
Il «territorio culturale» è il risultato di un’analisi congiunta di tutta una serie di variabili connesse alla domanda e all’offerta generate dal turismo culturale e dai luoghi/beni che ha permesso di definire, mediante approssimazioni successive, le aree di massima concentrazione e fruizione del patrimonio culturale italiano.
A livello operativo i territori culturali sono stati definiti a seguito della costruzione di un database a scala comunale grazie al quale è stato possibile rappresentarli sul territorio mediante la realizzazione di specifici cartogrammi contenti cluster via via più complessi. È stata pertanto realizzata una mappatura dei luoghi e dei beni culturali italiani legando variabili di tipo statistico, turistico e culturale implementando le banche dati ISTAT e MIBACT con altri dati non ufficiali ma strettamente connessi all’offerta del patrimonio culturale italiano (ad esempio Bandiere arancioni, Borghi più belli, castelli di q-Viaggi).
Come si è evoluto il concetto di bene culturale nel nostro Paese attraverso la legislazione?
Il primo provvedimento organico in materia di beni culturali si può far risalire a una legge dello Stato Pontificio all’inizio dell’Ottocento anche se si è dovuto attenere il 2004 per l’entrata in vigore del “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. Si può pertanto affermare che il tema dei beni culturali non è certamente nuovo e che nel corso del tempo sia stato oggetto di attenzione crescente da parte del legislatore italiano (anche sulla scia di quello che a partire dagli anni Settanta stava avvenendo nel contesto internazionale) che ha via via riconosciuto la “strategicità” del settore.
La definizione di bene culturale ricade in quella più ampia di patrimonio, a sua volta suddiviso in culturale e naturale tangibile e intangibile, generato localmente e che una generazione trasmette a quella successiva con il proposito di preservare, continuare e accrescere tale eredità. Se in passato il fine quasi esclusivo della legislazione sui beni culturali era la tutela oggi è certamente necessario associare tale concetto ai termini fruizione e valorizzazione come ben specificato nei titoli I e II del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Quale connubio esiste tra turismo e beni culturali?
È ormai ben noto come beni culturali e turismo siano oggi fenomeni sempre più complementari dal punto di vista sociale ed economico: il fatto che l’Italia abbia unito in un unico Ministero la competenza sui beni culturali e sul turismo è stato indubbiamente strategico, anche se è chiaro che la crescita del turismo non deve essere vincolata ai beni culturali benché ne rappresenti una risorsa cruciale.
È infatti importante tener presente che i beni culturali stimolano solo una parte della domanda e dell’offerta turistica: la presenza in un territorio di un consistente patrimonio storico-artistico è comunque solo una condizione necessaria, ma non sufficiente per agevolare il “consumo” culturale, rivolto non solo a turisti e/o escursionisti ma anche alla popolazione locale.
Quanto pesa il turismo culturale?
All’interno del movimento turistico complessivo, non è certamente facile riuscire a definire il peso del turismo culturale. Con buona approssimazione si può far riferimento al movimento generato da quei comuni che l’ISTAT definisce “città d’arte” o “località di interesse storico e artistico”, ovvero circa sono 350 sugli oltre 8.000 comuni italiani. Nonostante i comuni etichettati come località di interesse storico e artistico siano poco più del 4% del totale dei comuni italiani, il movimento turistico da essi generato rispetto a quello complessivo è decisamente più alto: nel 2016 ha infatti rappresentato circa il 36% degli arrivi, pari in valore assoluto a oltre 41 milioni e il 27% delle presenze (pari a oltre 109 milioni). Nel corso degli ultimi tre anni il movimento turistico generato dalle suddette località risulta in crescita: si registra un aumento di oltre il 10% in termini di arrivi e di oltre l’8% in termini di presenze.
Emerge inoltre che la componente straniera nelle città d’arte risulta preponderante rappresentando il 59,5% degli arrivi e il 60,3% delle presenze totali. Nel caso delle altre località gli stranieri rappresentano il 42,4% degli arrivi e il 45,5% delle presenze.
Qual è l’offerta dei luoghi della cultura in Italia?
Secondo i dati contenuti nel DBUnico del MIBACT all’inizio del 2018 l’offerta di beni culturali italiani è costituita da 6.378 luoghi della cultura, distribuiti con differenze, talvolta sensibili, all’interno del territorio nazionale; il Centro è il territorio che concentra la maggior percentuale di luoghi/beni della cultura (29,1%), seguito da Sud e Isole (28,9%), Nord-Ovest (23,0%) e Nord-Est (19,0%).
All’offerta ufficiale di beni/luoghi della cultura può essere sommata l’offerta dedotta da altre fonti che si ritiene abbiano o comunque possano avere un ruolo di primaria importanza; nello specifico ci si riferisce alle informazioni relative a Bandiere Arancioni; Borghi più belli di Italia; Castelli e torri; Beni ecclesiastici; Capitali italiane della Cultura. Si tratta di quei dati che insieme a quelli ufficiali hanno contribuito a definire quelli che sono stati indicati come territori culturali italiani.
Quali sinergie sono possibili tra cultura, digitale e mobile?
Le tecnologie, soprattutto quelle legate all’utilizzo della rete attraverso internet e alle applicazioni mobili, oggi dovrebbero rivestire un’importanza prioritaria nella strutturazione dell’offerta culturale. Infatti, se fino a qualche tempo fa l’utilizzo delle tecnologie digitali era considerato necessario principalmente per la catalogazione del patrimonio tangibile e intangibile e al suo monitoraggio, oggi è anche messo in relazione a un nuovo modo di proporre e fruire il patrimonio culturale. Affinché ciò avvenga è però necessario allargare la base dell’utenza sia dal lato dei promotori sia dal lato degli utilizzatori. Oggi, strumenti come siti e portali dinamici, social network, app per dispositivi mobili, ricostruzioni virtuali, realtà aumentata, ecc. sono ancora appannaggio di un numero ristretto di destinatari e nel contempo inseriti nei piani di marketing e promozione di pochi enti, non tanto per una questione di costi quanto piuttosto per la mancanza di infrastrutture di base quali ad esempio presenza continua e diffusa della rete wifi sia nelle aree centrali, sia, ancor più, in quelle periferiche. Si tratta pertanto di un importantissimo rapporto sinergico che attualmente rimane ancora poco attuato.