“I Presidenti della Repubblica e il ruolo internazionale dell’Italia. Dal Trattato di Pace al Trattato di Maastricht (1947-1992)” a cura di Maurizio Ridolfi, Sante Cruciani e Antonio Varsori

Prof. Maurizio Ridolfi, Lei ha curato con Sante Cruciani e Antonio Varsori l’edizione del libro I Presidenti della Repubblica e il ruolo internazionale dell’Italia. Dal Trattato di Pace al Trattato di Maastricht (1947-1992), edito da FrancoAngeli: quale funzione diplomatica assegna al Capo dello Stato il nostro ordinamento?
I Presidenti della Repubblica e il ruolo internazionale dell’Italia. Dal Trattato di Pace al Trattato di Maastricht (1947-1992), Maurizio Ridolfi, Sante Cruciani, Antonio VarsoriNell’art. 87 della Costituzione la funzione del Presidente sul piano delle relazioni internazionali è definita in modo apparentemente circostanziato: “accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere”. Fra i compiti del Presidente della Repubblica vi e quello di rappresentare il paese nelle sue relazioni in ambito internazionale. Ciò si traduce in visite ufficiali all’estero, in incontri con alte personalità e capi di Stato in missione in Italia, nel ricevere i rappresentanti diplomatici accreditati presso il governo italiano. Oltre a questi aspetti formali, il Presidente della Repubblica può intrattenere relazioni con i rappresentanti governativi, con i responsabili del ministero degli Affari Esteri e con politici stranieri intorno alle questioni di politica estera che riguardano il paese, sempre in stretta cooperazione con il governo e rifacendosi alle linee di azione internazionale dell’esecutivo.

In realtà, nella prassi e nel protocollo, nonché nello stile dei Presidenti, la funzione diplomatica andò assumendo un rilievo essenziale nel caratterizzare l’azione del Capo dello Stato, con riflessi di molteplice natura. Se gli inquilini del Quirinale diedero forma a distinti “stili” presidenziali, fuori d’Italia la figura del presidente si sovrappose alla personificazione e alla percezione dell’immagine della Repubblica.

Come si è evoluta la sfera e l’azione internazionale del capo dello Stato?
Come si è fatto per altre realtà nazionali – come la Francia e gli Stati Uniti – dove il modello semi o dichiaratamente presidenziale contempla l’azione in politica estera tra le funzioni del Capo dello Stato, occorre osservare come i Presidenti della Repubblica abbiano svolto una funzione di primo piano tanto nella politica interna quanto in quella estera del paese, interagendo con i governi in carica, influenzando l’opinione pubblica, rappresentando la Repubblica in numerosi viaggi di Stato nelle capitali e nelle istituzioni internazionali più rappresentative. Con il moltiplicarsi delle occasioni di viaggi, incontri, visite ufficiali, contatti ufficiosi che avrebbero caratterizzato le relazioni internazionali dal secondo dopoguerra ad oggi, l’evoluzione e la tendenza di alcuni Presidenti a mostrare un forte interesse verso la politica estera resero necessaria la creazione di un raccordo fra la Presidenza della Repubblica e il ministero degli Affari Esteri con la costituzione di un Ufficio per gli Affari Diplomatici e la nomina di un Consigliere diplomatico presso il Capo dello Stato. Fra i compiti di questo diplomatico di carriera vi era il tenere informato il Presidente della Repubblica sulle scelte del paese in tema di politica estera e sui maggiori eventi internazionali, facendogli pervenire la documentazione del ministero degli Affari Esteri che appariva rilevante a tali fini.

Il tema delle missioni all’estero del Capo dello Stato rinvia ad inclinazioni soggettive e quindi alla dimensione simbolico-rituale della funzione presidenziale su cui ancora poco sappiamo; rimane inesplorato l’ampio spettro delle missioni presidenziali fuori d’Italia, invece essenziali non solo per comprendere la funzione diplomatica del Capo dello Stato ma soprattutto allo scopo di ricostruire la mutevole immagine della Repubblica nelle relazioni internazionali (politiche e culturali).

Quali Presidenti hanno mostrato maggiore interesse verso la politica estera?
La ricostruzione e la comparazione in chiave storica dei settennati presidenziali indaga il ruolo assunto dai capi dello Stato nel delineare aspetti rilevanti della politica internazionale dell’Italia, in sintonia con gli orientamenti dei governi ma non di rado con iniziative e comunque toni volti a marcare uno stile, un approccio ed un protagonismo personali.

Il volume ricostruisce le dinamiche ed i protagonisti dei primi quarant’anni postbellici (1947-1992), prendendo in esame l’operato dei presidenti De Nicola, Einaudi, Gronchi, Segni, Saragat, Leone, Pertini e Cossiga. Nella compresenza di fattori di continuità e di apertura emergono i momenti alti e di incertezza della politica estera italiana nei suoi indirizzi identitari: lo sviluppo dei rapporti transatlantici, l’integrazione europea, il dialogo Est-Ovest, la proiezione nel Mediterraneo verso l’Africa e il Medio Oriente. Particolare attenzione è riservata alla rivoluzione geopolitica del 1989, tra la fine della Guerra fredda e la stipula del Trattato di Maastricht.

Se crescente è l’attenzione riservata alle visite lungo la penisola (la formazione culturale del Presidente, la tipologia e la geografia territoriale dei viaggi), rimane inesplorato l’ampio spettro delle missioni presidenziali fuori d’Italia. Se il primo Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, non effettuò alcuna missione all’estero e non sentì la necessità di contare su un consigliere diplomatico, a partire dalla seconda metà degli anni ‘50, in particolare con le presidenze di Giovanni Gronchi e Antonio Segni, la sfera e l’azione internazionale del capo dello Stato tesero ad ampliarsi, non solo per il sempre più forte coinvolgimento dell’Italia sullo scenario internazionale e il suo inserimento in numerosi organismi internazionali, ma anche per il moltiplicarsi in modo esponenziale delle occasioni di viaggi, incontri, visite ufficiali, contatti ufficiosi che avrebbero caratterizzato le relazioni internazionali dal secondo dopoguerra ad oggi.

Quali missioni presidenziali hanno avuto maggiore rilevanza nazionale e internazionale?
Possiamo evidenziare ed esemplificare il continuo e crescente ruolo dei presidenti nella politica internazionale dell’Italia attraverso le tappe fondamentali del processo di integrazione e costruzione dell’Unione europea. Fu la partecipazione di Einaudi al Congresso del Movimento federalista dell’Aja del novembre 1948 ad inaugurare la tendenza dei presidenti della Repubblica a seguire in prima persona le vicende del processo di integrazione europea. In continuità con il sostegno di Einaudi alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, Gronchi individuò nei Trattati di Roma, nel Mercato Comune Europeo e nell’Euratom un’occasione privilegiata per la proiezione internazionale del paese in Europa e nel Mediterraneo. Mentre il breve mandato di Segni coincise con l’apice della crescita economica negli anni sessanta, Saragat e Leone dovettero confrontarsi con le difficoltà del processo di integrazione europea, nonostante l’allargamento della CEE a Danimarca, Regno Unito e Irlanda. Se Pertini si espresse fin dall’insediamento a sostegno di una prospettiva di riunificazione per la Germania ed accolse con grande favore la Grecia nella CEE, Cossiga sostenne l’ingresso di Spagna e Portogallo CEE, la riunificazione della Germania e l’adesione dell’Italia al Trattato di Maastricht.

Si potrebbe aggiungere che, in sintonia col percorso che giunse all’introduzione della moneta unica, i presidenti Scalfaro, Ciampi e Napolitano esercitarono un ruolo sempre più attivo, cercando di adeguare il sistema politico italiano alle sfide dell’interdipendenza poste dall’Unione Europea. Il contributo dell’Italia all’unità politica dell’Europa e alla ridefinizione del ruolo dell’UE nel mondo della globalizzazione multipolare è infine uno dei principali temi di azione nel settennato del presidente Mattarella, fin dal discorso di insediamento al Quirinale e dalla valorizzazione di Lampedusa come simbolo delle sfide nuove poste dall’immigrazione all’integrazione europea.

A quali fonti attinge il Vostro studio?
Intrecciando la storia politico-istituzionale e le relazioni internazionali, il volume si avvale della ricca e spesso inedita documentazione dell’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica. Esso permette di ricostruire una fitta trama di contatti e di narrazioni, in un’ottica di storia transnazionale volta a ricostruire i segni della presenza italiana nel mondo. Si tratta di fonti ancora da valorizzare, sia quelle più tradizionali di natura diplomatica e cerimoniale, sia l’ampia gamma di fonti a stampa, fotografiche e iconografiche (www.quirinale.it). Le carte relative all’Ufficio Affari Diplomatici della Presidenza della Repubblica sono raccolte a partire dalla Presidenza di Giovanni Gronchi. Esse rappresentano migliaia di documenti ordinati in centinaia di buste. Non si tratta naturalmente di una documentazione organica e completa intorno alla evoluzione della politica estera italiana. Ciò nonostante essa è di notevole interesse e comprende verbali di conversazione fra i presidenti della Repubblica e capi di Stato e di governo e diplomatici stranieri sia in occasione delle visite all’estero dell’inquilino del Quirinale, sia dei viaggi di leader stranieri in Italia; si trovano inoltre memoranda, telegrammi, dispacci provenienti dal Ministero degli Affari Esteri sulle questioni di maggior rilievo coinvolgenti l’Italia nel contesto internazionale; nonché lettere e note del Consigliere diplomatico nei suoi rapporti con il Ministero e con il Presidente della Repubblica e documenti di quest’ultimo. Su alcuni temi e momenti della politica estera italiana le carte dell’Ufficio Affari Diplomatici del Quirinale offrono elementi importanti per lo studio e la conoscenza di momenti e scelte di particolare rilievo del ruolo svolto dall’Italia in campo internazionale. Esse inoltre concorrono a dimostrare l’evoluzione del ruolo del Capo dello Stato nel contesto dell’azione internazionale del paese, con una sua partecipazione in generale più incisiva, per quanto non si tratti di una evoluzione lineare essendo essa condizionata dalla personalità dei singoli Presidenti e dal loro interesse nei confronti dei temi di politica estera.

In definitiva, si tratta di fonti che concorrono a dimostrare l’evoluzione del ruolo del Capo dello Stato nel contesto dell’azione internazionale del paese. Avvalendoci sempre delle fonti fotografiche dell’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica, si è ritenuto opportuno inserire nella parte conclusiva del libro una breve sezione iconografica perché l’aspetto “pubblico” del ruolo del capo dello Stato nel contesto internazionale ha giocato una parte non secondaria nella proiezione dell’immagine dell’Italia presso i partner e l’opinione pubblica stranieri. Il volume è arricchito da un mirato percorso bibliografico sui Presidenti della Repubblica.

Maurizio Ridolfi insegna Storia d’Italia e dell’integrazione europea all’Università della Tuscia (Viterbo). Presiede il Centro Studi Europei e Internazionali (CSEI). Tra le sue pubblicazioni sul tema, le curatele di: Presidenti. Storia e costumi della Repubblica nell’Italia democratica, Viella 2014; con G. Orsina, La Repubblica del presidente. Istituzioni, pedagogia civile e cittadini nelle trasformazioni delle democrazie, Viella 2022.

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