“I dodici Cesari” di Mary Beard

I dodici Cesari, Mary BeardI dodici Cesari. Ritratti del potere dall’antichità a oggi
di Mary Beard
traduzione di Carla Lazzari
Mondadori

Nel suo ultimo libro, la classicista inglese, docente all’Università di Cambridge, offre un ritratto dei primi cosiddetti «dodici Cesari», gli imperatori romani che da Giulio Cesare, assassinato nel 44 a.C., arrivano sino a Domiziano, anch’egli assassinato nel 96 d.C., passando, fra gli altri, da Tiberio, Caligola e Nerone. Con lo stile discorsivo che le è proprio, mai noioso e sempre ricco di echi e suggestioni, la Beard si concentra in particolare sulle «raffigurazioni, nell’età moderna, degli imperatori romani, ancora ben presenti fra noi, e solleva alcune questioni di fondo sul come e sul perché siano state realizzate. Che cosa ha spinto gli artisti, dal Rinascimento in poi, a riprodurre così tante volte e in modi così diversi questi antichi personaggi? E perché quelle immagini si vendevano così bene, tanto sotto forma di sculture lussuose quanto di medaglioni e stampe di poco prezzo? E che significato hanno per un pubblico moderno le facce di quei vecchi autocrati, spesso famosi più per la malvagità che per l’eroismo?» L’autrice intende così mostrare «perché le immagini di questi imperatori – per quanto autocrati e tiranni – siano ancora importanti nella storia dell’arte e della cultura.»

Il volume è impreziosito da un ricchissimo apparato iconografico posto a corredo delle numerose opere d’arte analizzate e di come, in tali rappresentazioni, trovino riscontro i racconti di fatti e misfatti tramandatici sui Cesari. «Gli imperatori romani sono ancora tra noi. Sono passati quasi duemila anni da quando l’antica città di Roma ha cessato di essere la capitale di un impero, eppure oggi sono pochi, almeno in Occidente, coloro che non conoscono il nome, e a volte anche l’aspetto».

Nelle pagine del libro, «gli imperatori condividono la scena con una lunga teoria di artisti moderni: alcuni notissimi, come Mantegna, Tiziano o Lawrence Alma-Tadema; altri, invece, appartenenti ad anonime generazioni di tessitori, falegnami, argentieri, stampatori e ceramisti, che crearono alcune fra le immagini più originali e influenti dei dodici Cesari. A tutti questi attori vanno poi aggiunte le coorti di umanisti e antiquari rinascimentali, e di studiosi e archeologi moderni, impegnati a identificare e a ricostruire, bene o male, le antiche fattezze del potere.»

«In Europa, dopo il Rinascimento, le immagini degli imperatori romani […] suscitarono per centinaia di anni passioni intense. Riprodotti in marmo e in bronzo, su tela o su carta, scolpiti nella cera, nell’argento, intessuti negli arazzi, esibiti sulle spalliere delle sedie, sulle tazze di porcellana e nelle vetrate istoriate, gli imperatori erano importanti. Nel dialogo fra presente e passato, i volti e le biografie imperiali venivano, alternativamente ma anche simultaneamente, messi in mostra quali legittimatori del potere dinastico contemporaneo oppure criticati come modelli di ruolo e deplorati come emblemi della corruzione. […] E soprattutto divennero un archetipo per la rappresentazione di re, di aristocratici e di chiunque fosse abbastanza ricco per farsi ritrarre in pittura o scultura. Tutta la ritrattistica europea affonda di fatto le radici nelle minuscole teste imperiali incise sulle monete, insieme ai busti e alle figure di marmo a grandezza naturale.»

L’autrice rivolge il suo interesse non solo agli imperatori in sé o agli artisti che li hanno riportati in vita, ma anche a tutti noi che li guardiamo: «incontreremo gli imperatori nei luoghi più inaspettati, per esempio nei cioccolatini, nella carta da parati seicentesca e nelle sensazionali cere del Settecento. Ci interrogheremo perplessi davanti a statue la cui datazione è così incerta che non si è ancora deciso se appartengano all’antica Roma o siano invece dei pastiche moderni, dei falsi, delle copie oppure dei tributi creativi del Rinascimento alla tradizione imperiale. Rifletteremo sul perché tante di queste immagini abbiano subìto processi di identificazione così fantasiosi o siano state ripetutamente confuse per centinaia di anni: un imperatore romano scambiato per un altro, madri e figlie mescolate, personaggi femminili presi per maschili e viceversa.»

E oggi? «Intorno a noi ci sono ancora, naturalmente, immagini di imperatori romani: nella pubblicità, sui giornali o nei fumetti. Ma qualcuno direbbe che sono stati ridotti a una sorta di stereotipo comunicativo, a pochi cliché familiari.» La storia dell’iconografia dei dodici Cesari ci accompagna però anche quando non ce lo aspettiamo, se è vero che nell’anno 2000, nel film campione di incassi da lui diretto Il gladiatore, Ridley Scott, per la ricostruzione delle scene nell’anfiteatro imperiale, seguiva passo dopo passo le grandi tele di Jean-Léon Gérôme.

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