
In primo luogo perché si tratta di un fenomeno diffuso e in molti casi informale, non classificato, non registrato. Solo i gruppi di lettura organizzati nelle biblioteche pubbliche sono individuabili, andrebbe però condotto un censimento, che sarebbe un lavoro lungo. Nel libro ho citato un dato molto approssimativo e limitato a un’area attorno a Milano giusto per dare un’idea: il censimento “volontario” dei gruppi di lettura a cura del Sistema bibliotecario Nord-Est di Milano a fine 2018 aveva registrato circa 600 gruppi. Recentemente i gruppi di lettura italiani sono stati stimati attorno ai mille. Credo siano molti di più. Anche perché alle biblioteche si stanno aggiungendo come luoghi di organizzazione e incontro dei gruppi, le case private, i caffè, le sedi di associazioni.
In secondo luogo è difficile dire quanto sia diffusa la lettura condivisa perché la lettura condivisa si pratica anche fuori dai gruppi di lettura: si pratica in modo informale e inconsapevole fra amici, in famiglia, nelle sale letture delle biblioteche, fra sconosciuti sui tram. La lettura condivisa – il secondo capitolo del libro è dedicato proprio a questo – è un bisogno profondo di quasi tutti i lettori; è l’urgenza di dire ad altri lettori la forza e l’emozione di quel che leggiamo. E tale urgenza è soddisfatta davvero se l’interlocutore è a sua volta un lettore dello stesso libro, un co-lettore. In questo senso direi che quel che chiamiamo lettura condivisa è una pratica quasi universale fra i lettori, anche se la maggior parte di noi non la chiama così, probabilmente non la nomina neppure. E sono una minoranza coloro che la praticano scegliendo di partecipare a un gruppo di lettura.
Cosa significa condividere la lettura?
Cerco di sintetizzare: significa dare forma a un discorso critico e elaborato attorno a ciò che leggiamo e abbiamo letto; un discorso che in quanto tale – anche se a volte il lettore lo tiene per sé, per l’altro io che ciascuno di noi ospita dentro di sé – è generato per essere condiviso. In sostanza: quando creiamo pensieri in seguito a una lettura siamo pronti per condividere questi pensieri con altri. Quando tale condivisione avviene, quando il discorso diventa un discorso formulato che si intreccia in uno o più dialoghi con altri, facciamo condivisione della lettura. La discussione attorno a letture comuni è la sostanza di tutto ciò.
Quali vantaggi offre la partecipazione a dei circoli di lettori organizzati?
Per esempio, ci aiuta a trovare dei co-lettori, lettori cioè che leggeranno gli stessi libri che leggeremo noi che sono disposti a parlarne, a dialogare: se ci pensiamo un secondo ci rendiamo conto che è un vantaggio molto importante per un lettore che voglia condividere.
Un altro vantaggio è dato dalla presenza di gruppi di lettura di persone molto diverse tra loro e diverse da noi, il che quasi sempre si traduce in letture molto ricche di differenze e punti di vista.
Come si crea un gruppo di lettura e come lo si mantiene libero e creativo?
Si trovano dei lettori disponibili all’avventura. Avventura che, ricordiamolo, è continuare a leggere per i fatti propri, nei propri luoghi e tempi e solo poi, a lettura finita, intrecciare i discorsi sul libro letto. Poi si trova un luogo adatto, un luogo preferibilmente pubblico e che permetta un accesso semplice, senza timori di chi arriva dopo la fondazione del gruppo, di chi è timido, di chi non ha mai partecipato. Il gruppo deve avere confini sottili, in ingresso e in uscita, tutti devono poter partecipare, anche chi non ha letto il libro, o l’ha letto ma non ha intenzione di parlarne e vuole solo ascoltare. Questo favorisce l’ingresso di nuovi lettori nel gruppo. Un gruppo che si stabilizza, che diventa ripetitivo, che scivola nella routine diventerà probabilmente un gruppo poco creativo. I gruppi di lettura devono avere anche la forza e la capacità di finire, di sciogliersi; se si spegne la fiamma è giusto chiudere il gruppo e generarne magari altri, nuovi, altrove e con nuovi lettori.
Come si sceglie il libro?
Qui i pareri sono piuttosto diversi: io sono radicale: i libri deve sceglierseli il gruppo stesso. Vale a dire, i lettori del gruppo propongono, discutono, magari litigano e poi scelgono. Inoltre, secondo me il libro del gruppo deve essere sempre un libro capace di sfidare, di mettere in crisi le certezze dei lettori.
Come si articola la vita di un gruppo di lettura? Quali sono le regole e le modalità di discussione, il ruolo e la necessità di una guida, i luoghi di riunione, etc.?
Le regole sono pochissime: in poche parole direi rispetto e tolleranza, ascolto reciproco. La guida secondo me serve solo per l’organizzazione logistica e le comunicazioni fra un incontro e l’altro; a volte la guida serve anche per dare un po’ di ordine alla discussione, se degenera; secondo alcuni serve anche a stimolare, a evitare che la discussione sia banale. (Io temo che se la discussione diventa banale, il gruppo dovrebbe sciogliersi, non c’è guida che tenga). Sui luoghi di riunione ho già accennato prima: meglio un luogo pubblico, quindi io eviterei una casa privata, anche se un sacco di gruppi si riuniscono nelle case. Le biblioteche sono l’ideale, ma a me piacciono anche i gruppi nei pub, nei caffè, persino in un parco pubblico. Importante che il luogo del gruppo dia l’impressione che il gruppo sia aperto e accessibile.
In che modo il web può contribuire allo sviluppo di forme di lettura condivisa?
Ci sono moltissimi gruppi di lettura sul web: dobbiamo essere consapevoli che però un gruppo di lettura sul web è una cosa diversa dal gruppo di lettura che si incontra e discute faccia-a-faccia. Le dinamiche di dialogo e di relazione sono evidentemente differenti se il mio parere sul libro lo esprimo mandando un messaggio su un forum o una mail – comunicazione asincrona e a distanza – o se ne parlo dialogando con persone. Il coinvolgimento è totalmente diverso, sia cognitivamente sia, soprattutto, emotivamente. Il web è comunque molto utile come strumento di comunicazione fra un incontro e l’altro e per mantenere dentro il gruppo chi per esempio non ha partecipato per qualche tempo agli incontri.
I dati Istat evidenziano come oltre il 60% degli italiani non legga: quali a Suo avviso le cause e quali le possibili soluzioni?
Non mi sono mai dedicato molto al perché non si legga e a trovare soluzioni. Mi interessa molto di più un lettore che un non lettore. Direi comunque che serve poco dire a chi non legge che dovrebbe leggere. Meglio fidarsi dell’esempio: una persona che legge ha qualità che possono interessare molto chi non legge mai.
È possibile educare alla lettura? Se sì, come?
Credo sia possibile educare la lettura, nel senso di favorire un modo di leggere più profondo o ravvicinato. Educare alla lettura mi sembra invece uno sforzo pedagogico insieme ingenuo e un po’ autoritario; e inutile.
Luigi Gavazzi, giornalista e copywriter, ha fondato nel 2001 il blog gruppodilettura.com