I libri che consiglio

La pandemia fuori casa e la clausura forzata: quale momento migliore per rannicchiarsi con un libro tra le mani? Ecco qualche consiglio di lettura per mantenere la distanza sociale richiesta, magari anche dai propri famigliari.

È probabile che abbiate già letto Spillover (tradotto per Adelphi nel 2014, e balzato alla vetta delle classifiche, meritatamente, nelle ultime settimane), e forse sapete già tutto su “salto di specie”, zoonosi ed ecologia dei virus. Magari vi siete già adeguatamente stupiti e turbati per le parole profetiche con cui Quammen concludeva – correva il 2012, erano tempi non sospetti – il libro: “Ecco a cosa sono utili le zoonosi: ci ricordano, come versioni moderne di San Francesco, che in quanto esseri umani siamo parte della natura […]. C’è un mondo solo di cui l’umanità fa parte, come l’HIV, i virus di Ebola e dell’influenza, Nipah, Hendra e la SARS, gli scimpanzè, i pipistrelli, gli zibetti e le oche indiane. E ne fa parte anche il prossimo virus killer che ci colpirà, quello che ancora non abbiamo scoperto”. Se però ancora non l’avete letto, e se non vi dispiace approfondire ulteriormente l’argomento, ve lo consiglio caldamente: Spillover è un libro fantastico, accurato come un trattato scientifico e intrigante come un giallo investigativo.

Se invece ritenete, comprensibilmente, di averne a sufficienza di virus e malattie, e desiderate soltanto libri che vi permettano di evadere, mi permetto di consigliarvi quattro titoli, quattro romanzi contemporanei che vi porteranno ben lontani dalla vostra quotidianità e vi consentiranno di vivere, anche se per poco, vite che non sono le vostre.

L’America sottosopra di Jennifer Haigh (Bollati Boringhieri) vi catapulterà in Pennsylvania rurale. Probabilmente la Pennsylvania non è il primo posto in cui avreste voluto viaggiare, e tuttavia Haigh vi ambienta una vicenda appassionante. Nell’immaginaria, ma realistica, cittadina di Bakerton stanno iniziando le trivellazioni per l’estrazione di gas naturale. Bakerton è una piccola comunità formata da fattorie che si mantengono a stento, cosicché l’arrivo della prima trivellazione scatena i contrasti, economici e sociali, tra l’industria e gli abitanti. Un libro avvincente, attuale, intelligente.

Anche il secondo dei libri consigliati è ambientato nell’America rurale, in Idaho, ma questa volta la storia è più intimista: ne L’educazione (Feltrinelli), Tara Westover racconta sua infanzia rigidamente regolata dal mormonismo radicale. “Ho solo sette anni” ci dice nelle prime pagine, “ma so che è questo, più di ogni altra cosa, a rendere diversa la mia famiglia: noi non andiamo a scuola. Il papà ha paura che lo Stato ci costringerà ad andarci, ma è impossibile perché lo Stato non sa di noi”. È un libro di memorie, di legami famigliari complessi e potenti. Ma è soprattutto un romanzo di formazione in cui Tara arriva poco per volta a comprendersi, e forse anche ad inventare se stessa, attraverso la scoperta della cultura e dell’apprendimento, in una parola, appunto, dell’educazione.

Dagli Stati Uniti all’Egitto, con il terzo libro che consiglio. In Sono corso verso il Nilo (Feltrinelli) è il 25 gennaio 2011, il giorno in cui venticinquemila manifestanti in rivolta contro Mubarak occuparono piazza Tahir, al Cairo. ‘Ala al-Aswani, dissidente e partecipante in prima persona alla Rivoluzione egiziana, è un grande narratore. I suoi romanzi corali sono vivi, dolorosi e insieme divertenti: esattamente tutto ciò che si può desiderare da un romanzo. In Sono corso verso il Nilo c’è tutto: l’amore, tra la figlia del generale torturatore e il giovane studente idealista; la corruzione del potere dei generali e la loro crudeltà; l’opportunismo dei giornalisti che acconsentono a mandare in onda programmi con notizie false; la violenza sulle donne e la forza che molte donne hanno di resistervi. E naturalmente c’è la rivoluzione. “Non credo che la rivoluzione sia una cambiamento politico” dice lo scrittore: “è un cambiamento dell’umanità”.

A chi voglia invece i colpi di scena di un poliziesco ben costruito, consiglio il libro L’uomo che voleva uccidermi, di Yoshida Shūichi (Feltrinelli). Yoshino è una ragazzina futile che lavora come venditrice di assicurazioni porta a porta. È più interessata a vestiti e trucchi che al lavoro e, per far colpo sulle amiche, finge una relazione con il ricco e affascinante Masuo. È non è il solo aspetto della sua vita su cui la ragazza non è sincera. Ma le sue bugie finiscono per rendere ancora più complessa l’indagine della polizia nel momento in cui il corpo della ragazza viene ritrovato privo di vita in una buia curva del valico di Mitsuse. Non solo un giallo, ma anche un’immersione nell’atmosfera giapponese, dai Love Hotel agli onsen.

Infine, in aggiunta ai romanzi, un ultimo consiglio: si tratta di un libro di viaggio, perché non c’è niente di meglio di un viaggio, anche solo immaginato, per essere il più lontano possibile da casa.

La frontiera. Viaggio intorno alla Russia (Marsilio) è una vera delizia. Erika Fatland, giovane giornalista norvegese, segue un itinerario favoloso, dalla Corea del Nord alla Norvegia, lungo l’intero confine russo. Se sei un virus le frontiere per te hanno ben poco senso, eppure per gli uomini hanno ancora un enorme significato. E il confine russo è il più lungo del mondo, 60932 chilometri (per capirsi, la circonferenza terrestre misura 40075 chilometri): aree disabitate, mari ghiacciati e paesi eterogenei la circondano, tutti, in qualche modo, attratti e influenzati da questa grande potenza.

Si trovano ambienti inusuali in questo viaggio, si conoscono persone e usanze differenti. E ogni tanto, proprio quando sembra di essere più lontano da casa, ecco che ci si imbatte in una situazione che, inaspettatamente, ci ricorda un po’ com’è casa nostra, oggi. Come quando Fatland, in Corea del Nord, si avventura a chiedere alla propria guida di poter fare due passi dopo cena, dopo una giornata trascorsa seduta su un autobus. “Non è previsto dal programma” risponde Mister Nam, a guida locale, scuotendo la testa con decisione. Ma la Fatland lo implora, “Solo un giro breve”, e così gli strappa una concessione. E dunque:

“Mister Nam mi portò in un campo da basket improvvisato. L’area sarà stata al massimo cinquanta metri per cinquanta. […]
“Questo è un buon posto per camminare” constatò Mister Nam soddisfatto.
“Non potremmo continuare sulla strada?” domandai.
“È impossibile” rispose Mister Nam. “Fino qui, non oltre, capito?”
“Ma per…”
“Perché? Perché-non-si-può, Miss Erika!”
Dopo aver camminato nel campo recintato per una decina di minuti tornammo all’hotel.”

Ecco, non vi sembra una situazione stranamente familiare?

Silvia Maina

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