
Come si è articolata la parabola di Paul Marcinkus, il banchiere di Dio?
Marcinkus arrivava dagli Stati Uniti ed era approdato in Vaticano negli anni ‘60 grazie alla conoscenza della lingua inglese, all’epoca poco conosciuta in curia. Grazie all’amicizia con monsignor Pasquale Macchi, segretario particolare di Papa Paolo VI, riuscì ad accedere alle stanze più importanti della Santa Sede. Conobbe Montini e ottenne la sua piena fiducia. Organizzatore dei viaggi papali, durante un viaggio nelle Filippine salvò la vita a Paolo VI (uno squilibrato aveva provato ad accoltellarlo) e da allora divenne anche il “bodyguard” del Papa. Incarico che mantenne anche durante i primi anni di pontificato di Giovanni Paolo II. Ma fu sempre San Paolo VI a nominarlo nel 1971 presidente dello IOR: l’intento di Montini era quello di rompere gli equilibri di potere che si erano creati dentro l’Istituto e la scelta di un outsider come Marcinkus avrebbe garantito un nuovo corso per la banca vaticana. Il prelato americano però non capiva nulla di finanza e si affidò ad altri personaggi, più o meno raccomandabili, fidandosi ciecamente di loro e partecipando alle loro iniziative. Da lì iniziò un percorso drammatico per la Santa Sede, fatto di acrobazie finanziarie, contatti con offshore, legami con la malavita organizzata fino ad arrivare a dei mandati di cattura per Marcinkus e due suoi collaboratori e a uno scontro con lo Stato italiano.
Quali rivelazioni e documenti inediti sulle vicende dello Ior contiene il Suo libro?
Nel volume, che ho scritto dopo oltre un anno di ricerche, racconto degli importanti retroscena sullo IOR di oggi e sulla lotta di Papa Francesco per riformare l’istituto per le Opere di Religione. Inoltre, grazie a dei documenti inediti che ho ritrovato all’interno dell’Archivio personale di Giulio Andreotti, ricostruisco una serie di vicende che vedono protagonista Paul Marcinkus, lo stesso Andreotti, monsignor Donato De Bonis (braccio destro di Marcinkus), monsignor Pasquale Macchi e il cardinale Francis Spellman. Ho trovato anche dei report che venivano inviati all’allora ministro degli esteri Andreotti sulla figura di Marcinkus e sulla trattativa tra Italia e Santa Sede a seguito del crack del Banco Ambrosiano. E poi molta corrispondenza tra il Presidente dello IOR e Giulio Andreotti. Inoltre nell’archivio della Georgetown University di Washington ho trovato interessanti carteggi tra Marcinkus e le autorità giudiziarie americane per delle vicende opache che riguardavano lo IOR. Ho raccolto infine delle testimonianze dirette di protagonisti che vissero quegli anni e che raccontano dei pezzi di storia fino ad oggi mai svelati. Come ad esempio ciò che accadde davvero tra Papa Luciani e monsignor Marcinkus o il percorso di ingenti somme di denaro che dal Vaticano arrivavano in Polonia per finanziare il sindacato Solidarnosc.
È vero che lo Ior si è ormai totalmente rinnovato?
Non c’è dubbio che Papa Benedetto XVI prima e Papa Francesco dopo, hanno fatto tanto per cambiare la conformazione dello IOR. Un rinnovamento è arrivato grazie alle nuove normative sulla trasparenza entrate in vigore in Vaticano, alla legge antiriciclaggio e all’istituzione, sotto la presidenza di Ettore Gotti Tedeschi, dell’A.I.F. l’Autorità d’Informazione Finanziaria, che ha il compito di vigilare sia sulla trasparenza dell’Istituto sia sulle transazioni che avvengono all’interno dello stesso. Da questo punto di vista lo IOR si è molto rinnovato e le cose son cambiate radicalmente rispetto al passato. Purtroppo non è cambiata la mentalità di certe persone che sono ai vertici e che pensano di poter gestire l’Istituto come ai tempi di monsignor Marcinkus. Un esempio: lo statuto dello IOR è ancora fermo al 1990. Papa Francesco aveva chiesto di rinnovarlo anche alla luce delle novità emerse nel corso degli anni (tra cui anche l’istituzione dell’A.I.F.). L’ex direttore generale della banca vaticana, Rolando Marranci, era al lavoro su una bozza di statuto ma alla fine ha lasciato l’incarico qualche anno fa e tutto si è arenato. Da allora è ancora tutto fermo.
Come si è manifestata la volontà riformatrice di papa Francesco nei confronti delle finanze vaticane?
Appena eletto Papa, Francesco ha subito voluto metter mano alle finanze vaticane. In un primo momento era anche tentato di chiudere definitivamente lo IOR ma alla fine ha pensato di lasciar le cose così come sono, creando però altre strutture. Come prima cosa ha istituito due commissioni: una referente sugli enti economico-amministrativi della Santa Sede (la COSEA) e una referente sull’Istituto per le Opere di Religione. Entrambe le commissioni hanno permesso al Papa di avere un quadro chiaro sulle finanze vaticane.
Nel giro di pochi anni ha istituito una “Segreteria per l’Economia”, un super dicastero economico dal quale passano tutte le questioni finanziarie della Santa Sede, un “Consiglio per l’Economia” che lavora fianco a fianco con il dicastero e ha confermato con maggior forza il ruolo dell’APSA, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, come Banca Centrale del Vaticano. Lo IOR rispetto al passato è stato molto ridimensionato ma ha continuato a far parlare di sé: anche di recente, nonostante ormai l’Istituto sia quasi del tutto ripulito, il tribunale vaticano ha condannato a due anni e sei mesi di reclusione per autoriciclaggio un imprenditore romano titolare di un conto corrente acceso presso l’Istituto per le Opere di Religione. Nonostante la buona volontà di Papa Francesco, però, la riforma finanziaria del Vaticano non è mai decollata del tutto. Degli incidenti di percorso hanno rallentato molto le cose, come il congedo del Prefetto del dicastero, il cardinale George Pell, accusato di abusi su minori e rientrato in Australia. Tante cose sono state fatte ma c’è davvero ancora tanto da fare.