“Hong Kong. Racconto di una città sospesa” di Marco Lupis

Dott. Marco Lupis, Lei è autore del libro Hong Kong. Racconto di una città sospesa edito dal Mulino: cosa rende straordinaria Hong Kong?
Hong Kong. Racconto di una città sospesa, Marco LupisDal mio punto di vista Hong Kong è una città per più versi assolutamente unica al mondo, perché difficilmente esiste nulla di simile a questa gigantesca metropoli che, nella sua parte centrale, assomiglia a una Manhattan asiatica, ma che allo stesso tempo si affianca e si confonde nel caos e nel disordine quotidiano di un gigantesco villaggio cinese e – infine – come evidenzio nel mio libro, riesce anche a fondersi con gli elementi primordiali, l’acqua prima di tutto, il mare, i devastanti tifoni, la natura incontaminata che – a sorpresa per chi non la conosca – ricopre la stragrande maggioranza del suo territorio. E poi ci sono le quasi trecento isole: dove troviamo altrove qualcosa che si possa anche solo lontanamente avvicinare a tutto questo?

Quali vicende hanno segnato la storia della metropoli asiatica?
Ho scritto che Hong Kong ha origine da una “storia d’amore tra Oriente e Occidente”, ma forse bisognerebbe dismettere per un attimo gli occhiali della nostalgia e dell’amore incondizionato che mi lega a questa mia seconda “Patria” (con la maiuscola) per riconoscere che in realtà la storia di Hong Kong nasce da uno scontro, uno scontro epocale tra quella che nell’Ottocento era la superpotenza globale, la Gran Bretagna e il suo Impero, e quello che era un impero altrettanto straordinario, la Cina Imperiale, ma che in quel periodo storico attraversava difficoltà, tensioni interne, spinte proto-rivoluzionarie, disordini e problemi di ogni genere, che ne fiaccarono la potenza e la capacità negoziale, e così dovette soccombere davanti all’arroganza dei britannici, dopo aver perso ben due guerre. Ma non guerre qualsiasi, perché si trattò delle cosiddette “guerre dell’Oppio”, quelle che Londra scatenò contro Pechino per continuare – nel modo più arrogante possibile – ad avere la libertà di commerciare droga nei suoi confini. Si può dire, senza tema di esagerare, che l’Inghilterra dell’epoca era uno stato narcotrafficante, e impose alla Cina un’umiliazione cocente con quelli che, non a caso e assolutamente a ragione – ancora oggi la Cina definisce “trattati ineguali”. E l’umiliazione più grande fu costringere la Cina a cedere parti del suo territorio, cedere sovranità, il più importante dei quali fu quello dell’isola di Hong Kong. Non c’è da stupirsi se oggi la nuova Cina, potente e assertiva, non si sia mai dimenticata quelle cocenti umiliazioni alle quali la sottopose l’Occidente e voglia adesso togliere dalla scarpa più di un sassolino!

Qual è l’anima di Hong Kong?
L’anima di Hong Kong sta secondo me, proprio in quanto ho detto all’inizio, ovvero in questa sua “magnifica complessità”, quella che racconto in un capitolo che si intitola non a caso proprio così.

Ma la vera anima di Hong Kong, quella più profonda e meno evidente, come spiego nel libro, sta nel rapporto della città col mare. Un rapporto profondo, che si riassume nel mito, il mito del culto appunto di Tin Hau, la Dea del Mare. È lei quella che mi segue lungo tutta la mia lunga avventura e lungo tutto il libro….

Cosa ha significato per la città il ritorno alla Cina?
All’inizio nulla. Dopo il 1° luglio del 1997, anche io come altri scrissi che il ritorno di Hong Kong alla Cina somigliava al Gattopardo: “bisogna che tutto cambi perché tutto resti com’è”. Ma gli ultimi anni sono stati un brusco e traumatico risveglio per tutti.

Qual è la situazione attuale nella città-stato?
È una situazione molto complessa e difficile. Gli accordi sino-britannici le avrebbero dovuto garantire il mantenimento dello status quo fino al 2048, con la garanzia di preservare tutte le libertà civili, democratiche, religiose e giuridiche. Ma non è stato così, purtroppo. Sono scoppiate le proteste oceaniche, prima la Rivoluzione degli Ombrelli del 2014, e poi quelle ultime dell’estate 2019, che hanno portato in piazza milioni di persone, per chiedere democrazia e diritti.

A quel punto la potente Cina assertiva di Xi Jinping si è stufata e ha posto fine – unilateralmente – agli accordi presi con la Gran Bretagna a suo tempo, dando il via a una svolta repressiva che aumenta ogni giorno di più.

Quale futuro, a Suo avviso, per Hong Kong?
Posso solo ripetere ciò che ho scritto come conclusione al libro, e cioè che tracciare un’ipotesi di futuro per Hong Kong significa mettere nel conto una tale serie di variabili, da rendere il risultato finale perlomeno poco attendibile, e un eventuale pretesa di riuscita un atto di pura arroganza. La città, il suo sviluppo, il suo domani, sono talmente intrecciati all’evoluzione del gigante cinese, sono così legati al mutare quotidiano degli equilibri tra le due superpotenze – Usa e Cina – i cui resoconti riempiono ormai le news quotidiane, da vanificare ogni tentativo in tal senso.

Hong Kong – terra di confine e limite tra due mondi che continuano a sfiorarsi ma restano distanti – procede a vista, verso un futuro incerto, pieno di faraonici progetti voluti da Pechino per stringerla con ancor maggior forza nella sua morsa e per stupire il mondo con quella continua, muscolare esibizione di potenza industriale, tecnologica e scientifica alla quale i cinesi ci hanno ormai abituato.

Almeno una cosa, però mi sento di affermarla con una certa sicurezza: la gente di Hong Kong non ha bisogno di altri ponti lunghi centinaia di chilometri, di prosciugare ulteriormente il mare e spostare le montagne, per sperare in un futuro migliore e più sereno. Ha bisogno che le si consenta di continuare a vivere come è sempre stata abituata a vivere, fin dall’inizio della sua storia moderna. Ha bisogno che le sue libertà, i suoi diritti, le sue abitudini, così ostinatamente democratiche – in una parola la sua straordinaria unicità – siano garantite e rispettate. Ha bisogno di poter contare sulla propria umanità.

Marco Lupis, giornalista all’Huffington Post, è stato per molti anni inviato di guerra e corrispondente da Hong Kong per le maggiori testate italiane e per la Rai. Esperto di Estremo Oriente, il suo libro I cannibali di Mao (Rubbettino) ha vinto il premio «Città di Como» per il miglior libro di giornalismo di viaggio del 2019. Ha pubblicato: Interviste del Secolo Breve. Cinquanta incontri con i protagonisti della politica, della cultura e dell’arte del XX secolo (Del Drago, 2017, tradotto in molte lingue); Il Male Inutile. Dal Kosovo a Timor Est, dal Chiapas a Bali le testimonianze di un reporter di guerra (Rubbettino, 2018) (In Spagna: El Mal inutil – Guerras y masacres olvidadas, Dauro, 2020); I Cannibali di Mao. La nuova Cina alla conquista del mondo (Rubbettino, 2019).

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