“I bambini e il pensiero scientifico. Il lavoro di Mary Everest Boole” di Ana Millán Gasca e Paola Magrone

I bambini e il pensiero scientifico. Il lavoro di Mary Everest Boole, Ana Millán Gasca, Paola MagroneProf.ssa Ana Millán Gasca, Lei è autrice con Paola Magrone del libro I bambini e il pensiero scientifico. Il lavoro di Mary Everest Boole edito da Carocci: qual è l’importanza di The Preparation of the Child for Science di Mary Everest Boole?
L’educazione scientifica, ossia in matematica, fisica, chimica, biologia, geologia, è oggi oggetto di molti studi: ci sono ogni anno convegni su questo argomento in tutto il mondo, e in ogni paese che punta a uno sviluppo duraturo si investono somme consistenti nella ricerca didattica e – soprattutto recentemente – nel tentativo di valutare l’apprendimento degli allievi, così come in iniziative anche festose e ludiche per invogliare ragazzi e ragazze a intraprendere la carriera scientifica.

Ma i risultati sono veramente scarsi, in particolare in Europa e negli Stati Uniti. La matematica soprattutto è una fonte di frustrazione e di paure, quando invece si tratta di un campo per esercitare l’immaginazione, il discorso e la condivisione, per imparare il ruolo dell’errore nella ricerca della verità, per avvertire l’esigenza e la potenza del linguaggio simbolico.

Eppure, i bambini piccoli sono quasi sempre interessati ad apprendere a contare, accettano la sfida dei piccoli calcoli e problemi e, soprattutto, esploratori e costruttori, confrontano con perizia bastoncini, cubi, mattoni, costruendo e smontando … cosa succede quando inizia la scuola? I bambini piccoli si interessano attivamente alle sostanze (la terra e la sabbia, lo zucchero, la farina, il succo del limone…), si pongono domande sulle nuvole inarrivabili e sulla brezza che carezza il viso, che si sente e non si vede, per non dire dell’acqua, da bere, da spruzzare, nella quale lanciare pietre o immergersi…

Perché le scienze appaiono a scuola astruse e distanti dai loro interessi, al punto da disertare le professioni scientifico-tecniche?
Ecco, crediamo che vi è oggi più che mai una difficoltà, un’incapacità di comprendere cosa è in gioco nell’incontro di bambini e ragazzi con le scienze e con la tecnologia delle quali è intriso il nostro mondo, le nostre città, il modo di comunicare e di avere rapporti fra le persone. Questo saggio di Mary Boole offre piste e riflessioni originali e convincenti.

Mary Boole aveva un gran amore per la matematica e per le scienze e una grande passione per l’educazione, e si era convinta che la tentazione di offrire ai ragazzi conoscenze aggiornatissime e spiegazioni scientifiche già pronte, nascondendo loro il faticoso cammino seguito per raggiungerle, avrebbe provocato disgusto, rovinando la potenza pedagogica delle scienze. Ma non si è limitata alla critica: ha prospettato una via efficace e umanistica, incentrata sull’aprirsi al mondo in tenera età. Sono passati cento anni, ma questo suo libro conserva la forza dei classici del pensiero: “preparare” i bambini alla scienza richiede, secondo lei, farsi carico dell’impatto dei concetti e delle teorie scientifiche su un giovane che osserva, che tocca, che si muove, che ragiona, che si fa delle idee sul mondo. La scienza non deve schiacciare la loro ricerca; sarebbe drammatico e un danno irrimediabili nascondere sotto un dogmatismo “scientista” il fatto che l’avanzamento della scienza è un continuo mettersi in discussione, l’esame di più punti di vista e la paziente raccolta di dati e misure di verifica o falsificazione, si appoggio sullo slancio di ipotesi sostenute dall’immaginazione matematica…

Quale metodo pedagogico propone Mary Everest Boole?
Mi faccia prima fare una osservazione a proposito di metodo. Pensi che quando si diffuse in Europa e negli Stati Uniti l’approccio del pedagogista svizzero Johann Pestalozzi, era tutto un parlare del Metodo di Pestalozzi per apprendere gli elementi della matematica fin dalla più tenera età. Certo, alla fine del Settecento, quando le scoperte scientifiche destavano l’ammirazione dei colti europei, Pestalozzi aveva intravisto l’esigenza di accostare il bambino ai numeri, le forme, le cose e la natura, e per tutto l’Ottocento fu la figura di riferimento di tutti coloro che sosteneva l’importanza delle scienze matematiche e naturali nell’educazione. Ma il metodo faticoso di esercizio aritmetico seguito nelle scuole e nei libri correnti appariva a molti una vera e propria tortura. Per cambiare, serviva qualcosa di infallibile e sicuro, da seguire pedissequamente per ottenere i risultati voluti, un Metodo appunto. Poi ci fu il metodo del prussiano Friedrich Fröbel – che in più, per la prima volta, prevedeva dei “materiali didattici”, e attorno al 1900 ecco arrivare il Metodo di Maria Montessori, con altri materiali e passi dettagliati da seguire. Oggi qua e là si propongono Metodi con la m maiuscola, e questa vana ricerca del Metodo danneggia la scuola, gli insegnanti e gli allievi. Ecco, Mary Boole non propone un metodo, eppure il saggio ha una concretezza straordinaria negli esempi che offre e nei dialoghi simulati che esemplificano il modo di discorrere fra adulti e bambini.

Il saggio si rivolge a genitori, insegnanti ed educatori: in primo luogo per aprire i loro orizzonti su ciò che la scienza è, o per meglio dire su ciò che è l’“atteggiamento scientifico”; in secondo luogo, per invitarli a mettersi nei panni dei bambini e a saperli ascoltare, in modo da presentare loro le cose nel modo più consono. Entrambi questi aspetti sono presentati in riferimento a ciò che lei chiama la “pulsazione ritmica”, ossia il dinamismo che caratterizza il modo di porsi di fronte al mondo dello scienziato, così come anche un modo di comprendere, da promuovere nel bambino, che preservi la sua libertà di spirito, la sua iniziativa, la sua curiosità, incanalandole secondo regole di pensiero che costituiscono anche un vero e proprio codice etico, per la limpidezza che implicano e per la responsabilità che incoraggiano.

Pensate infatti a un gruppo di bambini intento a cercare la soluzione di un problema che è stato proposto loro, discutendo, disegnando, proponendo idee, per poi arrivare a esporre insieme in modo ordinato la soluzione accompagnata dalla loro argomentazione; o a un altro gruppo di bambini che sta verificando un fenomeno chimico in classe. Tutto ciò richiede cura, attenzione, lealtà, spirito di precisione, flessibilità, precauzione… Pensi al piccolo naturalista raccogliendo campioni o curando un orto in classe: arriverà a qualche conclusione se procede con rispetto, attenzione e delicatezza, ponendosi con reverenza ma anche con intraprendenza.

I capitoli centrali del libro esaminano nel dettaglio la conoscenza inconscia, implicita, che il bambino acquisisce se promoviamo un contatto diretto con le attività tecniche o artigianali, con macchine e dispositivi, con ciò che avviene in cucina o ciò che vede nel parco o in una gita all’aperto. Vi sono molti esempi, alcuni ancora validi oggi (fa riferimento ad esempio all’allora recentissimo Science Museum di Londra), altri sostituibili oggi con accortezza … ad esempio pensate a un bambino che, richiamato dal rumore, si avvicina a osservare la lavatrice che centrifuga e, una volta aperta, vede poi come sono disposti i panni… Propone di non interferire con i momenti in cui il pensiero spazia rimuginando ciò che si è osservato o fatto, i momenti sabbatici o di tempo libero. Un esempio che la ha resa celebre è l’idea di lavorare con fili e aghi per creare delle curve che si intravedono come limitate dai fili che si succedono (che evocano le tangenti alla curva, quindi un concetto matematico avanzato). L’immaginazione matematica richiede di essere coltivata attraverso racconti e materiali, slanciando il pensiero oltre la realtà materiale.

In che modo è possibile avvicinare i bambini al pensiero scientifico?
I bambini cercano l’amore e la cura, innanzitutto. Il pensiero scientifico può fare leva sulla loro estrema sensibilità alla bellezza e al senso di libertà e di vita che è insita nel movimento e nel gioco. La scienza irrigidita in definizioni e classificazioni non offre alcuna attrattiva, come la matematica ridotta a procedure: sono, prima di tutto, brutte, prive quindi di interesse. La scienza calata dall’alto in spiegazioni pronte e sicure disgusta, e purtroppo il dogmatismo dei manuali si estende dall’istruzione superiore a quella infantile: esso è quanto di più distante dallo spirito del gioco, del paradosso, della sorpresa. Molto, moltissimo, dipende dal modo di porre le questioni da parte dell’insegnante. Per questo motivo, chi insegna matematica e scienze deve per primo essere sempre in cammino, cercando di ampliare il proprio sapere: come esorta Mary Boole, non si tratta di essere sempre aggiornatissimi, ma di leggere saggi sulla scienza e conoscere anche la storia della scienza, e avvalersi anche degli studi degli ultimi anni sull’epistemologia della scienza, sul modo particolare in cui essa procede, sviluppatosi a partire dall’alveo filosofico. Su queste basi, bisogna perseguire sempre la bellezza e la gioia giocosa, che è estremamente seria, se deriva dalla pulsazione ritmica fra analisi e sintesi, fra due punti di vista, fra due vie di soluzione: in una spiegazione, in un esempio, in un problema, in un piccolo esperimento, in un dibattito di classe.

La comprensione dei bambini è agevolata dal racconto più che dagli “schemi” formali. La storia della scienza e della tecnica, dall’umanità preistorica (i più grandi inventori, come li chiama Gombrich nella sua Breve storia del mondo) all’invenzione della numerazione scritta, dai sapienti che parlavano dei quattro elementi al laboratorio alchemico a quello di Lavoisier, dagli astronomi babilonesi al canocchiale di Galileo, dagli agrimensori egizi agli scienziati che progettarono il sistema metrico decimale, a quelli che strutturarono e costruirono i primi computer… sono tutti esempi che entusiasmano, che aiutano a capire perché il nostro mondo è così pieno di macchine e di fili e perché va veloce e calcola senza sosta …

Mary Boole è vissuta nei decenni che hanno forgiato il nostro mondo, nell’Inghilterra (a Londra) che si trasformava lasciando definitivamente indietro i modi di vita tradizionali, nei suoi aspetti materiali (motori, turbine, navi, gas, elettricità…); è cresciuta e ha vissuto in un ambiente culturale nel quale le idee sull’evoluzione nel mondo naturale apparivano in conflitto con la religione, ponevano domande radicale sulla conoscenza umana e sembravano aprire un baratro alla dimensione etica… Ha conosciuto il grande Charles Babbage, che per primo costruì una vera e propria macchina di calcolo ed è stata moglie di George Boole, uno dei fondatori della logica matematica moderna, le cui ricerche si applicano ogni volta che facciamo una ricerca su Internet. Grazie a un suo punto di vista privilegiato, a una lunga esperienza di educatrice e a un talento innegabile, ha intravvisto quanto difficile sarebbe stato avere l’energia e la profondità per cercare di offrire ad ogni bambino e bambina la conoscenza della potenza del pensiero scientifico, ma senza scorciatoie, senza stabilire barriere fra quelli che “sono portati” e quelli che non lo sono, senza opporre la logica dello scienziato a una presunta “irrazionalità” o illogicità del bambino; e nel suo saggio vive la sua fiducia nella ferrea logica infantile, nella forza dell’educazione e nella bellezza della scienza.

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