
La donna è il fulcro del mistero, della società e del suo contesto, in tutta la storia dell’arte. La sua immagine è il luogo della conoscenza e la sua essenza è anche il soggetto protagonista dei grandi amori degli artisti. La Ninfa, ad esempio, è la donna di cui si è innamorato Aby Warburg, come si legge nelle sue corrispondenze. La Ninfa svolazzante rappresentata dal Ghirlandaio lo attrae e lo porta a cercarla in ogni epoca, in ogni rappresentazione artistica, e così nasce l’iconografia contemporanea, grazie a una donna, e tramite una donna. Una donna antica, che arriva dall’arte greca e classica. Una menade danzante, una donna libera e folle. Lo sguardo nella storia dell’arte è spesso maschile. Come sappiamo, la storia dell’immagine è costruita dagli occhi degli uomini, poiché sono poche purtroppo le donne che hanno potuto esprimersi con l’arte. La realtà attualmente è diversa, la donna è più presente negli ambiti creativi, ma anche le campagne pubblicitarie – si deve ammettere – sono scattate soprattutto da fotografi uomini. E quindi noi conosciamo la donna maggiormente dagli occhi dell’uomo. Ma le donne sono protagoniste anche perché le pubblicità hanno come target le donne stesse, e le donne si rispecchiano nelle immagini rappresentate e create dai brand e dai fotografi di moda.
Il mio libro intende raccontare e approfondire proprio queste tematiche, attraverso il mio lavoro di ricerca dedicato alle campagne pubblicitarie dei maggiori brand di abbigliamento di luxury-prêt-à-porter italiani nel quinquennio 2010 – 2015: Prada, Gucci, Giorgio Armani, Ferragamo, Bottega Veneta, Dolce e Gabbana, Roberto Cavalli. Il risultato di questa mia ricerca è interessante poiché pone dubbi e questioni sul ruolo femminile nella società contemporanea, in cui tutti noi viviamo. Uomini e donne. Perché la questione femminile nel sociale e nell’immagine riguarda sia gli uomini che le donne, e questo bisogna sempre sottolinearlo.
Il mio libro si posiziona dunque in diversi ambiti di ricerca: iconografia, storia dell’arte, pubblicità, comunicazione, sociologia, gender studies, moda.
Quale donna viene raccontata da Linda Nochlin?
Il libro Representing Women (Thames and Hudson, 1999), di Linda Nochlin, è una raccolta delle ricerche e delle lezioni svolte della docente americana. Questa raccolta è stata preziosissima per me, per approcciare e affrontare la tematica del femminile nella Storia dell’Arte. Linda Nochlin nelle sue ricerche si occupa soprattutto dell’iconografia femminile nella pittura dell’Ottocento: Théodore Géricault, Francisco Goya, Mary Cassatt, Georges Seurat, Edgar Degas, Gustave Courbet sono alcuni dei pittori che analizza. In più si concentra su alcuni archetipi o miti femminili, come la donna guerriera, la donna assente, la donna di colore, la donna lavoratrice. Un lavoro meraviglioso, che apre la mente e permette di imparare a guardare le opere con una tenacia e una attenzione estreme, sempre seguendo il metodo di analisi iconografico.
Questi miti femminili li ho ritrovati preponderanti anche nella mia analisi di campagne pubblicitarie contemporanee. E questa è la magia: l’arte nei secoli, nelle diverse forme, ha come un dna comune, una struttura intangibile e presente. E su questi miti e archetipi, ho strutturato e creato anche i miei nuovi miti femminili, cercando nell’arte di ogni tempo le immagini femminili che più ritornano nella nostra contemporaneità.
Quali riflessioni teoriche hanno accompagnato la presenza della donna nella pubblicità?
Le riflessioni teoriche sulla pubblicità sono tante. Ma, quando ho dovuto decidere come strutturare la mia ricerca di dottorato, mi sono accorta che non c’era tanto lavoro sulle campagne pubblicitarie guardate e analizzate con l’occhio dello storico dell’arte. Vi erano studi sociologici, antropologici. Ma non puramente semiotici, storico artistici e iconografici. E la cosa mi ha stupito. Mi sono accorta dunque che avrei potuto essere utile portando la mia formazione di storica nell’arte nell’ambito della comunicazione, per far comprendere quanto in realtà la storia dell’arte accademica non sia qualcosa di intoccabile, puramente intellettuale e lontano dall’essere umano, ma al contrario quanto sia struttura inconscia del nostro “dna visuale”. E questo vale ovviamente anche per i fotografi di moda che sono prima di tutto grandi conoscitori di storia dell’arte e di iconografia, di storia dell’immagine e di semiotica. Ho voluto inoltre far comprendere quanto la storia dell’arte sia anche scientifica, con il metodo warburghiano ad esempio, e quanto possa essere utile alla costruzione di una società, delle sue iconografie contemporanee. Delle identità di coppia, di multiculturalità, di genere.
Per quanto riguarda i testi teorici che mi hanno accompagnata in questo lavoro di ricerca posso citare ovviamente Marshall McLuhan, Roland Barthes, Erving Goffman con il suo illuminante Gender Advertisements (Harper and Row Publishers, 1979), Aby Warburg, Linda Nochlin, Gilles Lipovetsky, Erwin Panofsky, e tanti, tantissimi altri. Devo dire che per poter affrontare l’analisi iconografica delle immagini, la prima fase di studio, di lettura, di preparazione bibliografica è stata davvero immensa e intensa.
Per quanto riguarda le ricerche contemporanee sulla moda e sulla comunicazione dei “corpi di moda” e degli archetipi femminili nella fotografia di moda mi sono concentrata – ad esempio – sui lavori di Roberto Grandi (R. Grandi in A. Abruzzese, N. Barile, Communifashion, Luca Sossella Editore, Roma, 2001) e di Federica Muzzarelli (Icone di Moda. La costruzione fotografica del mito, Einaudi, Torino, 2013).
Quali archetipi femminili si rinvengono nella fotografia di moda?
Quando ho iniziato l’analisi delle immagini, ho dovuto per prima cosa fare un campionamento delle stesse. Ho scelto i brand, selezionati da una ricerca Pambianco del 2014 che sottolineava quali fossero i marchi di luxury prêt-à-porter italiani di abbigliamento di maggiore fatturato. Nelle prime posizioni c’erano: PRADA, GUCCI, GIORGIO ARMANI, FERRAGAMO, BOTTEGA VENETA, DOLCE E GABBANA, ROBERTO CAVALLI). Gli anni scelti sono stati cinque (2010 – 2015), le campagne pubblicitarie erano quelle di Primavera Estate e Autunno Inverno di ogni anno, quindi ho dovuto analizzare ottantotto immagini fotografiche. Per ogni immagine ho creato una ricerca iconografica nel tempo, come quella che aveva realizzato nel suo Atlante Aby Warburg, con la sua Ninfa. In primo luogo ho ricercato gli archetipi citati da Federica Muzzarelli – Donna Diva, Donna Esotica, Donna Androgina – e i “Corpi di Moda” di Roberto Grandi – corpo naturale e artificiale, corpo sfocato e corpo frammentato, corpo scheletrico, corpo e ambiguità di gender, corpo alterato, corpo cosa e corpo mutante, corpo virtuale, corpo dissolto.
Dopo aver rintracciato nelle immagini prescelte questi archetipi e corpi di moda, ho iniziato a nominare io altri archetipi femminili ritrovati, in base ai richiami iconografici della Storia dell’Arte: La Donna Danae, La Donna “Sola et Pensosa” Preraffaellita, La Donna Doppia, La Donna Accogliente, La Donna in Estasi e tantissimi altri. Dunque ho approfondito ulteriormente l’immagine femminile delle campagne pubblicitarie, andando alla radice dell’immagine iconografica, analizzando la donna citata, e studiandone l’immagine contemporanea. I miei nuovi corpi di moda, e i miei nuovi archetipi rintracciati nella mia analisi, sono una scoperta interessante per comprendere, in generale, l’immagine femminile veicolata dalle campagne pubblicitarie di moda dei brand di lusso italiani di questi anni.
Come si è evoluta l’iconografia sulla donna, dall’archeologia dell’immagine sino al linguaggio fotografico, sociale e pubblicitario dei nostri giorni?
Visto il risultato della mia ricerca, non mi sento di parlare di evoluzione. O almeno, non nella maggior parte dei brand. Ma i risultati, e tutti i miei nuovi corpi e archetipi non li dico. Spero leggiate il libro e che siate curiosi di scoprirlo da voi. Perché il risultato di una ricerca è un viaggio complesso, e soprattutto è capace di porre nuove domande e questioni, dubbi e misteri, a ogni lettore. Qualcosa è cambiato, qualcosa è rimasto lo stesso, qualcosa cambierà. Ma la coscienza dell’unione dell’immagine con la società, e soprattutto la capacità critica di osservare, di analizzare e di indignarsi per alcune iconografie maschiliste o in generale sessiste, o razziste, sono il primo passo per una società cosciente e capace di guardare. La Storia dell’Arte, come insegno ai miei studenti, ha a che fare, per prima cosa, con l’imparare a guardare. E imparare a guardare con criticità e con consapevolezza le immagini che ci circondano può essere un ottimo inizio per creare uomini e donne più sicuri di loro stessi. Meno confusi e più sereni nel rapporto con il loro “corpo”, con il loro “mito” e con i loro “archetipi”. Che sono sì eterni, ma si possono cambiare e migliorare. La Storia dell’Arte e lo studio delle immagini sono sicuramente un metodo ottimo e profondo per riconoscere le strutture sociali della contemporaneità.
Federica Maria Marrella, classe 1986, storica dell’Arte, dopo una Laurea Specialistica in Storia dell’Arte e Archeologia, ha conseguito nel 2016 un Dottorato di Ricerca in Comunicazione e Nuove Tecnologie all’Università IULM di Milano. La tesi di ricerca, Iconografie del Consumo, La costruzione dell’Immagine femminile tra moda arte e pubblicità, è stata pubblicata nel 2019 da Aracne Editrice. Da gennaio 2016 è educatrice museale e docente di Storia dell’Arte e Lettere. Da ottobre 2016 ha aperto il suo blog personale di arte, poesia e letteratura Pages, Canvas and Soul: www.federicamariamarrella.com