“I bugiardi del clima. Potere, politica, psicologia di chi nega la crisi del secolo” di Stella Levantesi

Dott.ssa Stella Levantesi, Lei è autrice del libro I bugiardi del clima. Potere, politica, psicologia di chi nega la crisi del secolo edito da Laterza: chi sono i negazionisti dell’emergenza climatica?
I bugiardi del clima. Potere, politica, psicologia di chi nega la crisi del secolo, Stella LevantesiI negazionisti del cambiamento climatico sono le aziende di combustibili fossili, le lobby, i gruppi di pressione, i politici conservatori, i think tank di stampo conservatore – che fungono da serbatoi per promuovere l’ideologia negazionista e conservatrice – gli scienziati negazionisti finanziati dalle aziende, e la camera dell’eco, ovvero alcune piattaforme mediatiche che alimentano la narrazione negazionista attraverso la disinformazione. I negazionisti non fanno un atto di sola negazione, ma di negazionismo. Questo significa che non si limitano a non accettare la realtà o a rimuoverla, ma creano una realtà alternativa. Il negazionismo è intenzionale, è strategico ed è pubblico. In questo contesto è fondamentale comprendere che il negazionismo è un fenomeno strutturato e organizzato, non è una semplice “corrente di pensiero”: per questo si parla di macchina del negazionismo climatico. Siamo negli Stati Uniti degli anni ’40, ’50 e ’60, la consapevolezza e la coscienza ambientalista stanno crescendo e, nello stesso momento, nasce il negazionismo climatico. Fin dall’inizio, la macchina negazionista è sempre entrata a pieno regime quando l’azione sul cambiamento climatico diventava una priorità più alta per le politiche governative, proprio come nel caso dell’industria del tabacco: la campagna di disinformazione del tabacco ha raggiunto un picco quando la regolamentazione governativa stava per essere promulgata. Il negazionismo non è un fenomeno esclusivo agli Stati Uniti, anzi, è presente anche in altri paesi, inclusa l’Europa e l’Italia. La vera differenza è che al di fuori degli USA, il negazionismo è meno istituzionalizzato e si muove su canali meno riconoscibili e strutturati, e quindi in un certo senso anche più insidiosi. Da quando le aziende di combustibili fossili hanno capito che la propria attività è legata all’aumento delle emissioni e al conseguente aumento della temperatura, i negazionisti hanno messo in atto una vera e propria campagna di disinformazione sul clima per ritardare ed evitare qualsiasi tipo di regolamentazione al proprio settore. Ne “I bugiardi del clima” racconto il fenomeno del negazionismo proprio a partire da quella che chiamo una delle più grandi opere di insabbiamento della storia recente: alcune aziende di combustibili fossili, già dagli anni ’70 e ’80, sapevano del legame tra la propria attività e il riscaldamento globale. Erano stati gli scienziati interni a queste stesse compagnie a osservare questo collegamento di causa-effetto e a dare l’allarme sulla necessità per le aziende di limitare le emissioni e cambiare rotta. Le aziende non hanno agito su queste osservazioni scientifiche, hanno fatto il contrario. Da allora, hanno fatto di tutto per nascondere la propria responsabilità nel cambiamento climatico.

Quali interessi si celano dietro il negazionismo climatico?
Si può dire che sono tre gli obiettivi principali della macchina del negazionismo: ritardare e ostacolare qualsiasi tipo di regolamentazione al settore fossile, di politica climatica o ambientale, seminare dubbi sulla scienza del clima e confondere l’opinione pubblica dando l’impressione che il dibattito sul cambiamento climatico sia ancora in corso. Tuttavia, le motivazioni che si nascondono dietro questi obiettivi sono molteplici. La prima ha a che fare con il potere e il denaro. Le aziende di combustibili fossili non potevano permettere che la propria attività fosse compromessa e agire per ostacolare le politiche climatiche era fondamentale per mantenere quello che viene chiamato il business as usual e, di conseguenza, per continuare a mantenere e accrescere il profitto. Ma gli interessi dei negazionisti non sono solo di tipo economico. Hanno anche a che fare con la politica e la psicologia. Non è un caso che il sottotitolo de “I bugiardi del clima” sia proprio “Potere, politica e psicologia di chi nega la crisi del secolo”. La climatologia è percepita come in conflitto con i valori, l’ideologia politica e gli interessi dei negazionisti che spesso aderiscono ad una bolla, quella conservatrice negli Stati Uniti e quella populista in Europa. Per questo gli interessi dei negazionisti riflettono anche un sistema di valori che ha molti punti di contatto e, anzi, spesso si sovrappone, all’identità politica più conservatrice. Nei casi estremi, quando i negazionisti sono ultraconservatori, misoginia, xenophobia e negazionismo si fondono, alimentandosi e rafforzandosi a vicenda. Ma ci sono anche altri elementi che contribuiscono al negazionismo climatico, e questi sono radicati nella paura: il terrore di perdere il proprio status quo e i propri benefici all’interno della società. È chiaro che proprio per questo, i negazionisti sono spesso uomini bianchi sopra una certa età. Per questo i sociologi parlano di “effetto maschio bianco”, da “white male effect”, dinamica all’interno della quale l’uomo bianco e conservatore è il più preoccupato a perdere il suo status quo nella società. Alla base di queste sovrapposizioni c’è la paura di perdere quella che uno studio svedese chiama “la mascolinità della modernità industriale in declino” e il proprio senso di identità. Le motivazioni per partecipare alla campagna di disinformazione, quindi, variano da quelle economiche a quelle personali, ad esempio, lo status di celebrità e potere di cui godono pochi individui, ma tutte condividono l’opposizione all’impegno governativo di implementare norme e leggi per attenuare il cambiamento climatico.

Quali argomenti adotta chi nega l’emergenza climatica?
La prima cosa da tenere in considerazione quando si parla di argomentazioni utilizzate dai negazionisti è che, oggi, molto spesso, non si tratta di negare l’esistenza dell’emergenza climatica toutcourt. Questo i negazionisti lo hanno fatto per decenni, cercando di ribaltare il consenso scientifico sul cambiamento climatico – con l’espressione “consenso scientifico” sul cambiamento climatico si intende la posizione collettiva della comunità globale di scienziati sulle cause del riscaldamento globale. L’obiettivo principale della campagna negazionista, inizialmente, era proprio quella di impedire la formazione di un consenso per l’azione politica sul cambiamento climatico. Per questo la macchina negazionista si è tanto affannata a manipolare dati, ad attaccare gli scienziati del clima e a confondere l’opinione pubblica, proprio per dare l’impressione che il dibattito sull’esistenza del cambiamento climatico fosse ancora in corso, nonostante il fatto che i negazionisti, per primi, già sapevano che un dibattitto non è mai nemmeno esistito. All’epoca, la macchina negazionista voleva far passare il messaggio che il cambiamento climatico non è un fenomeno scientifico, ma solo un’opinione, un’incertezza. Oggi è sempre più difficile sostenere questa narrazione, quindi i negazionisti ricorrono a strategie più insidiose: dagli argomenti retorici al mito della responsabilità individuale, dal greenwashing alle teorie del complotto. Una delle argomentazioni più banali, forse, ma molto popolari tra i negazionisti e anche molto efficaci all’interno della bolla negazionista è: presenza di freddo uguale assenza di riscaldamento globale. Da un punto di vista strettamente nozionistico, questa affermazione ignora la distinzione fondamentale che esiste tra il clima ed il meteo e per questo, è fonte di grave disinformazione. Nel 2015, al Senato americano, il senatore repubblicano e negazionista climatico James Inhofe tirò fuori una palla di neve da un sacchetto, a riprova del fatto che “fa molto freddo fuori” e, per questo, il riscaldamento globale non può esistere. Un’altra tattica negazionista è l’argomentum ad hominem, attaccare il carattere, le motivazioni o altre caratteristiche della persona che mette in campo l’argomentazione invece di attaccare i contenuti dell’argomentazione stessa. Nel capitolo 7 del libro approfondisco le argomentazioni e le tattiche dei negazionisti, che sono numerose e molto efficaci. In generale, qualsiasi argomentazione che crea ambiguità, quello che viene chiamato “caos intenzionale”, risulta efficace per i negazionisti. Le argomentazioni da loro utilizzate non hanno solo l’obiettivo di confondere, ma di trasformare un fenomeno scientifico in un tema politico. Solo così si può rendere dubitabile un tema e, solo così, si possono mettere in discussione l’esistenza del fenomeno e l’urgenza di cui necessita, cosa che oggi accade sempre più spesso. Quante volte avete sentito il termine “allarmista”? È l’espressione che i negazionisti utilizzano per screditare chi si batte per il clima, sostenendo – falsamente – che anche se il cambiamento climatico esiste, non è poi così grave come “vogliono farci credere”. In questo senso, anche il linguaggio dei negazionisti è fondamentale.

Come operano le lobby negazioniste?
Le lobby negazioniste si affidano a numerosi strumenti per mettere in campo la disinformazione sul clima e per evitare che vengano approvate le politiche climatiche. I più efficaci sono la manipolazione mediatica e dei dati, le strategie di comunicazione di cui abbiamo in parte già parlato ma che si sono sviluppate anche in maniera più sistematica attraverso i “maestri di manipolazione”, esperti di comunicazione ingaggiati dalla macchina negazionista per far passare determinati messaggi attraverso spot o campagne pubblicitarie e, ultimo ma non ultimo, i finanziamenti. La macchina del negazionismo climatico finanzia numerosi politici conservatori e le loro campagne politiche, ma finanzia anche scienziati o “falsi esperti” al fine di nascondere il legame tra le aziende e le emissioni e al fine di far passare la narrazione negazionista. Secondo un rapporto del 2019, le 5 maggiori compagnie di petrolio e gas spendono quasi 200 milioni l’anno al fine di esercitare pressione per ostacolare le politiche climatiche. Il negazionismo del cambiamento climatico non è un tema che riguarda il passato soltanto, anzi. Questo è un punto che evidenzio particolarmente ne “I bugiardi de clima”. Ancora oggi, secondo un’indagine indipendente, al Congresso americano ci sono 139 membri tra rappresentanti e senatori che rifiutano di ammettere la scienza del clima e, in totale, hanno ricevuto più di 60 milioni di dollari dalle aziende di combustibili fossili. Questo dato è indicativo di quanto la pressione delle lobby negazioniste è reale e ancora significativa all’interno dei meccanismi politici oggi. E da questo punto di vista è fondamentale non sottovalutarla. La verità è che i negazionisti hanno avuto successo nel ritardare e ostacolare le politiche climatiche. Anche per questo oggi siamo ancora così indietro con l’azione globale per il clima.

Come difendersi dal negazionismo climatico?
Per combattere il negazionismo climatico è fondamentale imparare a riconoscere quelli che sono i meccanismi e i processi del negazionismo, il mio libro nasce anche da un’esigenza di questo tipo. Tanto per cominciare, è fondamentale perché i fatti non bastano. Sono essenziali, ma non bastano. Bisogna comprendere i processi e imparare a riconoscere le strategie. Anche perché imparare a conoscere quali sono le strategie del negazionismo climatico può aiutare a individuare e sfatare l’inganno del negazionismo non solo nell’ambito climatico ma anche in altri ambiti. È un modo per combattere la disinformazione su tutto lo spettro scientifico. E poi è cruciale anche scendere più in profondità, farsi domande e riconoscere che abbiamo interiorizzato alcune cose a tal punto da non riuscire più a metterle in discussione. Anche questo è un punto sul quale mi soffermo molto ne “I bugiardi del clima”. Il negazionismo ha interagito con altri fattori per produrre l’attuale stato di paralisi nel contesto dell’emergenza climatica. La crisi climatica non si può affrontare a compartimenti stagni e non riguarda solo il clima o l’ambiente. Riguarda anche le questioni sociali, la politica, l’economia. E soprattutto riguarda noi, la nostra salute, la nostra sopravvivenza. Bisogna cambiare approccio. Altrimenti andremo avanti continuando a commettere sempre gli stessi errori.

Stella Levantesi, giornalista e fotoreporter, si è formata alla scuola di giornalismo della New York University. È autrice di I bugiardi del clima (Laterza, 2021). Collabora con testate italiane e internazionali e i suoi lavori sono stati pubblicati, tra l’altro, su “The New Republic”, “il manifesto”, “Wired”, “Internazionale”, “LifeGate” e “Ossigeno”. Si occupa in particolare di ambiente, crisi climatica e conservazione ed è specializzata nel negazionismo del cambiamento climatico e nella disinformazione scientifica.

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