
Qual è l’importanza dell’ascolto?
Probabilmente è curioso che in un libro o in una conversazione sulla comunicazione si parli di ascolto. Comunicare, tecnicamente, significa agire con gli altri, parlando, scrivendo etc. Invece, non solo l’ascolto è sinonimo di rispetto ed educazione, ma io credo sia la nuova leva di vendita dagli anni 2000 in poi. Quando imparavamo a vendere negli anni 90, ci insegnavano a parlare in modo quasi logorroico, ad attaccarci alla giugulare del cliente per mordere e non mollare finché questi, esausto, non firmava il contratto. Oggi, questo tipo di vendita fa ancora un po’ di fatturato e molti adepti, ma io non ci credo più da anni. È l’ascolto la chiave. Perché ascoltando il mio interlocutore non sento solo ciò che mi dice, che spesso è inutile, ma analizzo con attenzione il modo in cui me lo dice. Sarò, dunque, in grado di proporgli il mio prodotto o servizio attraverso le caratteristiche comunicative che gli sono proprie e non solo quelle idonee al mio modo di comunicare. Lo trovo anche molto più etico. Ti ascolto davvero per conoscerti meglio e così mi metto nel tuo punto di vista. Il mondo sarebbe un posto migliore, scrivo nel mio libro, se tutti praticassero questa strategia.
Come è possibile creare empatia con l’interlocutore?
La domanda è davvero interessante, ma anche molto complessa. La riposta è difficile da sintetizzare in poche righe. Tuttavia, proviamo a citare almeno le parole chiave coinvolte: sicuramente l’ascolto, appena descritto. Poi, il punto di vista. E in questo i neuroni specchio ci possono aiutare tanto. Quanto più sono in grado parlando e ascoltando di mettermi nel punto di vista di chi ho davanti, tanto più egli sarà disponibile a darmi la sua attenzione, merce davvero rara ultimamente. Poi, il linguaggio del corpo, che dev’essere sempre aperto e non deve mai ostacolare la comunicazione. La voce, che dovrebbe fotocopiare le caratteristiche della voce che ho di fronte e, infine, le “hot words”, le cosiddette parole calde ovvero termini e tic linguistici che una persona utilizza più di altri. Notarli e fotocopiarli aiuta il suo cervello ad aprirci le porte. Come vedete, non parlo quasi mai di contenuto. È la forma, bellezza.
In che modo è possibile capire le emozioni dell’altro, prevederle e addirittura sentirle sulla propria pelle?
In questa domanda sono condensate tre teorie diverse. Da una parte intelligere l’emozione altrui, ci insegnava Goleman, è strategico per entrare in connessione con l’altro. Osservazione innanzitutto. Di se stessi e degli altri. Poi, prevedere quelle emozioni, ci suggerisce Leil Lowndes, ovvero una volta che capisco le tue emozioni, cerco di prevedere le tue, stando molto attento a cosa ti dico e soprattutto al come te lo dico. Infine, sentire sulla propria pelle significa empatia. Empatia ha nel suo etimo la parola greca pathos, che significa sofferenza, passione. Provare empatia vuol dire entrare in risonanza emotiva con una persona. I neuroni specchi spiegano perché, vedendo un bambino povero e sporco da solo per strada, proviamo un senso di pena. Io non conosco il suo dolore e la sua sofferenza, ma le sento su di me. Si tratta, in definitiva, di studiare e utilizzare il processo di immedesimazione che scatena in ogni persona emozioni diverse. Questo è alla base del mio libro quando parlo di punto di vista altrui.
Quali altre strategie è necessario adottare per essere efficaci e persuasivi in ogni occasione?
Beh, sono tante. Innanzitutto distinguersi. Più riesco a distinguermi secondo il mio stile e più ho probabilità che la gente si ricordi di me in un mondo davvero tanto inflazionato. Poi, l’aspetto linguistico è fondamentale. Nel mio primo libro “Occhio, ti manipolo!”, ed. Gaffi, 2013, racconto anche di come utilizzare una certa voce, di dove mettere le mani, gli occhi, della postura corretta per essere persuasivi. L’efficacia in comunicazione è una chimera che non si raggiunge mai, ma il cui inseguimento rende la vita decisamente più interessante. Comunichiamo Amici, non è mai abbastanza!