolazioni del lato opposto del corpo e a combinarle con quelle della vista, dell’udito e dell’equilibrio per darci una piena percezione di noi stessi e del mondo che ci circonda. Il lobo parietale destro è parte del circuito cerebrale interessato al senso artistico.

I lobi occipitali, localizzati nella parte posteriore del cervello, presiedono all’elaborazione delle informazioni visive trasmesse dalla retina.

Il cervelletto, grande come un pugno e attaccato alla parte posteriore del cervello ha l’importante funzione del controllo e della coordinazione dei movimenti, della postura e dell’equilibrio; è essenziale per l’esecuzione dei movimenti delicati.

L’ultima zona cerebrale di cui voglio parlare è il “tronco dell’encefalo” situato, in posizione centrale, nella parte posteriore dell’encefalo, davanti al cervelletto. Simile a un fusto, costituisce il prolungamento in alto del midollo spinale. Controlla molte funzioni fondamentali per la nostra vita, quali la respirazione, la regolazione della pressione del sangue, lo stato di coscienza. È attraversato da vie neurali che dal cervello vanno al midollo spinale e viceversa; in pratica, dal tronco passano tutti i segnali che il cervello manda al corpo e che dalla periferia, attraverso il midollo spinale, ritornano alla corteccia.

Come funziona la nostra memoria?
La memoria, che ci permette di avere ricordi dei fatti del nostro passato, è da considerarsi tra le manifestazioni più elevate del cervello umano e tra le più importanti della nostra vita. Di fronte a tutti i cambiamenti che caratterizzano la nostra esistenza, la memoria è il filo di Arianna che ci fornisce continuamente la corretta percezione della nostra identità e tiene insieme il fluire della nostra vita nel tempo.

La memoria è non solo un processo del pensiero, serbatoio di informazioni utili a dare un senso ai momenti della nostra vita quotidiana, ma anche un elemento essenziale per il progredire della coscienza civile di una nazione, oltre che dell’individuo stesso, con una funzione fondamentale nella costruzione di una società civile. La memoria, infatti, consente una meditazione sulle vicende umane che si sono dipanate nel corso del tempo, in modo da evitare che le vicende infami di ieri possano diventare le vicende infami di oggi. Diceva il filosofo spagnolo George Santayana che chi dimentica il passato è condannato a ripeterlo.

Nei meccanismi della nostra memoria un ruolo importante lo ricopre l’ippocampo, un nucleo situato nel sistema limbico, al di sotto della corteccia, dove confluiscono moltissime fibre nervose, i tanti fili separati che costituiscono ogni evento di cui siamo coscienti.

La funzione dell’ippocampo è duplice: trasformare la memoria a breve termine in memoria permanente e tenere le fila dei nostri ricordi.

Quando facciamo un’esperienza nuova, l’ippocampo la raccoglie e la scompone in frammenti di ricordi, ognuno corrispondente alle diverse stimolazioni sensoriali che la compongono, e li trasmette alla corteccia, dove vengono archiviati in aree diverse, a seconda degli stimoli che li hanno determinati. E quando qualcosa ci richiama alla mente un frammento di quel ricordo, si compie un cammino inverso: raccogliendo i fili di tutti i frammenti in un unico luogo, l’ippocampo riesce a recuperare e a tessere insieme, rapidamente, tutti i momenti di quel ricordo, riannodando sensazioni che parevano oramai spente, richiamando così l’evento nella sua interezza.

Sono i fili che tessono la trama delle nostre vite, che collegano chi siamo con chi eravamo. Perché, ancora più importante del meccanismo della memoria è il meccanismo del ricordo.

Un’altra struttura importante per il meccanismo della memoria è l’amigdala, deputata all’elaborazione delle nostre emozioni. L’amigdala è la parte del cervello che colora la nostra vita. Da lì partono le sensazioni che proviamo quando ci alteriamo per rabbia, per gelosia, per paura, o anche per amore; oppure quando ci divertiamo, ridiamo o piangiamo.

L’amigdala è fortemente connessa all’ippocampo. Tutto quello che colpisce emotivamente l’amigdala, viene trasmesso, con forza, all’ippocampo e fissato nelle aree della memoria. Noi memorizziamo meglio tutto ciò che ci emoziona; basti pensare al film della nostra vita, fatto di avvenimenti, persone, cose che sono rimaste incise nella memoria a lungo termine per la forza che hanno avuto di emozionarci.

Come nascono i sogni?
Il sonno, con i sogni che lo accompagnano, è certamente uno tra gli aspetti più misteriosi e meno conosciuti delle Neuroscienze e svolge una funzione importante nell’equilibrio della vita.

Ogni uomo passa un terzo della propria vita dormendo e almeno sei anni sognando, imbarcandosi ogni notte per un viaggio straordinario che influenzerà i suoi pensieri e i suoi sentimenti del giorno che seguirà.

Il sonno è molto più di un semplice momento di sosta: mentre il corpo riposa, il cervello si rigenera, si ampliano le connessioni fra le cellule cerebrali, si consolidano e si aggiornano i ricordi, si modifica la nostra personalità.

Questo viaggio nella memoria è per noi importantissimo perché con i sogni diamo consistenza ai nostri ricordi, alla memoria della nostra vita passata e li integriamo con la realtà attuale.

Tutti noi sogniamo molto durante la notte. Purtroppo, della maggior parte dei sogni ci rimane poco, vengono dimenticati quasi subito al risveglio, non vengono depositati nella memoria a lungo termine. In questo modo la maggior parte delle esperienze della notte, inesorabilmente, si dissolve senza lasciare traccia. Ma non sempre è così. Spesso, quando ci avviciniamo al mattino e singole regioni del cervello cominciano a svegliarsi, passiamo attraverso una fase in cui coesistono in noi, al tempo stesso, sonno e veglia; in questi momenti, mentre i primi rumori del nuovo giorno cominciano a entrare nella nostra stanza, e in un dormiveglia che non è ancora coscienza piena ci sforziamo di non svegliarci per prolungare l’ultimo sogno della notte, allora capiamo quanto possa essere complessa e affascinante la vita che ogni notte viviamo nei nostri sogni.

Cosa sono i neuroni specchio?
I neuroni specchio sono un insieme di cellule, le quali si attivano, non solamente quando siamo noi a compiere un’azione ma anche quando osserviamo un’altra persona compiere la stessa azione. Ciò vuol dire che la visione dell’agire altrui non provoca, semplicemente e passivamente, una ricostruzione pittorica di quell’azione da parte del cervello dell’osservatore ma ci permette di simularla nel nostro sistema motorio, di ripeterla nel nostro cervello.

Si scoprì, inoltre, una cosa ancora più straordinaria, e cioè che questo meccanismo “specchio” si attiva non solo per l’osservazione di un movimento ma anche davanti a emozioni e sensazioni provate dall’altro, indipendentemente dalla loro natura reale o fittizia. E ciò significa che quando noi osserviamo qualcuno che si emoziona, o piange o è felice, sia nella vita reale che nella finzione di un film o di un’opera teatrale, attiviamo una parte degli stessi circuiti neurali che lui sta attivando per provare quelle stesse emozioni e sensazioni. In pratica, viviamo quelle emozioni come se le provassimo noi stessi, attivando circuiti cerebrali in parte identici.

Con la scoperta di questo meccanismo neuronale la scienza ci dice che siamo biologicamente costruiti per stare insieme agli altri, per provare le stesse emozioni degli altri; che possediamo un meccanismo biologico che ci rende sociali, che ci porta a considerare l’altro come noi stessi, che ci rende capaci di percepire e di comprendere le emozioni altrui, che ci fa entrare in empatia con un’altra persona e simulare letteralmente il suo dolore come se lo stessimo vivendo noi stessi.

In cosa differiscono i cervelli di uomini e donna?
Le moderne tecniche di studio consentono di rilevare ampie differenze. Una merita davvero attenzione ed è quella relativa al numero di neuroni e alla densità delle connessioni. Si è visto che i maschi hanno 6.5 volte più neuroni mentre le donne hanno 10 volte più connessioni. Che vuol dire? Partiamo dalle connessioni. Come abbiamo già visto, i due emisferi cerebrali hanno modalità differenti, ma complementari, di analizzare ciò che osserviamo. Avere più connessioni tra i due emisferi significa avere una modalità di funzionamento più globale, più idonea alla comprensione intuitiva dei problemi, anche complessi, rispetto alla procedura razionale e sequenziale, più tipica del sesso maschile. I maschi, al contrario, hanno meno connessioni trasversali e tendono a usare un solo emisfero per volta.

Possiamo dire, in linea di massima, che l’uomo possiede un cervello che segue schemi logici più basati sulla razionalità, mentre nella donna il funzionamento cerebrale sarebbe maggiormente di tipo intuitivo, che nell’uomo il funzionamento dei circuiti nervosi è più rigido mentre nella donna è più duttile.

Tutto questo fa sì che le donne siano più brave nel multitasking, ovvero nel fare più cose insieme, realizzino una migliore analisi dei problemi, abbiano migliori abilità sociali, siano più intuitive, dimostrino maggiore empatia, siano più sensibili alle espressioni del viso e abili nel comprendere stati d’animo e umore altrui.

I maschi, invece, eccellono nelle attività motorie, dove si impiegano i muscoli, e sono più capaci ad analizzare lo spazio, a orientarsi, a capire le mappe.

L’unica area in cui gli uomini dimostrano una maggiore connettività è il cervelletto, quella parte dell’encefalo legata al controllo dei movimenti.

A che punto è l’intelligenza artificiale?
Giorno dopo giorno, silenziosamente, l’intelligenza artificiale (IA), uscendo dalla fase pioneristica, penetra in nuovi settori. Le applicazioni nel campo della medicina, nel marketing, nella comunicazione di massa, nell’economia, nell’uso degli armamenti, nella vita quotidiana di ognuno di noi, stanno raggiungendo risultati straordinari.

Molte macchine, in un sempre maggior numero di compiti specifici, superano di gran lunga le capacità del cervello umano. Gli algoritmi che le guidano, cioè quegli strumenti informatici che ci permettono di programmare una macchina, stanno migliorando esponenzialmente allo scopo di fare ancora meglio ciò che l’intelligenza umana (IU) è in grado di fare.

L’IA rappresenta certamente una sfida tecnologica importantissima. Nuove macchine, sulla base di regole predefinite, saranno capaci di prendere decisioni o di aiutarci a farlo, e nel bene o nel male la loro esistenza influenzerà fortemente la nostra vita.

Uno degli aspetti più interessanti degli studi sull’IA è che queste ricerche potranno avere un impatto diretto sul futuro della mente: potremo capire meglio i meccanismi di funzionamento del cervello, potenziare la nostra intelligenza, trovare la cura di molte malattie neurologiche, creare interfacce cervello-computer e in un futuro quasi da fantascienza fare copie di backup dei nostri pensieri.

Il sogno degli scienziati che si occupano di IA è la costruzione di una macchina con un ‘intelligenza della massima ampiezza, in grado di realizzare praticamente qualunque fine altrettanto bene di un essere umano, e in grado di apprendere dall’esperienza e migliorarsi; possiamo definirla un’Intelligenza Artificiale Generale.

Ma questo genera molti interrogativi: l’intelligenza artificiale si evolverà mai fino a raggiungere una consapevolezza di sé? Sarà capace di sviluppare quella creatività che rappresenta una delle caratteristiche più peculiari dell’Homo Sapiens?

Qualcuno sostiene che sia solo una questione di tempo. Ma come facciamo a creare in una macchina qualcosa che ancora non riusciamo a spiegare nell’uomo? Non è solo un problema di tecnologia, è un problema di filosofia, forse. Se poi consideriamo che molto del pensiero umano è costituito dal suo subconscio e che la parte cosciente dei nostri pensieri rappresenta la fetta più piccola delle elaborazioni di cui abbiamo contezza, ci rendiamo conto di quanto sia difficile replicare il pensiero umano in una macchina.

Le neuroscienze hanno fatto in questi anni progressi straordinari: cosa non sappiamo ancora del cervello?
Benché siamo lontani dal capire l’origine del pensiero o la sede della coscienza, questi ultimi anni

sono stati straordinari per il progresso delle conoscenze sulle funzioni cerebrali. Abbiamo cominciato a capire come funziona la nostra memoria e da dove vengono i sogni. Conosciamo le basi del funzionamento delle reti neurali. Abbiamo imparato che il cervello fino all’ultimo momento può apprendere e cambiare.

Anche per quest’organo affasciante, come per tutte le cose, conoscere i meccanismi d’azione potrà significare anche imparare a usarlo meglio, a sviluppare maggiormente le sue risorse, a proteggerlo e non farlo deteriorare più di quanto il tempo e le malattie non possano fare. Una volta capito meglio il suo modo di lavorare anche una serie di malattie come l’Alzheimer, il Parkinson, la schizofrenia, l’autismo, la demenza ecc.., potranno essere comprese e, forse, curate.

Una delle più grandi avventure della Scienza è studiare il funzionamento del cervello e cercare di dare risposte ai profondi quesiti scientifici e filosofici a esso connessi. Per quanto la strada possa essere lunga e faticosa, quanto si scoprirà sarà ricco di sorprese entusiasmanti e di stupore per la meraviglia delle cose che si potranno apprendere.

Ma ancora oggi le cose che non conosciamo sono tante. Uno dei misteri più grandi è capire da dove provenga la coscienza e come sia possibile questo passaggio dal materiale al trascendente. Da un lato c’è il cervello, l’oggetto più complesso dell’universo conosciuto, un’entità materiale soggetta alle leggi della fisica; dall’altro, il mondo del pensiero, della consapevolezza, delle immagini e dei suoni della vita, della paura e della rabbia, del desiderio e dell’amore. Questi due mondi sono in stretta relazione, come dimostra drammaticamente un’emorragia che, scompaginando la struttura del cervello, all’istante si porta via la nostra mente. Ma come succede tutto ciò?

La coscienza è stata definita “il più profondo di tutti i misteri scientifici”. In effetti, possiamo considerare la coscienza umana il vero grande mistero della nostra conoscenza.

Altri misteri della nostra mente riguardano i meccanismi più complessi della memoria, o perché ben il 95% delle attività cerebrali quotidiane si svolga nell’inconscio e la maggior parte del lavoro della mente sia occulto e celato a noi stessi.

Il nostro cervello, come l’universo che ci circonda, è un capolavoro sconcertante, ma quello che sappiamo della mentre è ancora una minima parte del tutto. Questa meravigliosa impresa della scienza e della ricerca è ancora all’inizio e ci darà nel futuro scoperte ancora più straordinarie.

Come è possibile prendersi cura del nostro cervello e mantenerlo “allenato” nel corso del tempo?
Possiamo riassumere il modo di prendersi efficacemente cura del nostro cervello in un semplice slogan: “avere una vita attiva sia intellettualmente che fisicamente, seguire un’alimentazione leggera e sana, e dormire bene”.

Alimentarsi con intelligenza e mantenersi attivi, di mente e di corpo, sembrano essere le chiavi di volta per un cervello in forma. E questo fa bene, oltre che al cervello, anche al cuore!!!

Da qualche anno la ricerca scientifica ha mostrato che certe abitudini alimentari e certi stili di vita possono portare a un aumentato o ridotto rischio di Alzheimer, suggerendo che su questi fattori si può impostare un’importante strategia di prevenzione delle malattie e di protezione del cervello, per vivere meglio e più a lungo.

L’osservazione delle regole elementari della buona salute diminuirebbe del 35% il rischio della demenza.

Ma tutto questo non basta perché, in realtà, le attenzioni da avere verso il nostro cervello sono più complesse e dovrebbero accompagnarci lungo tutto il corso della vita, a cominciare dalla crescita embrionale e poi fetale in cui gli stili di vita della madre sono molto importanti per lo sviluppo del cervello del bimbo o della bimba che nascerà.

Poi vengono l’allattamento al seno, la tenerezza e l’affetto verso il bimbo che cresce, la scelta delle occupazioni intelligenti, quali la musica, lo sport, lo studio di uno strumento musicale o di una o più lingue straniere. E poi c’è l’adolescenza, con gli effetti negativi che droghe e alcol possono avere sul cervello ancora immaturo.

Anche in età adulta e in senescenza, osservare corretti stili di vita è essenziale per mantenere efficiente il cervello, avere più memoria, aiutarci a concentrarci di più, sfruttare a fondo la creatività, imparare a usare meglio il ragionamento, rafforzare la logica.

I punti importanti, che dobbiamo tenere bene in mente, sono essenzialmente due:

Il primo, importantissimo, è che il cervello, se tenuto attivo, è in grado di modificarsi continuamente e di crescere lungo tutto il corso della nostra vita.

Il secondo, altrettanto importante, ci dice che, perché il processo di sviluppo cerebrale si realizzi bene e vi sia un corretto funzionamento mentale, ogni fase del nostro percorso di vita, da quella nella pancia della mamma alla senescenza, è cruciale.

Giulio Maira è stato fino all’ottobre 2014 professore di Neurochirurgia e Direttore del Dipartimento di Neurochirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A. Gemelli. Dal novembre 2014 è Senior Consultant presso l’Istituto Clinico Humanitas di Milano. È neurochirurgo dello Stato Città del Vaticano, membro di numerose società scientifiche nelle neuroscienze e revisore per le più importanti riviste internazionali di Neurochirurgia. È fondatore e Vicepresidente della Fondazione Atena Onlus ed è autore di 367 pubblicazioni scientifiche in extenso su riviste internazionali. Nel novembre del 2015 ha pubblicato il libro Ti regalo le stelle sulla sua vita professionale.

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