“I Liguri e Roma. Un popolo tra archeologia e storia” a cura di Silvia Giorcelli, Marica Venturino e Giordana Amabili

Prof.ssa Silvia Giorcelli, Lei ha curato con Marica Venturino e la collaborazione di Giordana Amabili gli Atti del Convegno I Liguri e Roma. Un popolo tra archeologia e storia, pubblicati dalle edizioni Quasar: quale documentazione archeologica possediamo del popolo dei Liguri?
I Liguri e Roma. Un popolo tra archeologia e storia, Silvia Giorcelli, Marica Venturino, Giordana AmabiliLa realtà ligure è molto complessa dal punto di vista storico e, quindi, della documentazione di riferimento, storiografica e archeologica: il volume tratta la storia del territorio ligure interno (corrispondente all’incirca al Piemonte meridionale) a partire dall’età del Bronzo finale (XII-fine X sec. a.C.) e fino alla compiuta romanizzazione (I sec. a.C.). Le testimonianze materiali cambiano, evidentemente, a seconda delle epoche e delle zone interessate dalla civiltà ligure: le tracce riferibili a insediamenti, ad esempio, possono essere caratterizzate da fenomeni di continuità e dare luogo a interessanti riflessioni circa i modi e le forme dell’abitare; altre, come i ritrovamenti sporadici di elementi di corredo funerario, consentono di ritracciare importanti, anche se puntuali, caratteri culturali.

Sin dall’età del Bronzo finale, il mondo ligure, inteso nella sua accezione più ampia di territorio compreso fra la costa e la Pianura Padana, fra l’attuale regione Liguria, il Piemonte meridionale, l’Oltrepò pavese e l’Appennino tosco-emiliano, presenta tutte le tipologie insediative che trovano poi uno sviluppo nel corso dell’età del Ferro. L’esteso entroterra montano è caratterizzato da forme abitative che prediligono posizioni in altura o le parti elevate dei pendii a controllo delle vallate: i castellari, caratterizzati da poche unità abitative, sono fra loro collegati mediante la rete dei crinali e si fondano su attività in prevalenza silvo-pastorali. La costa appare invece più diversificata: vi sono sia abitati in posizione arroccata, su rilievi confinanti con il mare, sia centri situati nelle brevi piane costiere, in ambienti caratterizzato dalla presenza di dune e di depressioni paludose, o posti alla foce di corsi fluviali per svolgere una funzione produttiva e di approdo marittimo. È soprattutto l’ambito necropolare a fornire importanti testimonianze materiali che consentono di far emergere tratti comuni e aspetti particolari della ritualità funeraria e, quindi, della realtà socio-culturale ligure. Specialmente per quanto concerne la seconda età del Ferro (secondo quarto del V – inizi del I secolo a.C.) i dati archeologici permettono talvolta di comprendere come tale ritualità fosse espressione di manifestazioni identitarie e, al contempo, spia della persistenza di un’identità nei processi di acculturazione nel mondo romano. A tale riguardo è la necropoli di Montabone (AT), in prossimità di un’area di abitato della seconda età del Ferro (III-II secolo a.C.) non ancora individuato, a illustrare una grande quantità di informazioni: si tratta di 16 tombe a cremazione con deposizioni in pozzetti coperti da tumuli all’interno di recinti circolari o quadrangolari; qui appare evidente come la ricerca archeologica si avvalga dello studio non solo delle pratiche funerarie e dei manufatti rinvenuti (contenitori per le ceneri e diversi oggetti di corredo, sopravvissuti al rogo della pira funebre) ma anche dei resti delle offerte o delle testimonianze ambientali che, attraverso le discipline archeobotaniche, quali la palinologia e la carpologia, consentono di descrivere l’ambiente nelle epoche antiche.

Quali vicende segnarono la storia della Liguria prima della romanizzazione?
Vi sono alcuni eventi da considerare per inquadrare ciò che avvenne nel territorio dei Liguri prima della conquista da parte di Roma. Certamente, a livello generale, è di grande rilievo la fondazione greca di Massalia (Marsiglia) in un territorio popolato da etnie liguri, verso il 600 a.C.; il contatto con i coloni greci innescò profonde trasformazioni culturali e definì la stessa differenza tra popoli genericamente indicati come Celti e i Liguri, specifici gruppi celtofoni stanziati nella Francia Meridionale, nella Cisalpina occidentale e nella attuale Liguria: il nome Liguri/Ligues sembra coniato per estensione dal nome Libues/Ligues, sottogruppo dei Salluvii, individuati dai primi esploratori greci su un ramo del delta del Rodano. Anche lo sviluppo del sito preromano di Genova, più o meno a partire dalla fine del VII sec. a.C., segnò in modo decisivo l’organizzazione del territorio ligure: intorno al capoluogo nacquero infatti nuovi insediamenti fortificati, i castellari, e anche il territorio della Liguria interno riflesse il nuovo ruolo assunto dall’emporio costiero. Per meglio comprendere i Liguri è necessario inoltre considerare l’influenza della cultura degli Etruschi, un popolo che si era spinto a nord nella pianura padana per ragioni principalmente commerciali: si ricordano due centri importanti, il polo di Felsina (l’attuale Bologna), il cui primo nucleo urbano si colloca nella seconda metà del IX secolo a.C., e la marittima Caere, nell’Etruria meridionale, che sviluppa già attorno alla metà del VI secolo a.C. un ruolo chiave nell’ambito dei traffici commerciali. Di questa intensa attività commerciale diventano protagonisti anche alcuni centri della Liguria costiera, come Chiavari. Infine, occorre ricordare l’epoca delle invasioni galliche, fine V-inizio IV secolo a.C., finalizzate allo scardinamento dell’Etruria padana: gli Etruschi furono attaccati sia dai Celti che avevano superato le Alpi, sia da popolazioni indigene con le quali avevano dei rapporti commerciali stabili, e tra queste i Liguri: la Liguria preromana è il risultato di questa difficile stagione di cambiamenti nei rapporti di forze internazionali.

Che cosa sappiamo della cultura dei Liguri?
Liguri e Celti originano, nel corso della prima età del Ferro, dallo stesso gruppo etnico-linguistico, attraverso un lungo processo di etnogenesi che interessa complessivamente tutta l’Italia nord-occidentale celtica: ma è il rapporto con gli Etruschi e con i coloni greci a determinare, soprattutto sul piano storico-politico, la distinzione tra Liguri e Celti (una distinzione abbastanza labile, per la verità, che infatti i Romani non coglieranno). In particolare, è proprio al contesto delle relazioni con i Celti, affini per lingua e ideali guerrieri, e con gli Etruschi, maggiori ispiratori di modelli culturali, economici e politici, in un’alternanza tra contrasti e fenomeni di assimilazione verso ambedue le realtà, a cui bisogna guardare per comprendere la realtà dei Liguri in Italia. Della loro cultura abbiamo molte testimonianze nelle fonti storiche (radunate nel volume Fontes Ligurum et Liguriae Antiquae, 1976) e molte tracce materiali: contesti necropolari (ad esempio, quelle di Montabone e di Rocca Grimalda), resti di insediamenti rurali, grandi quantità di reperti botanici. Conosciamo meglio, grazie a scavi recenti, la realtà insediative degli Statielli che abitavano il territorio delimitato a nord dal Tanaro, a ovest dallo spartiacque Bormida-Belbo, a sud dal crinale appenninico, a ovest dallo spartiacque Scrivia-Orba: il loro oppidum di riferimento era Carystum, non ancora identificato, e conosciamo molti siti minori (Cassine, Castel Boglione, Rocchetta Palafea, Fello di Canelli, Cossano Belbo ed altri, attivi in epoche diverse tra VII e I sec. a.C.).

Di quale interesse sono le guerre liguri per lo studio del processo di espansione romana nella seconda metà del III secolo a.C.?
Riflettere sulle guerre romano-liguri significa affrontare il capitolo dell’espansione romana non soltanto nella pianura padana ma anche nel più ampio contesto del Mediterraneo occidentale, segnato principalmente dal secondo conflitto annibalico (264-202 a.C.) e dalle sue conseguenze politiche, economiche e sociali. La necessità di ricostituire l’egemonia romana nella pianura padana, compromessa dalle vittorie di Annibale, indusse i Romani a occupare stabilmente il territorio padano e a definire i rapporti con le popolazioni celtiche che ivi risiedevano. Le prime guerre condotte da Roma contro le popolazioni liguri, collocate in un arco cronologico compreso approssimativamente tra il 238 e il 223 a.C., sono poco trattate nelle fonti: le notizie sono spesso ridotte a brevi e lapidarie sentenze utilizzate dagli storici per fornirne quadri interpretativi più o meno allineati alle strategie politiche ufficiali. Per alcuni, queste campagne furono organizzate per assicurare a Roma una sicura rete commerciale, sia via mare sia via terra, con l’alleata città di Massalia e, più in prospettiva, con le città della penisola iberica. Per altri, l’occupazione del territorio ligure era da comprendere in un’ottica anti-cartaginese finalizzata alla creazione di un baluardo difensivo della penisola italica; per altri ancora, l’ottica sarebbe stata anti-gallica: l’apertura del fronte ligure sarebbe stato la strategia per aggirare da ovest le popolazioni galliche che risiedevano nella pianura. Le interpretazioni più recenti e innovative (ben evidenziate nel volume) guardano alle ambizioni personali di alcuni esponenti delle élite romane interessati ad incrementare il proprio prestigio militare e politico: la provincia della Gallia Cisalpina e specialmente il territorio ligure, popolato da tribù scarsamente coese sotto il profilo politico e certamente meno organizzate sotto quello militare, rappresentavano lo scenario ideale per ottenere risultati immediati da spendere a Roma.

Come si articolò la romanizzazione della Liguria?
Le tappe della presenza romana nel Piemonte meridionale si collocano in un intervallo cronologico di circa due secoli: dal conflitto annibalico (218-202 a.C.) alla riconquista della Cisalpina dopo la seconda guerra punica, seguita da un processo di espansione che culminerà nella lex Pompeia dell’89 a.C., nella concessione della cittadinanza romana a tutta la Cisalpina nel 49 a.C. (lex Iulia de civitate), infine nella eliminazione, tra il 42 e il 41 a.C., del governo provinciale nella Gallia Cisalpina e l’estensione giuridico-costituzionale dell’Italia fino ai piedi delle Alpi. Se il quadro generale è nel suo complesso abbastanza chiaro, non del tutto definiti risultano essere i tempi della penetrazione romana nell’area piemontese a sud del Po. Tradizionalmente, si richiamano due ipotesi: una cronologia ‘alta’, che vede nelle operazioni militari condotte contro i Liguri nella prima metà del II sec. a.C. l’inizio del processo di romanizzazione del Piemonte meridionale, e una cronologia ‘bassa’, che identifica nell’attività del console graccano M. Fulvio Flacco, intorno al 125 a.C., il momento cruciale di questo cambiamento; una terza ipotesi indica nell’oppidum ligure di Dertona (Tortona, AL) e nella sua promozione a colonia latina un ruolo chiave in questo processo. Certamente, le campagne militari contro gli Apuani (181-179 a.C.) e contro gli Statielli, (173-172 a.C.), furono episodi molto rilevanti all’interno di questo scenario di conquista: i primi furono brutalmente deportati nel Sannio per sradicarli dal territorio, i secondi furono aggrediti senza motivo, trasferiti o eliminati. In senato, a Roma, si dibatteva sui vantaggi e svantaggi di atteggiamenti troppo duri nei confronti dei vinti in territorio ligure e sulle potenzialità di sfruttamento di questo territorio; certamente, il destino del fronte ligure si intrecciava con le ambizioni di molti esponenti dell’élite romana in cerca di facili successi militari. La resa dei Liguri determinò un intenso fenomeno di colonizzazione che si concluse con la fondazione di Aquae Statiellae (Acqui Terme, AL); i dati archeologici mostrano anche la riorganizzazione degli Statielli sopravvissuti in una comunità minore, la cui area necropolare è stata identificata recentemente a Montabone. Un elemento determinate per il processo di romanizzazione e per la successiva organizzazione territoriale risulta l’apertura, a partire della metà del II secolo a.C., delle grandi vie consolari (la Postumia, la Fulvia e l’Emilia Scauri) a cui seguirà lo sviluppo di una viabilità minore che si spingerà sino alle zone più interne e favorirà lo spostamento di coloni e la nascita di centri minori, di attività economiche e la diffusione del modello culturale romano. A ciò si aggiunge la riorganizzazione della navigazione fluviale sul Po e sui suoi affluenti, determinanti vie di penetrazione già dall’età del Ferro. L’integrazione pianificata fra le vie d’acqua e quelle di terra, che si sviluppò su scala regionale e durò un secolo e mezzo, comportò anche una trasformazione radicale del paesaggio che, con la conseguente diminuzione della copertura boschiva e con le necessarie operazioni di bonifica, modificò in modo determinate il territorio originario. Quando, in età augustea, questo processo giunse alla sua conclusione, questi luoghi risultarono organizzati secondo gli schemi centuriali e la popolazione gestita nell’ambito di gerarchie giuridiche, amministrative e sociali tipicamente romane.

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