“I Savoia sugli altari. Venerabili, beati, santi, un antipapa e altri testimoni della fede” di Lorenzo Bortolin

I Savoia sugli altari. Venerabili, beati, santi, un antipapa e altri testimoni della fede, Lorenzo BortolinDott. Lorenzo Bortolin, Lei è autore del libro I Savoia sugli altari. Venerabili, beati, santi, un antipapa e altri testimoni della fede edito da Effatà. Pochi sanno che i Savoia sono il Casato con il santorale più numeroso.
In effetti, nessun altro Casato può vantare due santi, sette beati, tre venerabili e due serve di Dio. Oggi tante persone non ne sono a conoscenza perché conoscono poco il ruolo del Casato nelle vicende del nostro Paese. Anche molti storici si dilungano sul ruolo politico e militare dei Savoia, o sull’influenza delle loro mogli e dei loro consiglieri, ma raramente accennano alla loro religiosità. Inoltre, dovunque è abolita la monarchia, c’è una specie di damnatio memoriae: basta pensare agli Hohenzollern in Germania o ai Borboni in Francia. Comunque, non si tratta di essere pro o contro i Savoia, ma di ricordare il loro ruolo positivo o negativo nella storia e in particolare, con questo libro, nella storia della Chiesa.

Prima di soffermarci su alcuni personaggi citati nel libro, perché qualcuno di loro è venerabile, e qualcun altro è beato o santo?
Occorre fare un passato indietro. In passato, prima e attorno al Mille, il cosiddetto “odore di santità”, o ritrovare il corpo incorrotto di una persona, o fatti straordinari attribuiti alla sua intercessione sono stati alla base della venerazione popolare, alla quale spesso è seguita la dichiarazione ufficiale di santità. Dopo, per evitare abusi e contestazioni, la Chiesa cattolica ha adottato norme sempre più restrittive: le più recenti sono del 1983. Oggi, semplificando, per iniziare una “causa di beatificazione” devono essere trascorsi almeno cinque anni dalla morte del candidato. L’istruttoria è avviata dal vescovo del luogo dove la persona è scomparsa. In questa prima fase il defunto è definito “servo di Dio” e si raccolgono testimonianze e documentazioni (nel libro sono citate due donne). Se quanto emerge è positivo, i documenti sono trasmessi in Vaticano, alla Congregazione delle Cause dei Santi. Questa valuta se la persona è morta come martire, o se ha vissuto le virtù cristiane in maniera eccezionale. Se una commissione di teologi e un’altra di vescovi esprimono parere positivo, il “servo di Dio” è dichiarato “venerabile” (tre casi tra i Savoia). Dopo, se grazie all’intercessione del venerabile si verifica un miracolo (in genere una guarigione fisica, ritenuta inspiegabile da una commissione di medici), il Papa autorizza la proclamazione come beato, cioè ne permette il culto, ma limitato a una diocesi o ad un ambiente particolare (sette casi). Dopo ancora, quando si accerta un altro miracolo, il Papa lo dichiara santo, concedendo il culto nella Chiesa intera.

Quali vicende hanno segnato la vita di Santa Giovanna di Savoia?
Tante, quasi incredibili. Sintetizzando al massimo, lei nasce attorno al 1306 dal conte Amedeo V, ma resta orfana adolescente: il padre muore mentre è alla corte pontificia di Avignone. Il fratellastro sul trono, Edoardo, accetta la richiesta dell’imperatore di Bisanzio di averla in moglie. Diventata imperatrice con il nome di Anna Paleologina, si trova coinvolta dapprima nelle lotte politiche tra il marito Andronico III e il suocero Andronico II, già imperatore, e poi in quelle tra il marito stesso ed il suo migliore consigliere Giovanni Cantacuzeno, che è sconfitto nel 1354. Nel frattempo l’impero subisce sia le ribellioni di qualche re suddito, sia la progressiva avanzata turca a fronte dello scarso, quasi nullo aiuto militare dell’Occidente. Oltre a cercare di risolvere tutti questi problemi, lei tenta di far riconciliare le Chiese cattolica e ortodossa, divise dallo scisma del 1054; ma invano. Sugli ultimi suoi anni, alcune fonti la dicono addirittura ad Avignone, dove avrebbe incontrato papa Innocenzo VI. Torna comunque a Costantinopoli, dove muore tra il 1360 e il 1365. Insomma, una vita, la sua, dove la realtà supera la fantasia.

Girolamo Carmelo è l’altro santo di casa Savoia: cosa racconta la sua biografia?
Tante sono le notizie su Giovanna-Anna Paleologina, quanto sono scarse e contraddittorie quelle su Girolamo Carmelo. Nasce all’inizio del Cinquecento ed entra nell’Ordine Mercedario. Questo Ordine, tuttora attivo, è stato fondato all’inizio del Duecento per liberare i cristiani catturati dai Mori e diventati loro schiavi: in cambio, i frati versavano un riscatto in denaro o con eroismo si sostituivano allo schiavo stesso, rischiando anche di essere uccisi. Lui è noto per aver scritto De Conceptione, un testo dedicato a Maria (particolare significativo: il dogma dell’Immacolata Concezione è proclamato soltanto nel 1854). Muore a Barcellona nel 1558 ed è subito venerato per i miracoli che gli sono attribuiti.

Chi sono i beati di casa Savoia?
Sono sette. In ordine cronologico, il primo è il conte Umberto III: nasce attorno al 1136, rimane vedovo tre volte, senza figli maschi; allora entra in monastero, ma i suoi consiglieri lo forzano a risposarsi e dalla quarta moglie arriva l’atteso erede maschio; anni dopo, rientra in monastero, dove muore nel 1188 o 1189.

Poi, c’è Bonifacio di Savoia: nato attorno al 1207, è avviato alla carriera ecclesiastica; poi, è nominato arcivescovo di Canterbury; ha varie diatribe con il clero inglese ed anche con il re Enrico III (con altri, lo costringe a osservare la Magna Charta); muore nel 1270 ed è sepolto nell’abbazia di Altacomba. Durante la Rivoluzione francese, il suo corpo è salvato dagli oltraggi dei giacobini che cercando oggetti preziosi, aprono le tombe e disperdono i resti di molti Savoia.

La terza è Margherita di Savoia-Acaia: sposa il marchese Teodoro II di Monferrato; rimasta vedova, si fa monaca domenicana di clausura; subisce varie prove fisiche e spirituali; muore nel 1464 ed è sepolta ad Alba. Anche l’ultima ricognizione, compiuta nel 2002, ha confermato l’ottimo stato di conservazione del corpo.

Il quarto è Lucio, anche lui frate Mercedario. Le poche notizie ricordano che è prigioniero dei turchi per 16 anni, senza rinnegare la fede, tanto che alla fine, nel 1470, un sultano lo fa decapitare.

Il quinto beato è il duca Amedeo IX: epilettico e di salute malferma, per gli storici è inadatto a governare, ma è validamente aiutato dalla moglie Jolanda, che lui nomina reggente: un caso unico nella storia sabauda di reggenza con il marito ancora vivo. Per contro, nella vita religiosa e nello slancio caritativo verso i poveri, il duca si fa amare da tutti i sudditi; muore a 37 anni, nel 1472, ed è sepolto nel duomo di Vercelli.

Dopo, è la volta di sua figlia, Ludovica. È un altro caso unico: padre e figlia nobili entrambi beati. Lei sposa un Chalon-Arlay, poi resta vedova e senza figli, e si fa monaca di clausura; muore a 40 anni, nel 1503; il suo corpo, salvato dalle devastazioni calviniste, ora è nella Cappella del Palazzo Reale di Torino.

L’ultima beata è Maria Cristina di Savoia. Diventata regina delle Due Sicilie, muore a soli 23 anni, il 31 gennaio 1836, quindici giorni dopo aver dato alla luce l’erede Francesco II. È pianta dal tutto il popolo, che l’ha già soprannominata “reginella santa”. Ironia della sorte, nel 1861, dopo l’intervento dei “Mille” di Garibaldi, i territori delle Due Sicilie entrano a far parte del sabaudo regno d’Italia, retto dal sia pur lontano cugino Vittorio Emanuele II. Maria Cristina è dichiarata beata il 25 gennaio 2014, a Napoli, nella basilica dov’e sepolta. Il giorno dopo, Papa Francesco, nell’Angelus, la definisce “Donna di profonda spiritualità e di grande umiltà, seppe farsi carico delle sofferenze del suo popolo, diventando vera madre dei poveri. Il suo straordinario esempio di carità testimonia che la vita buona del Vangelo è possibile in ogni ambiente e condizione sociale”. Aspetto, questo, che proprio il libro vuol ribadire.

La casata vanta inoltre numerose figure di membri morti «in concetto di santità» ma dei quali non è stato avviato il processo di canonizzazione: chi sono i principali?
Una precisazione. L’essere morti in “concetto di santità” è un incoraggiamento, uno stimolo per avviare un processo di canonizzazione. Però, come accennato, l’iter è complesso ed anche costoso: si pensi alla raccolta dei documenti talora di secoli fa, agli interrogatori di chi può aver conosciuto il defunto, alla stesura dei verbali, alle perizie ed altro ancora. Occorre, quindi, il coinvolgimento di una Diocesi, o di un Ordine religioso, o della famiglia, o ancora di una o più associazioni che desiderano il riconoscimento ecclesiale ufficiale. Oggi, a mio modesto parere, per alcuni Savoia da un lato l’iter si potrebbe avviare, dall’altro forse occorrerebbe maggior interesse verso questo traguardo.

Nel libro, escludendo il duca Amedeo VIII-antipapa Felice V, ho segnalato ventuno persone morte “in concetto di santità” o comunque definite “cristiani esemplari”, delle quali non è stato avviato il processo di canonizzazione. Indicare quali sono i principali e indirettamente, quali i più meritevoli, è difficile e forse neppure corretto, non fosse che per il loro diverso carattere, per valutazioni storiche e religiose, o per eventuali simpatie legate a un passato recente. Basti pensare alle affinità e nello stesso tempo alle diversità tra Amedeo III il Crociato e Matilde-Mafalda prima regina del Portogallo; tra l’abate Antonio di Savoia-Roussillon e Luigi Giulio di Savoia-Carignano-Soissons (morto combattendo i Turchi, fratello del famoso prinz Eugenio); tra Maria Teresa Luisa di Savoia-Carignano principessa di Lamballe (decapitata e squartata durante il Terrore) e Mafalda di Savoia langravia d’Assia, morta nel campo di concentramento nazista di Buchenwald; tra Amedeo di Savoia-Aosta (viceré d’Etiopia, morto prigioniero degli inglesi in Kenya) e Giovanna di Savoia, regina di Bulgaria, sepolta nella cappella dei frati nel cimitero di Assisi. Lascerei al lettore farsi una propria opinione.

I Savoia espressero anche un antipapa.
È Amedeo VIII, nato nel 1383. Il suo governo è considerato il più lungo (circa sessant’anni) ed uno dei più gloriosi. Alla sua morte l’estensione delle terre è quasi raddoppiata, grazie non tanto ad azioni militari, quanto ad abili negoziati, mediazioni o matrimoni con altri Casati, che lo ringraziano donandogli terre e città. Tutti eventi che a loro volta assicurano ai sudditi lunghi periodi di pace. Poi, è il primo ad ottenere il titolo di duca, nel 1416. Tralasciando altri avvenimenti, durante la “cattività avignonese”, in pieno “scisma d’Occidente”, nel 1439, proprio per le sue doti, un concilio a Basilea lo elegge papa. Lui dapprima rifiuta, anche perché è laico, ma alla fine accetta: abdica, è ordinato prete e poi è incoronato papa, con il nome di Felice V. Scoppia, quindi, un altro scisma, che si conclude dieci anni dopo grazie da un lato ad un suo ripensamento, e dall’altro alle capacità del successivo papa Niccolò V. Così, è proprio lui ad essere l’ultimo antipapa. Poi, si ritira a Ripaglia, oggi la francese Thonon-les-Bains, nel castello che aveva costruito decenni prima e dove aveva fondato l’Ordine di San Maurizio. E lì muore nel gennaio1451. I suoi resti, salvati nel 1536 da un attacco dei calvinisti bernesi, sono tumulati nella torinese Cappella della Sindone.

Sin dagli anatemi di don Bosco, su Casa Savoia aleggia la nomea di “dinastia maledetta”: è realmente così?
Come annoto nel libro, “le cronache ricordano che proprio don Bosco aveva profetizzato a Vittorio Emanuele II vari lutti se, come poi avvenuto, avesse firmato la «legge Rattazzi» per la soppressione degli ordini religiosi e l’incameramento dei loro beni da parte dello Stato”. E certamente tanti hanno scritto su quella profezia, ma parlare di “dinastia maledetta” mi sembra eccessivo. I rapporti tra i due sono stati di reciproco rispetto e talora di stima. Per portare il viatico a Maria Adelaide, moglie del re, fu chiamato proprio don Bosco. All’epoca i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, e i concetti di diritti civili e di libertà religiosa erano ben diversi da quelli di oggi. Valutare il passato, qualsiasi passato, con gli occhi del nostro tempo è un rischio che nessun studioso o appassionato di storia deve permettersi.

Lorenzo Bortolin è sposato e ha due figli. Giornalista, ha lavorato all’Ufficio Stampa Fiat ed è stato redattore di vari periodici del Gruppo. Diacono permanente, è addetto all’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Torino. Tra i suoi libri, ha pubblicato con Effatà Editrice: Il diacono. Chi è. Cosa fa. Come diventarlo (con M. Bennardo e B. Cutellè, 2007); Natale è… Usi, tradizioni, storia, leggende e curiosità (2014); Pasqua è… (2015); Diaconi, beati e santi (con B. Cutellè, L. Del Negro e S. Passaggio, 2017); Gli animali della Bibbia (2018).

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