“I condottieri di ventura nei documenti dell’Archivio segreto vaticano. Erasmo da Narni, Bartolomeo Colleoni, Nicolò Piccinino, Francesco Sforza” di Luisa Sangiorgio e Simone Biondini

I condottieri di ventura nei documenti dell'Archivio segreto vaticano. Erasmo da Narni, Bartolomeo Colleoni, Nicolò Piccinino, Francesco Sforza, Luisa Sangiorgio, Simone BiondiniDott.ssa Luisa Sangiorgio, Lei è autrice con Simone Biondini del libro I condottieri di ventura nei documenti dell’Archivio segreto vaticano. Erasmo da Narni, Bartolomeo Colleoni, Nicolò Piccinino, Francesco Sforza edito dal Formichiere: quale importante contributo alla ricostruzione della vita dei condottieri di ventura offre la Vostra ricerca?
Il nostro obiettivo era mettere in luce alcuni aspetti della vita di Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, nel periodo in cui si trovava al soldo dello Stato della Chiesa come capitano della guardia pontificia sotto il pontificato di Martino V ed Eugenio IV (1424- 1434), attraverso lo studio dei relativi documenti conservati presso l’Archivio Segreto Vaticano.
Com’era prevedibile, dall’analisi della storia individuale di un tale personaggio, si è aperta poi la porta su un orizzonte molto più vasto: il nostro lavoro parte dunque dalla vita di Erasmo da Narni per poi abbracciare le vicende salienti di quei dieci anni, basate ancora oggi per la maggior parte su leggende popolari.

Il Vostro studio si concentra in particolare sulla figura di Erasmo da Narni detto Gattamelata: qual è la sua importanza nel panorama delle vicende politico-militari del ‘400?
La figura del condottiero Erasmo da Narni ha un ruolo chiave al soldo della Repubblica di Venezia, da cui ottenne la carica di capitano generale: grazie al suo contributo di abilissimo stratega militare, la Serenissima riuscì ad evitare che il Duca di Milano conquistasse parte del territorio veneto; in gergo militare potremmo dire che abbia avuto un ruolo di contenimento, difendendo la Serenissima dagli attacchi dei Visconti.

A quali fonti avete attinto nella Vostra ricerca?
Gli undici documenti su cui si basa il nostro lavoro sono conservati presso l’Archivio Segreto Vaticano, nella Camera Apostolica Vaticana in cui si trovano i contratti di pagamento del Gattamelata.
Questi documenti1, che si trovano in appendice al testo, sono stati trascritti da me e corredati dall’edizione critica.
Si tratta di documenti ecclesiastici datati dal 1424 al 1432, che regolano gli incarichi e i pagamenti di Gattamelata da Narni e del suo commilitone Brandolino da Bagnacavallo alle dipendenze dello Stato della Chiesa.
Possiamo collocarli all’interno della diplomatica ecclesiastica, che studia documenti dotati di una propria specificità, utilizzando un proprio metodo investigativo; per quanto riguarda i caratteri estrinseci (materia scrittoria, scrittura, segni speciali, sigilli, note di cancelleria) i documenti ecclesiastici non differiscono da quelli generali, cosa che si verifica invece con i caratteri intrinseci, come, ad esempio, la persistenza dell’uso della lingua latina, o lo stile: sono tipici i vari formulari usati nelle cancellerie ecclesiastiche, come ad esempio quella pontificia (basti pensare alla “formula devotionis”, come miseratione divina, o gratia dei, o ancora divina clementia episcopus, che fa riferimento all’autore giuridico del documento; o il saluto tipicamente cristiano che solitamente chiude il protocollo, come, ad esempio salutem et apostolicam benedictionem).
Inoltre, come abbiamo avuto modo di notare nei documenti studiati, i diversi destinatari dei documenti ecclesiastici sono appellati in modo diverso: i laici vengono generalmente definiti venerabilis frater, o nobili viro (come il Gattamelata).
I documenti presi in esame in questo lavoro rientrano in una particolare tipologia di documenti, che la diplomatica definisce “semipubblici”, giacché mostrano lo scrittore al servizio dell’autore (in questi casi un’autorità minore), che lo designa come scriba noster, o meus notarius, e la richiesta si trasforma in un ordine, configurandosi dunque come iussio. Inoltre, sempre per quanto concerne i caratteri intrinseci, non vengono rispettate le partizioni canoniche del testo.

Nel mio lavoro ho fatto riferimento alle norme di edizione aggiornate da Alessandro Pratesi nel 1957 per conferire una veste omogenea alle diverse edizioni dei documenti. Lo scopo di un’edizione critica e il principio ispiratore di queste norme, è quello di dare al lettore un’immagine quanto più possibile completa del documento, sia per quanto riguarda il suo contenuto che il suo aspetto.
La scrittura dei documenti in esame è una cancelleresca caratterizzata da ductus posato, modulo piccolo e uniforme, assenza di peso (il che indica l’utilizzo di un calamo a punta dura e sottile), ed è ricchissima di abbreviazioni e legature tra le lettere. Per quanto riguarda, invece, le fonti bibliografiche, una vasta bibliografia tra saggi ed enciclopedie, chiude la nostra pubblicazione.

Quale quadro emerge riguardo il ruolo delle compagnìe di ventura dai documenti da Voi consultati?
Di sicuro gli stati regionali italiani combatterono strenuamente e a lungo l’uno contro l’altro, e ogni volta che uno stato sembrava accrescere il proprio potere, gli altri subito si alleavano per contrastarlo, dando origine a un mutabilissimo quadro di alleanze. Dunque non badavano a spese per finanziare la guerra, spendendo spesso più di quanto potessero permettersi per mantenere gli eserciti mercenari.
Tanta fatica però, spesso non era ripagata: infatti si trattava di strategie di combattimento volte più che altro a conservare l’integrità territoriale.
Sorge spontanea una riflessione: di sicuro gli eserciti mercenari avevano tutto l’interesse che le guerre si protraessero più a lungo possibile per ovvie ragioni economiche, e forse, in fin dei conti, i veri “vincitori” erano proprio le compagnie di ventura, che prosciugavano le casse degli stati regionali!

[1] Ricordiamo che Cesare Paoli definisce il documento “una testimonianza di un fatto di natura giuridica, compilata con l’osservanza di determinate forme, le quali sono destinate a procurarle fede e a darle forza di prova”.

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