
Pubblichiamo un breve estratto che ha per oggetto l’utilità della lettura: «La letteratura è la prima tra le scienze umane e per molti secoli è stata anche l’unica. Il suo oggetto sono i comportamenti umani, le motivazioni psichiche, le interazioni tra gli individui. Essa resta sempre una fonte inesauribile di conoscenze sull’uomo. Marx ed Engels dicevano che ad aver dato la miglior rappresentazione dell’Ottocento non erano stati i primi sociologi ma Balzac, che aveva rivelato la verità sul mondo che lo circondava. Ancora oggi, se un giovane mi domandasse com’era vivere sotto la dittatura sovietica gli direi: «Leggi Vita e destino di Vasilij Grossman», che è un romanzo e non un’opera di scienze umane. Dal canto suo, Stendhal sosteneva che soltanto i romanzi potessero offrire una «verità un po’ circostanziata» sul genere umano. Questa «verità circostanziata» resta ciò che per eccellenza è proprio della letteratura. Fatto salvo naturalmente quando la letteratura è «in pericolo», ossia quando si limita a non essere più un gioco con le sue convenzioni o a descrivere in modo estremamente circoscritto l’esperienza dell’autore. Solo in simili casi essa perde il proprio statuto privilegiato nella ricerca della conoscenza del mondo; altrimenti resta una fonte inesauribile e insostituibile. […] Le scienze umane attuali restano debitrici nei riguardi della letteratura. I racconti su Edipo o Antigone sono talmente potenti da continuare a ispirare la loro pratica. Le visioni del mondo offerte dalla letteratura non formano ovviamente proposizioni logicamente costruite, suscettibili di essere verificate e testate. Occorre dunque interpretarle per poter dire: Shakespeare ci mostra il comportamento dell’essere umano in questa o quest’altra circostanza. La letteratura ha bisogno di intermediari. Ciò rende più difficile l’impiego delle conoscenze alle quali essa accede, conoscenze che tuttavia sappiamo cogliere istintivamente, riusciamo a sentire. Ed è questa la ragione principale che ci spinge alla lettura. Se non esistesse questa prospettiva di una migliore conoscenza del mondo, perché ci prenderemmo la briga di leggere le avventure di personaggi che non conosciamo o che, peggio ancora, non sono mai esistiti?»
A sostegno della sua tesi, Todorov cita Hannah Arendt: «Nessuna filosofia, nessuna analisi, nessun aforisma, per quanto profondo, può avere un’intensità e una pienezza di senso paragonabile a quella di una storia ben raccontata».