
A mia volta oggi sono più che mai lieto di aver avuto parte in questa iniziativa. In un tempo così confuso e così pieno di paure, come quello in cui stiamo vivendo, penso sia molto utile testimoniare quanto abbiamo scoperto incontrando don Giussani: che cioè a tutta questa convulsa penombra l’esperienza cristiana dà una risposta attuale, convincente e possibile.
Nel libro avete deciso di dar parola soltanto a persone che incontrarono don Luigi Giussani tra il 1954, anno dell’inizio a Milano del suo insegnamento al liceo G. Berchet, e il 1964: come mai questa scelta?
Perché volevamo raccogliere e poi proporre semplici testimonianze di ragazze e ragazzi di quegli anni che incontrarono don Giussani come un prete e come un professore di religione fra tanti altri. Prima cioè che, dalla metà degli anni ’60 in avanti, il movimento nato attorno a lui cominciasse a fare notizia e a suscitare l’attenzione della stampa.
Tale movimento, ora noto con il nome di Comunione e Liberazione, da sempre è in sostanza e prima di ogni altra cosa un luogo di educazione alla fede cristiana. Per questo, ma solo per conseguenza, è anche un soggetto rilevante nella vita sociale e nella vita pubblica. Pretendere di capirlo e di giudicarlo a partire dalla sua presenza in tali ambiti è un po’ come cercare di prendere il proverbiale cane per la coda. Perciò ci è sembrato utile raccogliere testimonianze relative alla fase iniziale della sua storia; la fase che per natura sua è assolutamente al riparo da tale equivoco.
Nel titolo del libro riecheggiano le parole di Andrea e Filippo narrate nel Vangelo di Giovanni: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti». Qual è il valore dell’incontro per la fede?
Non mi ero, non ci eravamo accorti che nel nostro titolo riecheggiassero quelle parole. Me lo fate scoprire voi adesso, e ve ne sono molto grato. In effetti l’incontro di Andrea e di Filippo con Gesù, di cui si dice nel Vangelo di Giovanni, è il prototipo di tutti quelli analoghi che poi hanno seguito nella storia. La fede cristiana infatti si trasmette non per elaborazione teorica ma per incontri, e il cristiano cresce nella fede attraverso la vita nella comunità cristiana, nella Chiesa. Quelli di cui si legge nel nostro libro non sono altro dunque che alcuni esempi recenti della già bimillenaria e sin qui infinita catena di cui tale incontro fu uno dei primi.
Nel libro rivivono i momenti fondativi di Gioventù Studentesca, il movimento che più tardi avrebbe preso il nome di Comunione e Liberazione: come si passò da “raggi” e Varigotti all’impegno sociale ed ecclesiale?
Vi si giunse per naturale sviluppo di un’esperienza di Chiesa che ha sempre inteso mettersi in ascolto di tutti i bisogni dell’uomo di oggi, come Giovanni Paolo II volle positivamente sottolineare nella sua lettera a don Giussani nel 20° anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Cl (11 febbraio 2002). Questo sviluppo ha di certo avuto alti e bassi, e non è stato immune da errori, ma ciò non toglie nulla al valore di tale impostazione.
Luigi Giussani rappresenta una figura di primo piano nella storia della Chiesa del XX secolo: quale profilo ne emerge leggendo il vostro libro?
Emerge la straordinaria carica umana che gli veniva da una vita appassionatamente vissuta con grande forza e intelligenza, con grande fede e con grande gusto per la libertà.
Quali, tra le testimonianze da Lei raccolte, l’hanno colpita di più e perché?
Mi ha soprattutto colpito l’impressione che ne ho tratto nell’insieme. Tutti quanti – oggi madri di famiglia o professori universitari, dirigenti industriali o tecnici d’azienda, sacerdoti o medici e così via – sono concordi nel ricordare che parlando con don Giussani si aveva la certezza di essere di fronte a qualcuno che si interessava profondamente a te e al tuo bene; e che ti capiva magari anche meglio di come tu stesso ti capissi. Come ha scritto uno dei 28 autori, dava sempre “la risposta che serviva a me, la cosa che avevo bisogno di sapere io”.