
Quali attitudini e comportamenti manifestarono duchi e duchesse nei confronti dell’abbigliamento?
Gli abiti sono per i Gonzaga veri e propri strumenti di potere. La ricchezza e lo sfarzo, ma sempre insieme al gusto, sono tratti caratteristici dell’abbigliamento della famiglia mantovana. Duchi e duchesse ricercano la novità e l’originalità nei capi, così come si fa anche in altre corti europee. Durante le giostre organizzate alla corte di Vienna, in occasione della Pentecoste del 1560, viene istituito un «premio per la bella inventione d’habiti» e ciò permette di comprendere l’importanza non solo dell’abito di corte ma anche dell’abito cosiddetto “teatrale”. Anche presso i Gonzaga la rappresentazione del potere veniva espressa mediante l’assoluta esclusività degli apparati vestimentari. Per poter attingere prodotti originali ed esclusivi, i Gonzaga si avvalevano di una vasta rete di intermediari che operavano nelle città di cui s’è fatta menzione. Questi intermediari, che talvolta facevano riferimento alle sedi diplomatiche gonzaghesche, non erano soltanto chiamati a occuparsi dell’acquisto di articoli, ma non di rado dovevano seguire la realizzazione di capi d’abbigliamento presso le botteghe dei sarti. Su questi intermediari gravava quindi una pesante responsabilità: essi dovevano essere in grado di intercettare le novità e interpretare il gusto del signore. Ad esempio, Giovanni Magni, intermediario a Roma per conto del duca Vincenzo I Gonzaga, non si azzardava a inviare a Mantova articoli che non incontrassero i gusti del Gonzaga: «Sin qui non vi ho la soddisfattione del mio gusto per rispetto delli colori che hanno poca vivacità, né s’agiutano l’uno l’altro, onde difficilmente se haverà cosa di buona vista». Questa prudenza non salva tuttavia il Magni dalla reprimenda del cardinale Ferdinando Gonzaga, deluso dai servizi offerti, rispetto alla quale l’intermediario esprimeva al segretario Annibale Chieppio tutto il suo rammarico: «Mi duole in estremo di haver così mala fortuna con l’illustrissimo padrone Ferdinando Gonzaga perché io non mi credevo già di raccoglier frutto così fatto della servitù prestatagli. Hora succede il caso di questo sarto nel quale volontieri mi sottopongo al giuditio d’ogniuno per ricever sentenza se il mio errore sia così grave quale o rappresenta la molta alteratione del signor cardinale». Trovare le stoffe e gli accessori adatti non era facile e le richieste della corte erano sempre più alte considerando il fatto che i signori di Mantova non si dedicavano alle cosiddette “prove” del capo richiesto, ma ritenevano che questo potesse giungere a Mantova già completo e perfetto. Insomma, una grande responsabilità per tutti gli intermediari e i sarti!
A quali strumenti di ricerca vi siete affidati per tracciare la storia della moda dei Gonzaga?
Le fonti di questa ricerca si trovano presso l’Archivio di Stato di Mantova, sono i documenti della famiglia mantovana, che sono stati individuati, vagliati, trascritti e messi a disposizione in rete attraverso un progetto di ricerca della Fondazione Palazzo Te che sostiene questa attività di valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Il progetto “I Gonzaga digitali – Banche dati Gonzaga” giunto alla sua quinta edizione, prende in esame ogni anno un tema per riflettere, ancora una volta, sulla magnificenza della corte mantovana, impegnata ad autorappresentarsi non solo nella costruzione di importanti edifici o nella ricerca di opere d’arte ma anche nel consumo del lusso. Pertanto, la nostra indagine si è concentrata nella raccolta di informazioni su ogni tipologia di abbigliamento e sugli accessori nonché sulle figure artigianali coinvolte nella loro produzione in un arco temporale tra la metà del Cinquecento e il 1630. Le lettere raccolte sono risultate essere centinaia considerando l’invio giornaliero della corrispondenza degli ambasciatori gonzagheschi a Mantova da tutte le corti italiane ed europee. Da una prima scrematura sono stati estratti dalla banca dati Archivio Corrispondenza Gonzaga (1563-1630) circa 500 documenti che sono stati messi a disposizione delle studiose coinvolte in questo volume. L’indagine si è spinta anche oltre perché due ricercatrici hanno letto tutta la corrispondenza arrivata a Mantova dalle Fiandre e dalla città di Genova. I documenti provenienti da Bruxelles e dalla città portuale di Anversa raccontano di botteghe di artigiani e di mercati rionali nei quali si trovavano «rarità di ogni genere per dame e cavalieri», in particolare ventagli, collari, pizzi e merletti di seta. Anche Genova, città dei Doria, era un luogo importante per la produzione di accessori della moda mantovana per il suo dinamismo commerciale e la sua posizione strategica. Anche queste nuove ricerche hanno arricchito le informazioni presenti in questo volume, sostenuto non solo dalla Fondazione Palazzo Te ma anche da aziende e associazioni culturali del territorio come Fondazione Comunità mantovana onlus, Mantova Outlet Village, Abito. Storie di moda e costume, Associazione Mantova-Nevers e LUBIAM.
Daniela Sogliani è storica dell’arte con laurea conseguita all’Università di Padova e Dottorato di ricerca all’Università di Verona. Da molti anni coordina le mostre della Fondazione Palazzo Te di Mantova collaborando con diversi musei italiani, europei e americani. Dal 2013 dirige un progetto di ricerca della Fondazione Palazzo Te dedicato alla storia, all’arte e alla cultura della famiglia Gonzaga che per quasi quattro secoli ha governato Mantova (“I Gonzaga digitali-Banche dati Gonzaga”), progetto che mette in rete le trascrizioni dei documenti dell’Archivio di Stato della città.