
Nel Suo testo, Lei definisce il calcio “la nazione più potente che sia mai apparsa nella storia ed un elemento essenziale della geopolitica“: in che modo il calcio influenza gli equilibri internazionali?
Oggi il riconoscimento della Fifa di una nazionale di calcio specie per quelle che hanno alle spalle un’entità statale giovane o addirittura non ancora ammessa nel consesso internazionale vale più del sigillo dell’Onu. Pensiamo a quello che è appena accaduto al Kosovo e a quello che dovrà prima o poi avvenire con la Palestina. Inoltre l’organizzazione di un mondiale di calcio rappresenta un volano per i paesi che li ospitano. Non a caso le grandi potenze che stanno colonizzando il calcio, Russia, Paesi del Golfo, Stati Uniti e Cina si sono accaparrate le edizioni della manifestazione dal 2018 al 2030.
Come si articola il governo del calcio?
La Fifa è, o per meglio dire dovrebbe essere, un ente autonomo, così come le organizzazioni continentali e le Federazioni nazionali che alla Fifa sono subordinate. Questa piramide dovrebbe essere assolutamente autoreferenziale dal mondo politico. Ma questa indipendenza è sempre più in crisi, come dimostra l’intervento dell’Fbi americana che per punire illeciti o presunti tali commessi dai funzionati Fifa hanno di fatto rovesciato i vertici Fifa, da Blatter a Platini. I quali, ricordiamolo, non sono stati condannati da nessun tribunale ordinario.
Come ricorda nel Suo testo, il calcio è sempre stato oggetto di manipolazioni nel corso della Storia: vuole ricordarci qualche esempio di uso politico del calcio?
Si può ricordare la Nazionale italiana bicampione mondiale negli anni Trenta, egemonizzata dal regime fascista, o l’Argentina del 1978, vincitrice del torneo casalingo, organizzato per osannare la Dittatura dei Generali. Negli anni Novanta la compenetrazione tra Calcio e Politica ovvero la manipolazione del calcio come strumento di partiti o movimenti politici ha avuto manifestazioni eclatanti. Il legame tra i successi sportivi del Milan e l’affermazione di Forza Italia è stato fondamentale per Silvio Berlusconi. Emulato, più o meno proficuamente, sia in Europa che fuori. Non di rado poi il calcio è stato l’incubatore di fenomeni violenti, come nella ex Jugoslavia.
Quali sono, a Suo avviso, alcune possibili soluzioni per questo processo di degenerazione?
Più che di degenerazione parlerei di evoluzione del calcio, in qualche modo ineluttabile. Golobalizzazione, innovazione tecnologica e una politica sempre più mediatica sono alla base di questo processo in cui l’Europa da regno incontrastato del calcio e della politica calcistica rischia di diventare il vaso di coccio del calcio mondiale e una sorta di parco giochi delle nuove grandi potenze. E l’Italia oggi è il territorio più debole della vecchia Europa.
Quale sarà, sempre a Suo avviso, il futuro del calcio?
Un calcio sempre più globalizzato è già il presente, ma lo sarà sempre più in futuro. L’ultimo gigante addormentato a risvegliarsi sarà l’India. La vera sfida sarà difendere l’autonomia del calcio dalla politica e assicurare una guida sempre più trasparente e democratica della Fifa.