
Se queste monete erano odiose, non di meno lo erano anche la croce, i chiodi, la corona di spine, la colonna della flagellazione e tutti gli altri strumenti della Passione, i cui resti materiali, però, divennero reliquie ricreando in tutta la Cristianità l’ambientazione della Passione di Cristo, fisica e mentale. Era una materialità cristiana in cui il devoto poteva cercare di identificarsi con le sofferenze di Cristo. I pellegrini in Terrasanta vedevano e toccavano i luoghi della Passione, ma una volta a casa potevano cercare di replicare questi luoghi. Così sorsero i Sacri Monti, ed un denaro di Giuda è documentato al Sacro Monte di Varese.
Ho inseguito la storia di queste monete per molti anni e questo libro esce dopo una ricerca lunga e faticosa.
Ne ho individuati oltre cinquanta a Rodi e poi Malta, a Roma, Parigi, Sens, Valencia fino a Uppsala: molti sono oggi scomparsi ma se ne trova documentazione sufficiente per identificare il tipo di moneta. In gran parte erano monete greche dell’antica zecca di Rodi databili tra IV e II secolo a.C. (di questo tipo è l’esemplare sulla copertina, conservato in uno splendido reliquiario a Nin in Croazia). Tra gli esemplari ancora esistenti vi sono un decadrammo di Siracusa e un dirham mamelucco. Si direbbero reliquie ‘impossibili’…
Quale ricca tradizione agiografica si sviluppò sui denari di Giuda a partire dalla fine del XII secolo?
Il mondo delle reliquie è un mondo fantastico e sostenuto da narrazioni e leggende altrettanto fantastiche: esiste quindi anche una agiografia del Trenta denari. La leggenda si definì alla fine del XII secolo con due tradizioni, orientale e occidentale, che nelle linee generali coincidono (se ne parla nel quarto capitolo e, più in dettaglio, nell’appendice di fonti curata da Francesco D’Angelo, al quale sono molto grata). Secondo questa leggenda i Trenta denari sarebbero stati coniati dal padre di Abramo e poi sarebbero stati usati in quasi tutte le transazioni bibliche. All’inizio erano d’oro e così li ritroviamo nelle mani dei Re Magi che le offrirono a Gesù Bambino; nella fuga in Egitto la Madonna lì perse ma furono poi ritrovati e per vari percorsi finirono nel tesoro del Tempio e qui (d’argento!) furono prelevati per essere consegnati a Giuda. Sempre insieme e mai separati, i Trenta denari erano destinati ad una lunga vita sacra che il medioevo assicurò loro riproponendoli come reliquie individuali. Va anche detto con un sorriso che le monete sono solide e praticamente indistruttibili e si potevano facilmente replicare tramite impronte e riproduzioni in metallo. Credo che ce ne fossero stati veramente migliaia di esemplari in tutta Europa e spero che il mio libro possa sollecitare le ricerche e farne emergere altri. Del resto, potenziali reliquie che in partenza erano 30 si prestavano facilmente alla moltiplicazione senza sospetti, come i denti di santa Apollonia!
Quale dibattito si sviluppò agli inizi del Cinquecento circa l’identificazione dei Trenta denari come sicli ebraici?
Questa domanda tocca un tema delicato che riguarda la storia della ricerca antiquaria, lo sviluppo degli studi biblici, le polemiche tra cattolici e protestanti e le posizioni antigiudaiche. Non mi ero mai occupata di storia degli ebrei prima di questo libro e mi hanno davvero colpito le parole di Lutero e molti altri contro gli ebrei.
Nel Quattrocento, epoca d’oro della diffusione di esemplari dei Trenta denari, non venivano poste troppe domande e si accettava quanto proposto dalle guide dei santuari (e va detto che non tutti i devoti avranno visto da vicino le monete). Nel Cinquecento divenne più matura la conoscenza delle monete antiche, specialmente romane e poi anche ebraiche e greche, ed anche gli studi biblici approfondirono l’indagine. Alcuni studiosi, anche cattolici, cominciarono ad asserire che i Trenta denari avrebbero dovuto essere sicli ebraici e in tal modo annullavano la veridicità degli esemplari di Roma in Santa Croce in Gerusalemme, di Oviedo e di Parigi che erano didrammi di Rodi. L’accanita battaglia tra i fautori dei sicli giudaici e i fautori delle monete di Rodi è sorprendente perché, soffermandosi sul tipo di moneta usata nella transazione, gli studiosi di entrambi i fronti perdevano di vista la narrazione del Vangelo e dimenticavano del tutto un importante attore della storia: il vasaio, il quale avrebbe intascato le trenta monete vendendo ai sacerdoti il campo per seppellire gli stranieri. Tra tutti i testi da me esplorati, soltanto nel 1740 ho trovato il primo riferimento al ruolo del vasaio, nei diari di un viaggiatore tedesco protestante che ridicolizzava le reliquie di Santa Croce in Gerusalemme, e non solo i Trenta denari.
Quale significato assunsero i Trenta denari come reliquie oggetto di devozione?
Come prezzo del tradimento i Trenta denari erano parte delle vicende che portarono alla Passione e poi alla Redenzione e alla Salvezza. Erano presenti nelle ambientazioni sacre, esposti nella liturgia del Venerdì Santo, a volte anche con la distribuzione di impronte in cera che permettevano poi la replica tramite la realizzazione di riproduzioni in metallo, Il capitolo 5 è dedicato all’iconografia e al modo in cui i Trenta denari furono raffigurati tra gli strumenti della Passione specialmente nel Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, in scene di Cristo in Pietà e Messa di San Gregorio: sono grata a Cecilia Palombelli di Viella per aver accettato di riprodurre tutte le immagini da me proposte e di realizzare un inserto a colori perché alcune sono veramente sorprendenti e commoventi. E mi sembra anche rilevante osservare nel tempo il ruolo di questi Trenta denari e la raffigurazione progressivamente sempre più grottesca di Giuda, parallelamente al crescere delle manifestazioni antigiudaiche in Europa.
Con la diffusione della stampa le immagini di Cristo in Pietà con gli strumenti della Passione si diffusero anche a basso costo aiutando la devozione privata.
Ne troviamo esemplari non solo in molte chiese che conservavano importanti reliquie di Cristo, come Oviedo e Santa Croce in Gerusalemme a Roma, ma anche in piccole chiese.
La fase finale dell’esistenza materiale dei Trenta denari come reliquie vede il prevalere del pensiero razionale ed anche, a volte, il modo in cui la Chiesa cattolica ha cercato di risolvere il problema di reliquie non credibili.
Quali domande suscita la storia della Passione e quale ruolo vi ebbero le monete?
Nel grande mistero della Passione la presenza delle monete può sembrare un mistero ulteriore, ma in realtà non fa che sottolineare la centralità della moneta in tutte le relazioni e vicende umane, anche in rapporto al divino.
Teologi filosofi economisti antropologi e storici si sono occupati del Dio Denaro, tema che suscita sempre nuovi interrogativi. La moneta, molto prima dell’invenzione delle monete metalliche, è un’istituzione umana e quindi è utile osservare come gli uomini e le donne del passato utilizzarono la moneta, in tutte le sue forme, incluse le monete metalliche. Spesso infatti si guarda alla moneta dall’alto e si presta raramente attenzione alle monete metalliche che sono state e ancora sono vicine all’esperienza umana più semplice.
Le monete metalliche erano presenti in tutti i contesti della vita umana, non solo per il mercato o il pagamento delle tasse. Negli ultimi anni mi sono dedicata allo studio degli usi rituali delle monete e ho trovato anche monete reliquie dotate di indulgenza con bolla pontificia, ancora esistenti in diverse chiese. La ricerca archeologica ha rilevato la presenza di monete in contesti rituali, come nelle fondazioni di edifici, e monete furono perfino deposte nella tomba di San Francesco d’Assisi, il santo che aveva proibito ai frati di accettare monete in elemosina. L’esistenza materiale dei Trenta denari di Giuda si inserisce nel quadro degli usi rituali e devozionali delle monete ai quali dedico il primo capitolo. Se da un lato vediamo la moneta cattiva e pericolosa per l’anima (così riflessa nella regola di San Francesco d’Assisi) dall’altro troviamo la moneta con capacità taumaturgiche e benefiche, perfino miracolose.
La moneta di per sé non è male né bene: è uno strumento fondamentale che le società umane escogitarono per fissare unità di valore e misura, e trovare una forma di ‘linguaggio’ comune. Trenta denari furono il valore che Giuda accettò come prezzo per consegnare Cristo, ed era un valore piuttosto esiguo, il che tradisce l’incompetenza di questo discepolo che non seppe capire l’immenso valore del Maestro.
In questa storia sacra l’importanza simbolica e materiale della moneta emerge grazie a una reliquia unica che ho scelto per chiudere il libro: si tratta della pietra monumentale su cui i Trenta denari “furono pagati” a Giuda, contati uno per uno, e questa pietra poggia su quattro colonne alte come la misura fisica di Cristo (SIC). Qui si visualizza in un solo momento il prezzo di Cristo tradotto nella sua misura umana. Così volevano credere nel medioevo e oltre, e non è male riflettere su questo ancora oggi …
Lucia Travaini insegna presso il Dipartimento di Studi Storici dell’Università Statale di Milano. Tra le sue pubblicazioni: Medieval European Coinage, vol.14. South Italy, Sicily, Sardinia (con Philip Grierson, Cambridge 1998); La monetazione nell’Italia normanna (Roma 1995; 2a ed. ampliata Zürich-London 2016); Monete mercanti e matematica (Roma 2003; 2a ed. ampliata Milano 2020). Ha curato Le zecche italiane fino all’Unità (Roma 2011: Prix Duchalais 2014, Paris). Tra i riconoscimenti ricevuti, l’Annual Medal 2012 della Royal Numismatic Society, London.