
In un celebre articolo dedicato al tema, Richard Rorty distinse il metodo della ricostruzione storica, che mira a comprendere le particolari intenzioni dell’autore nel particolare contesto in cui operava; e quello della ricostruzione razionale, che considera la validità dei suoi argomenti. Il primo è l’approccio che troviamo in particolare negli studi di storia del pensiero politico della scuola di Cambridge; il secondo è tipico della filosofia analitica. Se volessimo utilizzare i criteri proposti a suo tempo da Norberto Bobbio potremmo dire che nel primo caso l’autore classico è “l’interprete autentico e unico del proprio tempo”; nel secondo caso invece lo si considera “sempre attuale”, un nostro contemporaneo con il quale discutere alla pari i problemi della nostra epoca. Egli ci appare come un compagno di conversazione in grado di partecipare alle discussioni filosofiche attuali, a cui effettivamente sovente egli sarebbe in grado di dare un contributo costruttivo.
In realtà alla ricerca filosofica servono entrambi i metodi. È vero che nel metodo della ricostruzione storica è predominante l’esigenza di restituire fedelmente le intenzioni dell’autore, ovvero ciò che egli voleva dire e voleva fare con quel testo; tuttavia l’interprete muove da un proprio interesse teorico, senza il quale quel testo perderebbe la sua rilevanza. D’altra parte per il metodo della ricostruzione razionale conta anzitutto il criterio della pertinenza teorica; tuttavia l’uso degli argomenti dei testi degli autori che ci hanno preceduto avrebbe scarsa rilevanza se risultasse da un fraintendimento grossolano del loro contenuto. I criteri della fedeltà al testo e della pertinenza teorica non si escludono reciprocamente; al contrario si completano a vicenda.
Trattando di filosofia, siamo davvero nani gigantum humeris insidentes?
L’immagine dei “nani sulle spalle di giganti” verosimilmente venne usata per la prima volta da Bernardo di Chartres all’inizio del XII secolo. Come notò il sociologo Robert Merton l’immagine è ambivalente. Dice che noi siamo dei nani e che quel che possiamo vedere lo dobbiamo alla grandezza agli antichi, ma evidenzia altresì il fatto che noi stiamo sulle spalle degli antichi, “così che possiamo vedere un maggior numero di cose e più lontano di loro”. La seconda lettura si affermerà in epoca moderna. La versione che Newton darà dell’aforisma ne è la prova: “Se ho visto più lontano è perché sono salito sulle spalle di giganti”, scriverà a Robert Hooke.
Il passo successivo sarà compiuto di lì a pochissimo da Bernard de Fontenelle nel suo celebre intervento nella querelle des Anciens et des Modernes: “Noi siamo in debito con gli antichi perché essi hanno esaurito la maggior parte delle idee false che si potevano concepire: era assolutamente necessario pagare all’errore e all’ignoranza il tributo che essi hanno pagato e noi non dobbiamo mancare di riconoscenza verso coloro che ce ne hanno liberato”. È evidente che con la modernità si instaura un nuovo rapporto con i cosiddetti classici: un rapporto paritario. L’autore del passato non è più un’autorità, a cui dobbiamo inchinarci con deferenza. In ogni caso è opportuno conoscere i tentativi compiuti in precedenza per risolvere un problema filosofico. Se si tratta di un successo, non ci illudiamo che la nostra soluzione sia una scoperta originale; altrimenti evitiamo di ripetere un errore che altri prima di noi aveva già compiuto.
Qui si incrocia la questione della loro denominazione. Invece di chiamarli “giganti” o “classici” potremmo indicarli più prosaicamente come “maggiori”: essi sono quegli autori che ci hanno preceduto, che per qualche ragione noi consideriamo rilevanti per il progresso della ricerca filosofica. Quel che è certo è che l’elenco di questi “giganti” o “classici” o “maggiori” che dir si voglia non è definito una volta per tutte. Un autore del passato che è stato ritenuto per molto tempo un pensatore di riferimento potrebbe non più esserlo oggi. D’altra parte nella lista potrebbero stare dei nomi che in passato non erano considerati; tra questi, anche qualche autore contemporaneo.
Quale attualità mantiene, ai giorni nostri, la filosofia socratica?
Ogni epoca ha il suo Socrate, anche la nostra. La sua importanza per la filosofia è ovvia: Socrate è il filosofo per antonomasia. Tuttavia il giudizio su di lui non fu concorde tra coloro che furono testimone del suo insegnamento e tuttora non lo è.
Nel volume abbiamo riunito tre contributi importanti che aiutano a ricostruire l’immagine di Socrate. Troviamo elementi interessanti per cogliere il significato attuale del suo insegnamento nella rilettura che Mauro Bonazzi offre del processo e dei dialoghi giovanili di Platone; nell’analisi di Maria Michela Sassi dei diversi aspetti del suo metodo (dell’ironia, della confutazione e della maieutica); nell’articolata esposizione che Franco Ferrari ci restituisce della ricerca socratica di una techne in grado di guidare l’uomo al benessere e alla realizzazione di sé. Per Socrate l’arte di vivere esiste, ma la sua acquisizione è difficile perché, scrive Ferrari nelle conclusioni della sua accurata analisi, “essa si fonda sul primato della ragione, vale a dire di un’istanza che molto spesso gli uomini sono portati a considerare strumentale e non autonoma”.
A me sembra un insegnamento della filosofia socratica che oggi dovremmo fare nostro: restituire nelle nostre scelte, individuali e collettive, pubbliche e private, il primato della ragione. L’esperienza drammatica, a volte tragica, della pandemia ha mostrato quanto sia importante questo primato. Purtroppo al riguardo non tutti i filosofi sono stati esemplari.
Di quale rilevanza sono, nell’odierno dibattito filosofico, i concetti fondamentali del pensiero di Aristotele?
Al rapporto tra Aristotele e la filosofia contemporanea sono dedicati cinque contributi. Trattano della fisica, della filosofia della mente, dell’etica, della retorica. Ne scrivono Giuseppe Cambiano, Sandro Nannini, Maria Silvia Vaccarezza, Anna Elisabetta Galeotti e Silvia Gastaldi. È evidente che vi sono anche altri ambiti della ricerca filosofica contemporanea che hanno recepito con profitto temi, problemi, metodi e concetti della filosofia aristotelica. I contributi pubblicati sono tuttavia sufficienti a segnalare la sua attuale incidenza. Tra i nomi di pensatori contemporanei il cui debito con la filosofia aristotelica è evidente vi sono ad esempio Hilary Putnam, Elizabeth Anscombe e Chaïm Perelman. Ilomorfismo, virtù, akrasia, endoxa sono alcuni dei concetti aristotelici che hanno una particolare rilevanza nel dibattito filosofico odierno.
Quale influenza esercita la tradizione filosofica su temi come soggettività, coscienza, ragionevolezza e secolarizzazione e quali vie sono state recentemente seguite per integrare o modificare le soluzioni adottate in passato?
A questi temi è dedicata l’ultima parte del volume. Essa offre una discussione di temi significativi della filosofia contemporanea, di ambiti disciplinari diversi. Questi saggi studiano l’influenza esercitata dalle trattazioni pregresse e individuano le vie che sono state seguite di recente per integrare o modificare le soluzioni adottate in passato. Gianfranco Soldati si occupa di soggettività; Massimo Reichlin di coscienza; Roberta Sala di ragionevolezza; Paolo Costa di secolarizzazione.
Anche in questi contributi non manca il riferimento agli autori che in passato hanno affrontato questi temi. Qui però si intende misurare soprattutto il progresso compiuto negli ultimi decenni dalla ricerca filosofica e l’adeguatezza al presente delle soluzioni proposte.
Il bilancio ovviamente è diverso a seconda delle questioni considerate. Se pensiamo ad esempio all’idea di ragionevolezza è evidente che il contesto è una società civile caratterizzata dal fatto del pluralismo. Si cominciò a trovare i rimedi contro le guerre di religione, a cercare l’interpretazione più appropriata della tolleranza. La questione della ragionevolezza si pose in effetti in epoca moderna con il fatto del pluralismo religioso. Oggi la ritroviamo, seppur con caratteristiche nuove. Mi riferisco al valore che è riconosciuto attualmente nel dibattito pubblico alle differenze culturali. È il fatto del pluralismo culturale, che ci è tanto famigliare nelle società occidentali. La storia della secolarizzazione è ancora più breve.
Se poi si guarda ai tentativi di soluzione è facile vedere che in qualche caso la discontinuità è rilevante rispetto alle teorie che nel passato erano considerate canoniche; in altri casi invece tanto i concetti quanto il metodo di analisi sono ancora molto simili. Insomma ogni problema filosofico ha la sua storia.
Marcello Ostinelli (1951) è stato docente e ricercatore di filosofia dell’educazione della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana. È autore di saggi di etica, filosofia politica, teoria dell’educazione, storia della scuola, didattica della filosofia. Recentemente ha curato per l’editore Carocci i volumi: Un’etica per la scuola. Verso un codice deontologico dell’insegnante (2016); Saggezza e altre questioni di filosofia (2019) e Modernità, scienza e democrazia (2020) e I classici e la filosofia contemporanea. Letture e interpretazioni (2021).