“Il capitalismo della sorveglianza” di Shoshana Zuboff

Il capitalismo della sorveglianza, Shoshana ZuboffIl capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri
di Shoshana Zuboff
Luiss University Press

«Il capitalismo della sorveglianza si appropria dell’esperienza umana usandola come materia prima da trasformare in dati sui comportamenti. Alcuni di questi dati vengono usati per migliorare prodotti o servizi, ma il resto diviene un surplus comportamentale privato, sottoposto a un processo di lavorazione avanzato noto come “intelligenza artificiale” per essere trasformato in prodotti predittivi in grado di vaticinare cosa faremo immediatamente, tra poco e tra molto tempo. Infine, questi prodotti predittivi vengono scambiati in un nuovo tipo di mercato per le previsioni comportamentali, che io chiamo mercato dei comportamenti futuri. Grazie a tale commercio i capitalisti della sorveglianza si sono arricchiti straordinariamente, dato che sono molte le aziende bisognose di conoscere i nostri comportamenti futuri. […]

Google ha inventato e perfezionato il capitalismo della sorveglianza in modo molto simile a quello in cui un secolo fa la General Motors aveva inventato e perfezionato il capitalismo manageriale. Google ha avuto un ruolo pionieristico nel capitalismo della sorveglianza sia in senso teorico che pratico, finanziando ricerca e sviluppo, ponendosi all’avanguardia della sperimentazione e dell’implementazione, ma non è più il solo attore in scena. Il capitalismo della sorveglianza ben presto è arrivato a Facebook e a Microsoft. E ci sono prove che suggeriscono che anche Amazon si stia muovendo in questa direzione, in una sfida costante per Apple, sia come minaccia esterna, sia come fonte di dibattito e conflitto interno. […]

Il capitalismo della sorveglianza è composto di quattro parti, ciascuna delle quali, a loro volta, strutturata in quattro o cinque capitoli, più un capitolo conclusivo per riflettere sulle cose appena dette e concettualizzarle. La prima parte si occupa delle basi del capitalismo della sorveglianza: le sue origini e la sua forma originaria. Nel capitolo 2 presenteremo lo scenario che ha visto la sua comparsa e affermazione. È una contestualizzazione di grande importanza, perché per troppo tempo abbiamo accettato spiegazioni superficiali della sua rapida ascesa e del consenso generale riscontrato dalle sue pratiche. Ad esempio, si è parlato di “convenienza” o del fatto che molti dei suoi servizi siano “gratis”. Il capitolo 2 vuole invece esplorare le condizioni sociali che hanno fatto entrare il digitale nelle nostre vite quotidiane e hanno consentito al capitalismo della sorveglianza di attecchire e prosperare. Descrivo la “collisione” tra i processi secolari di individualizzazione che danno forma alla nostra esperienza di individui autodeterminati e l’impervio habitat sociale prodotto da decenni di regime economico neoliberale che schiaccia quotidianamente la nostra autostima e il nostro bisogno di autodeterminarci. Il dolore e la frustrazione derivanti da tale contraddizione sono le condizioni che ci hanno spinto a sbandare verso internet per il nostro sostentamento, e accettare il drastico do ut des del capitalismo della sorveglianza.

La prima parte procede con l’analisi approfondita dell’invenzione del capitalismo della sorveglianza e della sua prima elaborazione, dovuta a Google, a partire dalla scoperta e dai primi sviluppi di quelli che sarebbero diventati i suoi meccanismi fondanti, imperativi economici e “princìpi della dinamica”. Ammessi il talento per l’informatica e l’abilità tecnologica di Google, il suo successo va però soprattutto attribuito all’approccio radicale alla società ammesso dall’azienda stessa […]. Sulla spinta di tali successi, Google e i sempre più numerosi competitor possono godere di un’asimmetria tra conoscenza e potere senza precedenti nella storia dell’umanità. Sostengo che si possano capire meglio tali sviluppi considerandoli la privatizzazione della divisione dell’apprendimento nella società: l’asse cruciale per determinare l’ordine sociale nel Ventunesimo secolo.

La seconda parte segue la migrazione del capitalismo della sorveglianza dal mondo online a quello reale, scaturita dalla competizione per cercare prodotti predittivi in grado di avvicinarsi alla certezza assoluta. Esploreremo questo nuovo business della realtà, che usa come materie prime tutti gli aspetti dell’esperienza umana e li utilizza come obiettivi per ottenere dati comportamentali. Questa operazione in genere viene spacciata per “personalizzazione”, un modo di camuffare un’estrazione che va a pescare nei recessi più profondi della vita quotidiana. Con l’intensificarsi della competizione, i capitalisti della sorveglianza imparano che lo sfruttamento dell’esperienza umana non basta. Le materie prime più predittive si ottengono intervenendo sulle nostre esperienze per orientare il nostro comportamento a favore degli obiettivi economici dei capitalisti della sorveglianza. I nuovi protocolli automatizzati sono progettati per influenzare e modificare il comportamento umano, per renderlo un mezzo di produzione subordinato a mezzi di modifica del comportamento sempre nuovi e più complessi. […]

La seconda parte termina con una riflessione sulla nostra storia passata e futura. Se il capitalismo industriale ha distrutto l’ambiente in modo tanto pericoloso, che danni può fare il capitalismo della sorveglianza alla natura umana?

La terza parte esamina l’ascesa del potere strumentalizzante; la sua espressione in un’infrastruttura onnipresente, senziente, interconnessa e computerizzata che io chiamo il Grande Altro, e la nuova visione profondamente antidemocratica della società e dei rapporti sociali che ne derivano. Sostengo che l’ideologia strumentalizzante sia un tipo di potere che non ha precedenti e che finora è riuscito a non farsi comprendere per via della sindrome della “carrozza senza cavalli”. […] L’ideologia strumentalizzante e la sua materializzazione nel Grande Altro indicano che il mercato sta diventando un progetto di certezza totale, un’impresa impossibile fuori dal regno digitale e dalla logica del capitalismo della sorveglianza. Trovando la giusta terminologia per il potere strumentalizzante, lo analizzo ed esploro le sue origini intellettuali nella prima fisica teoretica e la sua evoluzione nel lavoro del comportamentista radicale Burrhus F. Skinner.

La terza parte segue la seconda fase di cambiamento del capitalismo della sorveglianza: la prima è stata la migrazione dal mondo virtuale al mondo reale; la seconda è uno spostamento del focus dal mondo reale al mondo sociale, con la società stessa che diviene oggetto di sfruttamento delle risorse e di controllo. Così come la società industriale era concepita come un macchinario ben funzionante, la società strumentalizzata viene immaginata come Ja simulazione umana di un sistema di macchine in grado di apprendere: una mente alveare nella quale ogni elemento impara e opera in concorso con gli altri. La confluenza verso tale modello porta a subordinare la “libertà” di ogni singola macchina alla conoscenza del sistema nel suo complesso. Il potere strumentalizzante ha l’obiettivo di organizzare, irreggimentare e regolare la società per ottenere una simile confluenza sociale, nella quale la pressione del gruppo e la certezza computazionale sostituiscono politica e democrazia, annullando la percezione della realtà e la funzione sociale delle vite degli individui. I membri più giovani delle nostre società già vivono molte di queste dinamiche distruttive nel loro attaccamento ai social media, il primo esperimento globale nell’alveare umano. In seguito prendo in considerazione le implicazioni di tali sviluppi in relazione a un altro diritto naturale: il diritto al santuario. Il bisogno di uno spazio che possa essere un rifugio inviolabile è presente nelle società civilizzate fin dall’antichità, ma ora subisce l’attacco del capitalismo della sorveglianza, che cerca di creare un mondo “senza uscita”, con profonde implicazioni per il futuro dell’umanità al cospetto di queste nuove frontiere del potere.

Nel capitolo finale concludo che i modi nei quali il capitalismo della sorveglianza si distacca dalla storia del capitalismo sono sorprendenti, visto che richiede una libertà senza ostacoli e la conoscenza totale, lasciandosi alle spalle il patto di reciprocità del vecchio capitalismo con le persone e la società, e imponendo una visione collettivista e totalizzante della vita nell’alveare, con i capitalisti e il loro clero nei ruoli di controllo e supervisione. Il capitalismo della sorveglianza e il suo sempre crescente potere strumentalizzante superano le storiche ambizioni capitalistiche per perseguire il dominio su territori umani, sociali e politici che vanno ben oltre l’usuale terreno istituzionale di un’azienda privata o del mercato. Di conseguenza il capitalismo della sorveglianza può essere descritto come una presa del potere dall’alto, attraverso un rovesciamento non dello Stato, ma della sovranità individuale: una forza preponderante nella pericolosa deriva anti-democratica che sta minacciando le democrazie liberali occidentali.»

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