“Il grillismo. Tra democrazia elettronica e movimento personale” di Francesco Orazi

Prof. Francesco Orazi, Lei è autore del libro Il grillismo. Tra democrazia elettronica e movimento personale pubblicato da Carocci: quali sono i tratti ideologici principali del movimento grillista?
Il grillismo. Tra democrazia elettronica e movimento personale di Francesco OraziCredo che sarebbe un errore pensare al grillismo come a una ideologia politica tradizionale, piuttosto essa si presenta come re-invenzione mitizzata di una variegata schiera di complessi sociali attorno ai quali la storia ha costruito i suoi principali universi simbolici di realtà. Aspetti religiosi e di trascendenza transumana, retoriche del risentimento, populismo, utopie di salvezza, etiche della partecipazione pubblica e un simulacro di egualitarismo si combinano in un marketing mix del prodotto comunicativo che risulta molto efficace nella democrazia della stasi critica in cui galleggia l’Italia. Il movimento 5S è un soggetto politico della mediocrazia, di un modello tecnocratico di funzionamento della democrazia formale che ha appiattito il senso del messaggio politico su quello del consenso a sua volta prodotto da apparati mediali. Se Forza Italia è stato il partito mediocratico televisivo, quello del M5S sposta l’impalcatura mediale e comunicativa sul web. Credo si tratti comunque di una novità molto importante e questo a prescindere dalle sorti del grillismo. Un esempio è stato dato, questa la lezione storica dell’affermazione di questa forza, forse post-politica.

Il grillismo è un fenomeno di destra o di sinistra?
In una forza che aggrega consenso come il M5S le classificazioni tradizionali si scontrano con una bassa definizione del valore ideologico dell’appartenenza e con un’alta definizione dei messaggi comunicativi di immediata spendibilità sul mercato del consenso. I “fatti” sovrastano le idee e vengono dipinti, più che con ideologie coerenti, attraverso narrazioni disorganiche che ruotano intorno a una generale retorica del mal funzionamento e del mal costume politico. Il M5S non punta all’analisi strutturale dei fenomeni sociali e politici, punta al conseguimento di un consenso trasversale come scommessa per il potere. Se poi traduciamo questo meccanismo sul fronte della rappresentazione politica degli interessi sociali, allora possiamo dire che il M5S adotta il populismo soft praticato dalla DC, da la mano sinistra ai taxisti di destra e quella destra al salario di cittadinanza di sinistra.

Qual è il profilo sociologico dell’elettorato del Movimento5Stelle?
In primo luogo giovani, questo almeno per quel che riguarda la galassia del consenso. Guardando a quella della militanza il tratto giovanilistico del movimento si riduce. Il M5S aggrega sia sul piano elettorale che su quello della militanza un blocco di ceto medio messo alle corde dalla crisi con forti motivazioni alla partecipazione elettorale e in parte politica, uno zoccolo duro di garanzia in tempi di astensionismo diffuso. Il movimento è più maschile che femminile e almeno sul fronte dei militanti presenta tassi di scolarizzazione medio-alti. Sul piano territoriale il suo consenso è più solido al Centro-Nord e nelle città.

Ritiene che sarà prima o poi possibile, per il Movimento5Stelle, svincolarsi dal suo ispiratore e generare una classe dirigente autonoma?
Credo che la vostra domanda contenga in partenza la risposta: no. In primo luogo per un motivo di copyright, il marchio M5S è di Grillo e Casaleggio Associati e trovo difficile che nel breve periodo qualcuno possa rinunciare al vantaggio di brandizzazione che quel marchio esprime nel mercato del consenso. Contestualmente, però, metto in evidenza che “dal passo di lato” di Grillo, sia pure con difficoltà e contraddizioni fin dentro la praticabilità democratica di certe scelte, il M5S ha avviato un processo di valorizzazione di quella classe dirigente forzata che la valanga di voti del 2013 ha scaraventato al centro del potere politico. Non dobbiamo dimenticare le origini di questa forza politica, all’inizio quasi raffigurata in termini macchiettistici e che solo 4 anni fa era un movimento totalmente outsider. I tempi e le modalità con cui si genera classe politica e dirigente sono lunghi e accidentati e il M5S non è in questo diverso da tutte le forze politiche non tradizionali che hanno abitato la storia della Seconda Repubblica.

Quale sarà, a Suo avviso, il futuro del Movimento5Stelle?
A breve credo che il vento in poppa del consenso mantenga l’unità. Il M5S potrebbe rischiare di vincere le prossime elezioni politiche, molto dipenderà dalla nuova legge elettorale e dalle modalità di ricomposizione o decomposizione degli schieramenti di centro-destra e centro-sinistra. Ma anche qualora non vincesse le lezioni, il M5S godrebbe di un consolidamento della sua presenza politica nel mercato del consenso e in quello della responsabilità democratica per la gestione del potere di rappresentanza. Su questo scenario la scommessa a cui dovrebbe puntare è un’apertura delle sue proposte a un ventaglio più ampio di società civile, a competenze tecniche e sociali di cui necessita per candidarsi al governo del paese, tutte risorse che non possono essere implementate come puro legame di fedeltà. Alla rete corta della fedeltà politica il M5S deve sostituire quella lunga della fiducia e della responsabilità. Deve incamerare l’apporto di un elettorato e di un mondo sociale che li guarda con interesse ma che non ne tollera il massimalismo senza programma e la delega democratica a un leaderismo esasperato che mal nasconde la natura padronale con cui Grillo e Casaleggio Associati gestiscono il loro gioiellino aziendale di e-politics.

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