
Perché davvero lo è stata. Perché è una storia vera. Si sa molto poco di Margherita, ci sono molte ipotesi su chi fosse. La più probabile, quella che la tradizione popolare ha sempre raccontato, è che fosse proprio una ragazza di Trastevere che cuoceva il pane. Ma una cosa è certa, è documentata. Raffaello amava Margherita alla follia. Vasari, che ha scritto da contemporaneo le vite dei più importanti pittori, ha scritto che Raffaello non riusciva nemmeno a dipingere, se non aveva Margherita intorno. Era di uno di quegli amori così, assoluti, fortissimi. Quelli che tutti vorremmo vivere.
Quella tra Margherita e Raffaello fu una storia d’amore contrastata e, soprattutto, clandestina.
Raffaello era promesso sposo alla nipote di un potente cardinale, che si chiamava Maria Dovizi da Bibbiena. Al Pantheon, dove Raffaello è sepolto, c’è persino una targa in ricordo della fidanzata ufficiale. Solo che Raffaello non la sposò, la fece attendere fino alla morte, per quasi sei anni, senza prenderla in moglie. La verità è che amava la Fornarina. Si sapeva, si poteva anche tollerare, era un’epoca di matrimoni di convenienza, non certo d’amore. Ma l’intensità della passione con la Fornarina dava comunque scandalo. E così, loro non potevano amarsi alla luce del sole. Ma, soprattutto, non potevano sposarsi, unirsi, perché lui era promesso ad un’altra. Se Raffaello si fosse sposato con la Fornarina, se avesse fatto uno sgarro come quello al Cardinale Dovizi, la sua carriera sarebbe stata compromessa, le commesse della sua bottega sarebbero state revocate, lui sarebbe finito in miseria.
Nel Suo libro ci svela il mistero della Fornarina, l’ultimo quadro di Raffaello prima della sua morte prematura.
Questo dipinto mi è sempre piaciuto sin da quando sono bambino. Mi ha sempre attirato, ha qualcosa di magico. Solo quando ho cominciato a studiarlo forse ho capito che cos’è che mi attrae. Il fatto che era stato dipinto per loro due. Non era un dipinto che avesse un committente, o una destinazione. Nessuno doveva vederlo. Era come la fotografia che si fanno due amanti, che serve a loro per salvare un momento di gioia. È come quella fotografia in cui siamo guardati da qualcuno che ci vuole bene, dove siamo venuti bene, dove ci siamo proprio noi; né belli né brutti, ma veri. E proprio per questo, perché questo dipinto doveva restare nascosto, Raffaello forse ci ha rivelato qualcosa di più. Al dito della Fornarina, infatti, ha messo un anello di matrimonio. Solo che Raffaello muore all’improvviso e qualcuno cancella quell’anello, probabilmente per timore che il Cardinale Bibbiena lo scoprisse e la sua ira si abbattesse sulla bottega di Raffaello.
Fa da sfondo al Suo racconto una Roma disabitata che vede allora fiorire il suo Rinascimento.
È stata una avventura appassionante ricostruire quella Roma lì, una città di poche decine di migliaia di abitanti che vivevano lì dove ne erano vissute più di un milione. Poche persone stipate in minuscole casupole che parevano ridicole in mezzo a quelle rovine enormi, acquedotti, archi, teatri, con i buoi che pascolavano ai Fori e le greggi al Colosseo. Eppure, Roma non è Atene. Non è una città che ha avuto una stagione irripetibile e poi molte stagioni minori. Sì, forse la grandezza della Roma dei Cesari non è mai tornata, è vero, ma all’inizio del Cinquecento qualcuno, i papi, gli artisti, hanno cominciato a pensare di poter rifare una Roma straordinaria, che poteva competere con quella antica, e hanno cominciato a riscoprire il passato, le statue, i colori, ma anche a distruggerlo, per essere liberi di costruire cose nuove. Io credo che studiare quella Roma sia una grande lezione anche per il presente, oltre che uno sfondo meraviglioso per una storia d’amore e di bellezza.
Nella Fornarina Raffaello intende cogliere e immortalare la Bellezza: a quali esiti lo conduce la sua ricerca?
Alla profonda umanità. La Fornarina non è la donna più bella della storia. A molti che conosco non piace neppure, esteticamente. Eppure, lì, in quel dipinto, è bella come mai. È bella perché è amata, è bella perché è lei.
Oltre che apprezzato scrittore, Lei è anche un affermato avvocato: come concilia le due attività?
Con grande gioia. L’avvocatura è un piacere, una grande passione, e poi è, soprattutto, il mio impegno quotidiano. La soddisfazione dei miei clienti per me è prioritaria e mi costringe spesso a rimandare la scrittura. Che è la cosa più profonda che ho, che ha la pazienza di aspettare. In fondo, c’è qualcosa che queste due passioni hanno in comune, perlomeno per come le intendo io. Sono due attività di servizio; in entrambi i casi, in un certo senso, io faccio un passo indietro, perché altre persone, i miei clienti, i personaggi, hanno bisogno di me. Io li rappresento, cerco di dare tutto me stesso per loro.