
“I segni della scrittura sono espressione dell’anima: purtroppo in alcuni casi quella di un criminale, a volte addirittura di un assassino”
Con questa frase, che il lettore troverà ben evidenziata sul retro della copertina, ho sintetizzato il senso di questo mio quinto libro.
Attraverso l’analisi della scrittura è infatti possibile rilevare i segni di un disagio, di un disturbo di personalità, la sua dimensione e capire se nell’animo di chi scrive c’è un rancore, una rabbia repressa che potrebbe esplodere da un momento all’altro.
Se da un lato è chiaro che dalla scrittura non si evince se una persona è colpevole o meno di un crimine, dall’altro è altrettanto vero che alcuni segni rappresentano un campanello d’allarme che non dovrebbe essere trascurato. Nel libro questi segni vengono resi evidenti, identificati in alcune scritture, anche se è solo dal loro insieme che si può delineare un profilo di personalità.
In molte scritture di serial killer ho trovato, oltre ai segni del loro disturbo, anche tracce di quei maltrattamenti, abusi, abbandoni in tenera età, che spesso sono stati all’origine dei loro efferati delitti.
A volte anche dietro i comportamenti devianti di alcuni personaggi analizzati nel libro ci sono esperienze di vita difficili, in particolare nell’infanzia.
Quali, tra le scritture da Lei esaminate, rivela maggiormente, a Suo avviso, l’animo dei più noti serial killer?
È difficile sceglierne uno in particolare, perché, se è vero che ci sono delle differenze, molti segni si ritrovano nella scrittura di molti dei personaggi analizzati.
Mi verrebbe da dire Leonarda Cianciulli (la saponificatrice di Correggio) e il “dottor tortura” (Holmes Henry Howard).
La scrittura del serial killer americano è fluida, segno di una certa intelligenza ed arguzia, con lettere inclinate verso il margine destro del foglio, indicative della grande capacità di sedurre quelle che poi sono diventate le sue vittime.
Le lettere circolari non completate nella parte alta evidenziano invece (sembra assurdo!) il bisogno di quelle attenzioni affettive che forse sono all’origine del suo disturbo di personalità.
La Cianciulli, occupando tutto lo spazio del foglio trasmette invece un senso di soffocamento ed una confusione mentale.
La dimensione grande delle lettere e il riccio della spavalderia indicano un Ego smisurato e la convinzione di essere superiore agli altri.
Anch’essa però evidenzia il bisogno di quelle attenzioni affettive che le erano mancate da bambina.
Nel libro, Lei analizza anche la grafia di alcune vittime di femminicidio come Roberta Ragusa, Sarah Scazzi e Yara Gambirasio: cosa rivela l’analisi della loro scrittura?
Ho scelto di dedicare questo libro alle donne vittime di violenza da parte di uomini che dicevano di amarle, ma in realtà le ritenevano “cosa loro” e come tale senza il diritto di fare delle scelte di vita diverse.
Il lettore troverà la scrittura di adolescenti come Sarah e Yara, che guardavano alla vita con voglia di crescere ed ottimismo.
Nelle loro grafie ho trovato i segni tipici di molti adolescenti. In Yara le lettere arrotondate, indice, del desiderio di socializzare, ma anche l’alternanza stampatello-corsivo, che segnala il desiderio di non far conoscere la arte più intima di sé.
Anche in quella di Sarah c’è l’arrotondamento delle lettere, ma anche l’accartocciata che segnala un certo timore ad affrontare quel mondo degli adulti che pure ricercava.
In altre scritture ho trovato invece la sofferenza che alcune donne stavano vivendo o avevano vissuto senza potersene ancora liberare.
In Natascia Meatta, ad esempio, ci sono dei puntini di sospensione indicativi dello stato di ansia che la opprimeva e ripassi e ritocchi, segnali dei dubbi e delle paure con le quali guardava i futuro.
In che modo la grafologia può rappresentare uno strumento di prevenzione e aiutare donne vittime di violenza a evitare un destino tragico?
Come dicevo, alcuni segni sono un campanello d’allarme di una aggressività che nei comportamenti quotidiani potrebbe essere mascherata. Coglierli in tempo, come dice il Generale Luciano Garofano nella prefazione, potrebbe evitare alcuni epiloghi tragici.
Certo non è facile, soprattutto per chi non ha alcuna nozione di grafologia, ma proprio per questo cerco di evidenziare i segni più facile da cogliere, visibili anche ad un occhio non esperto.
Se qualche donna sarà in grado di trovare nella scrittura del proprio compagno alcuni di questi segni, magari dopo i primi episodi di violenza subiti (e purtroppo spesso scusati o perdonati), forse questo mio libro sarà servito a qualcosa.
Candida Livatino è giornalista pubblicista, perito grafologo, ed è specializzata in analisi della scrittura, nei disegni dell’età evolutiva e nella valutazione grafologica finalizzata alla selezione del personale. È iscritta all’Associazione Grafologica Italiana. Collabora con Mattino Cinque, Quarto Grado, Forum, Le Iene e con le testate giornalistiche del gruppo Mediaset. Ha vinto il premio Barocco nel 2013 e il Premio Internazionale Bronzi di Riace nel 2019.