I Vangeli apocrifi

Vangeli apocrifiI Vangeli apocrifi
a cura di Marcello Craveri
Einaudi

«L’aggettivo apocrifo, attribuito a uno scritto di contenuto religioso (Vangelo, Atto, Epistola, Apocalissi ecc.) è considerato sinonimo di «non autentico», «erroneo», «eretico» in contrapposizione a canonico che significherebbe, invece, «autentico», «veritiero», «ispirato». In realtà il vocabolo greco ϰανών significa letteralmente «asta», «bastone», e in particolare «regolo per misurare». Con questo significato tecnico, nel mondo ellenico serviva a indicare la «misura», quindi la «regola e norma» perfetta, sia in arte, sia in musica, sia in letteratura e anche nella sfera dell’attività morale e religiosa. Di qui è passato al cristianesimo. Nel Nuovo Testamento appare soltanto in due passi delle lettere di Paolo, in uno col valore di «misura», nell’altro col valore di «regola, norma». La patristica lo ha accolto in questa seconda accezione e, a partire dal IV secolo, facendo la Chiesa della propria autorità il criterio infallibile di giudizio dell’ortodossia, ϰανών è stato usato anche per designare decreti conciliari o sinodali, norme disciplinari o giuridiche, momenti della liturgia, parti della messa, elenchi di membri del clero, e infine cataloghi di libri religiosi di cui si autorizzava l’uso. Per contrapposto, gli scritti esclusi dal catalogo erano definiti apocrifi.

Ἀπόϰρυφоς vuol dire «segreto», «nascosto», e nella terminologia religiosa indicava i libri segreti, rivelatori di verità occulte non facilmente assimilabili dalle masse dei fedeli e destinati perciò all’istruzione superiore degli iniziati, adepti di una setta. Nell’ambiente cristiano l’aggettivo fu inizialmente usato non in corrispondenza dell’elaborazione del canone, ma per definire i testi gnostici che si servivano di un linguaggio ermetico, ricco di simbolismi e di criptogrammi. Rifiutando, in parte, l’interpretazione gnostica del messaggio di Gesù e della sua persona, i Padri della Chiesa attribuirono al termine apocrifo, con cui gli stessi gnostici designavano le loro opere, il significato di spurio, bastardo e falso. Poi l’aggettivo venne indiscriminatamente esteso, nell’accezione dispregiativa, a tutti i testi sospetti di eresia o, comunque, non conformi alla «norma» dottrinale ufficialmente riconosciuta, ovvero a tutti gli scritti religiosi extracanonici, anche preesistenti alla formazione del canone stesso.

«Ma ciò che intendiamo subito chiarire è che, essendosi formato il canone mediante una scelta tra un certo numero di opere, quelle che esistevano fino a tale data avevano goduto pieno e legittimo diritto di cittadinanza. Il processo di illegittimità, se mai può essere intentato soltanto agli scritti che hanno visto la luce dopo la costituzione del canone», dichiara Marcello Craveri, il curatore di questa grande raccolta di Vangeli apocrifi.

I Vangeli apocrifi sono, in realtà, una delle testimonianze più vive del cristianesimo primitivo. Qui i cristiani riversano tutto il loro ingenuo bisogno di conoscere del proprio Salvatore e Maestro più di quanto i quattro Vangeli canonici non dicano. Così l’infanzia di Gesù nella casa di Nazareth, dopo i prodigi della sua nascita, o i misteri che accompagnarono e seguirono la sua morte, ci arrivano attraverso l’elaborazione di una fantasia ricca di tutta la tradizione orientale ed ellenistica, con la freschezza di un mondo nuovo sorgente sulla decadenza dell’antico. La letteratura popolare di tutti i tempi ha trovato tra questi testi molte delle sue pagine migliori. L’arte figurativa cristiana, l’agiografia, la novellistica medievale hanno largamente attinto a questi racconti, ripetendone i motivi e imitandone gli atteggiamenti. Una sorta di cristianesimo «sotterraneo» traboccante di bisogni umani, di speranze e di candida forza creativa si muove sotto queste pagine che attingono non di rado alla commovente bellezza dell’arte.»

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