“I media nei processi elettorali. Modelli ed esperienze tra età moderna e contemporanea” a cura di Maurizio Cau e Christoph Cornelissen

Dott. Maurizio Cau, Lei ha curato con Christoph Cornelissen l’edizione del libro I media nei processi elettorali. Modelli ed esperienze tra età moderna e contemporanea edito dal Mulino: che rapporto esiste tra elezioni e media?
I media nei processi elettorali. Modelli ed esperienze tra età moderna e contemporanea, Maurizio Cau, Christoph CornelissenI media hanno rappresentato fin dalla prima età moderna degli efficaci strumenti di politicizzazione della società. Ovviamente le differenze tra l’Europa del Cinquecento e il contesto attuale sono evidenti, ma si possono rintracciare dei significativi profili di continuità rispetto al ruolo decisivo che l’orizzonte mediale ha avuto e continua ad avere nel fenomeno elettorale. Le società si sono andate trasformando sempre più in società mediatiche e lo studio della mediatizzazione dei processi elettorali consente di seguire questo fenomeno da un punto di vista privilegiato. Con il termine “mediatizzazione” intendiamo definire il rapporto di interdipendenza che si è progressivamente venuto a creare tra politica, società e media. Si tratta di una categoria che non si limita a descrivere gli effetti che i singoli mezzi di comunicazione imprimono alla vita pubblica, ma si riferisce anche ai processi di adattamento che le persone attivano rispetto ai mass media. In tutte le epoche i media sono stati di grande importanza per la preparazione, lo svolgimento e anche l’esito delle elezioni. La più recente storiografia ha sottolineato con insistenza il ruolo determinante che la rappresentazione simbolica e mediatica dell’azione politica ha sui cittadini. Da una parte gli attori politici si servono ampiamente dei vari media per far arrivare il proprio messaggio elettorale, dall’altra è lo stesso sistema mediale (stampa, radio, tv, e oggi web e social network) a influenzare temi e modalità del confronto politico. I media non rappresentano un semplice specchio della realtà sociale e politica che si ripromettono di documentare, sono degli osservatori molto attivi, che fanno parte del circuito della comunicazione elettorale e lo influenzano significativamente.

Quando nasce e come si sviluppa il processo di mediatizzazione delle elezioni politiche?
La tendenza a una mediatizzazione del campo elettorale non riguarda la sola età contemporanea, in cui i mass media hanno assunto un ruolo determinante per l’indirizzo stesso dell’azione politica. Già nel corso della prima età moderna testo e immagine rappresentavano strumenti determinanti per la trasmissione dei contenuti politici nelle occasioni di voto. L’evoluzione dei processi di mediatizzazione della politica ha subito una radicale accelerazione nell’Ottocento, per diventare nel Novecento parte integrante del paesaggio sociale e culturale. Sono differenti le funzioni che i media hanno progressivamente assunto nei contesti elettorali: forniscono informazioni sugli eventi politici che osservano, selezionano le informazioni e, interpretandole, modellano opinioni e condizionano i fenomeni. Fanno in questo senso parte integrante dell’infrastruttura della comunicazione elettorale, essendo direttamente coinvolti nella definizione del ritmo dell’azione politica e della partecipazione al voto.

Il libro esamina numerosi casi di studio nell’orizzonte temporale che va dalla prima età moderna al tardo Novecento: quali profili evolutivi è possibile rilevare per un fenomeno che attraversa la storia della comunicazione politica europea?
La tradizionale tendenza a definire in misura netta i confini tra le epoche ha favorito visioni secondo le quali le competizioni elettorali sarebbero state pesantemente influenzate dai media solo a partire dal tardo Ottocento. A ben guardare, tuttavia, tra le assemblee cetuali della prima modernità e i parlamenti contemporanei ci sono molte analogie. In entrambi i casi, infatti, si tratta di spazi politici e di forme di comunicazione simbolica in cui i media hanno avuto un ruolo di primo piano. Ovviamente ciò è diventato molto evidente dopo la Rivoluzione francese, quando gli spazi della comunicazione politica sono stati rimodellati dai media. Il lungo XIX secolo si rivela il periodo di incubazione di una intensa mediatizzazione della politica, che ha portato i politici moderni a puntare a una crescente presenza mediatica per costruire il rapporto col proprio elettorato. Da allora le elezioni hanno potuto essere condotte con successo solo con un ampio uso dei mezzi di comunicazione, come le dittature del XX secolo hanno drammaticamente confermato. Le democrazie del dopoguerra hanno ridefinito i rapporti tra il sistema politico e quello dell’informazione, ma il legame tra le forze partitiche e i media è rimasto un elemento centrale di ogni esperienza elettorale.

Come si manifestò il fenomeno nella società d’Ancien Régime?
In età moderna i processi decisionali seguono percorsi variegati e non unitariamente codificati, in cui la dimensione mediale si esprime in forma differenziata. Mi limito a due esempi che vengono trattati nel volume nei saggi scritti da Alessandro Paris, Claudio Ferlan e Giovani Florio. Il primo riguarda il ruolo della comunicazione in occasione delle elezioni pontificie, segnate (almeno sulla carta) da rigidi protocolli di segretezza. Concentrando l’analisi sul conclave del 1559 che portò al soglio pontificio Giovanni Angelo Medici (Pio IV), si è potuto mettere in evidenza quanto intenso fosse il flusso di notizie generato dal (e intorno al) conclave e quanto porosa fosse la segretezza dell’assemblea dei cardinali, che lungo tutto il processo elettivo mantenne contatti strutturali con il mondo circostante. Seguendo l’ampia circolazione di lettere, voci, avvisi, colloqui che tenevano attiva la comunicazione con l’esterno, è stato possibile ricostruire la circolazione di notizie che segnarono, condizionandolo, il conclave, nonché il ruolo attivo che la sfera pubblica romana ebbe nell’indirizzare il voto. Un ulteriore punto di vista interessante è stato sviluppato seguendo le pratiche gratulatorie che a fine Seicento accompagnarono l’elezione di Nicolò Sagredo a doge della Repubblica di Venezia. L’esame di questa consuetudine ha permesso di aprire uno sguardo inconsueto sul ruolo svolto dai media all’indomani dell’evento elettivo, mostrando quanto il processo di mediatizzazione non si esaurisca col voto ma riguardi anche la fase politica che ne consegue.

Quale ruolo svolsero i manifesti nella comunicazione politica nella prima età repubblicana?
Nei processi di mediatizzazione degli eventi elettorali una dimensione rilevante è rappresentata dall’orizzonte visuale. L’immagine (grafica, fotografica, televisiva) ha una grande capacità di presa sull’elettore e costituisce un elemento determinante di ogni campagna elettorale, che da sempre è anche un’esperienza visiva. Le forze politiche in campo utilizzano materiale diverso (manifesti, spot, pieghevoli, santini) per mettere in immagine la propria proposta elettorale. Un caso paradigmatico riguarda l’uso del manifesto elettorale nel primo decennio della vicenda repubblicana italiana. Grazie al loro potenziale iconico, ai manifesti elettorali fu affidato un ruolo di primo piano nel visualizzare e drammatizzare i contorni dello scontro. I muri delle città divennero uno degli spazi in cui si condensò la ruvida contrapposizione elettorale, segnata da una tendenza all’elevazione dell’avversario politico a nemico. I manifesti divennero tra gli strumenti più rappresentativi di questa tendenza alla negazione all’avversario della cittadinanza democratica e della legittimità politica. Più che a convincere, i manifesti sembravano valere come strumenti di autorappresentazione dei partiti e della loro capacità di mobilitazione. Si tratta di un tema su cui gli storici hanno scritto a più riprese, ma resta da indagare la dimensione performativa del fenomeno. Per comprendere quanto e come il manifesto agisce nei delicati equilibri della comunicazione elettorale, è infatti necessario dare centralità alle modalità della sua circolazione ed esposizione, agli usi e agli abusi di cui è oggetto, alle sue pratiche di fruizione e alle norme che la regolamentano. Questo perché il manifesto, così come gli altri media visuali, non vale solo per ciò che mostra, ma per come viene utilizzato, recepito e osteggiato nella prassi concreta della battaglia elettorale.

Quale impatto ebbero le immagini trasmesse dalla TV nel caso di eventi come il conclave del 1958 e le elezioni presidenziali francesi del 1969?
A partire dai tardi anni Cinquanta e fino a tempi recentissimi, il medium più efficace dal punto di vista elettorale è stato la televisione. Al peso avuto dalla TV in alcuni contesti elettorali e al processo di risemantizzazione che la televisione ha provocato nella comunicazione politica sono dedicati due saggi. Federico Ruozzi ripercorre gli effetti ecclesiologici legati alla costruzione mediatica del conclave del 1958 che portò all’elezione di Giovanni XXIII. Come ho accennato, l’orizzonte mediale ha da sempre condizionato lo svolgimento dei conclavi, ma il fenomeno conosce ovviamente una nuova dimensione in età contemporanea, quando le reti televisive, nonostante la segretezza che connota il conclave, hanno iniziato a spettacolarizzare l’evento, finendo per incidere direttamente non solo sul cerimoniale che da secoli scandisce il rito dell’elezione papale, ma sullo stesso rapporto tra il pontefice e i fedeli. I mass media intervengono infatti nel dibattito con analisi che, più che influenzare la scelta di un candidato al posto di un altro, offrono codici interpretativi agli stessi elettori per comprendere meglio le agende del futuro papa e della chiesa. La televisione in questo senso ha giocato un ruolo fondamentale nella diffusione planetaria dell’immagine del papa e della sua elezione, facilitando nell’immaginario pubblico un cambio di percezione dell’immagine papale.

Un discorso analogo vale per la funzione svolta dal medium televisivo in molte sfide politico-elettorali del secondo Novecento. Del caso francese si è occupato Riccardo Brizzi, che ripercorre forme e contenuti delle elezioni del 1969. Pur caratterizzate da una parziale discontinuità rispetto all’intreccio tra mediatizzazione e personalizzazione del messaggio elettorale che aveva segnato il clima elettorale delle precedenti votazioni, le elezioni che portarono Pompidou all’Eliseo confermarono la funzione della televisione come strumento determinante di condizionamento della volontà dei cittadini. L’affermazione della cosiddetta telecrazia ha certificato la profonda evoluzione che la mediatizzazione elettorale ha progressivamente impresso alle basi stesse dei sistemi politici.

Maurizio Cau è ricercatore presso l’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler. I suoi principali interessi di ricerca riguardano la cultura politica del Novecento, l’evoluzione del costituzionalismo contemporaneo e la storia della cultura visuale. Tra le sue pubblicazioni, Politica e diritto. Karl Kraus e la crisi della civiltà, il Mulino; L’Europa di De Gasperi e Adenauer (ed.), il Mulino; Il peso della storia nella costruzione dello spazio politico (ed.), il Mulino.

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