“Globalizzazione disuguaglianze migrazioni. Introduzione alla storia economica contemporanea” di Donatella Strangio

Prof.ssa Donatella Strangio, Lei è autrice del libro Globalizzazione disuguaglianze migrazioni. Introduzione alla storia economica contemporanea edito da Carocci: quale fase sta vivendo l’economia mondiale?
Globalizzazione disuguaglianze migrazioni. Introduzione alla storia economica contemporanea, Donatella StrangioLa domanda è indubbiamente di grande complessità perché impone da un lato di tenere conto degli elementi in comune all’interno del contesto globale e dall’altro di considerare le eventuali peculiarità delle diverse aree regionali mondiali. Il mio lavoro, attraverso la prospettiva della colonizzazione e della decolonizzazione (che finalmente anche all’interno della Storia economica cominciano ad avere una attenzione maggiore), vuole comprendere i fenomeni attuali, dalle migrazioni alla scomposizione dei territori alle disuguaglianze ponendo l’accento sul ruolo che questi fenomeni hanno avuto e, a mio modo di vedere, continuano ad avere nella composizione- scomposizione del mondo dal punto di vista economico e sociale. Interruzioni e battute d’arresto a causa di eventi “imprevisti” come guerre, rivoluzioni e catastrofi naturali sono destinate a verificarsi così come le crisi finanziarie (come quella recente da cui lentamente gli stati si stanno riprendendo) e i conflitti commerciali, generati più direttamente dal processo di globalizzazione: tuttavia, questi, non devono essere considerati come indizi o cause del collasso dell’intero processo. Sono sfide difficili a cui si è cercato e si cerca (riuscendoci o meno) a superarle attraverso l’economia, la politica; ma se il mondo diventerà meno asimmetrico, le sue istituzioni politiche dovranno seguirne l’esempio così da mantenere un sistema politico di scambi relativamente aperti e multilaterali. Regole e istituzioni rappresentano le variabili strategiche.

Attraverso quali fasi l’economia mondiale è passata dall’imperialismo ottocentesco alla decolonizzazione?
Dal 1870 al 1945 si assiste alla istituzionalizzazione di tre diverse categorie di dipendenze, in termini di titolarità giuridica, in diritto internazionale: le colonie, poi i protettorati ed infine i mandati. Lo sviluppo coloniale europeo nel XIX secolo dipese, tra gli altri, sia dallo sviluppo economico europeo -ad esempio le industrie andavano ad acquisire materie prime (carbone, petrolio, cotone, ecc.) sempre in maggiore quantità e a minor costo sia nel continente asiatico sia in quello africano, dove abbondavano- sia da uno spirito imperialista degli stati europei animati da un forte desiderio di conquista che, non potendo allargare i propri territori nel Vecchio Continente, si espansero in Africa e in Asia anche per dar prova ciascuno della propria potenza. L’intero mondo divenne un “unico mercato” dominato dai grandi gruppi economici di fabbriche, terre e denaro, i quali potevano realizzare enormi ricchezze a condizione che i costi di produzione rimanessero bassi, si ampliassero i mercati di vendita e le aree di investimento dei capitali accumulati. Con l’istituzione dei mandati della Società delle Nazioni, nel periodo tra le due guerre mondiali, si avviò un primo, ma profondo, cambiamento della concezione colonialista. Il regime del mandato, che aveva lo scopo di preparare all’emancipazione quei popoli, sui quali si esercitava, venne, in realtà, tradito nella sua essenza: infatti, l’antico regime coloniale era rimasto intatto e i paesi dipendenti continuarono ad essere governati esclusivamente secondo la convenienza dei paesi dominanti. Nell’arco di trent’anni, dopo la metà del Novecento, dalla fine del secondo conflitto mondiale, tutti gli imperi coloniali si sono “dissolti” contribuendo con il processo di decolonizzazione alla formazione del mondo contemporaneo.

Quali sfide economiche pone la globalizzazione contemporanea?
La globalizzazione non è una forza del tutto autonoma ed è stata storicamente piegata, incoraggiata e ostacolata da altri processi inerenti alle relazioni internazionali. La globalizzazione è stata anche mediata dalle attività degli stati. Gli stati possiedono ancora poteri strutturali derivati dalle loro attività economiche e quindi continuano a definire il contesto entro cui agisce l’economia globale. In questo senso la globalizzazione ha bisogno di stati efficaci ed è interessata alla loro sopravvivenza. Con la globalizzazione si è reso necessario intraprendere un processo di rinnovamento, anche in considerazione del diffondersi dell’economia di mercato e della crescita del regionalismo. E la storia globale sta divenendo sempre più, soprattutto a partire dagli anni Novanta del Novecento, con l’affermarsi, appunto, del sistema economico globalizzato, una specifica lettura delle relazioni globali; quindi, è necessario considerare da dove essa viene osservata. Il rapporto con le problematiche storico-mondiali comporta l’individuazione di tipologie di approcci differenti: l’analisi di connessioni transnazionali; la storia delle civiltà e le variazioni della storia globale e mondiale in senso stretto. Dimostrazione che fenomeni che si erano ritenuti speciali o locali sono comunque interconnessi in modo transnazionale e lo sforzo ulteriore che ho cercato di fare all’interno del volume è non solo il collegamento, attraverso la prospettiva o meglio il filo rosso della colonizzazione e della decolonizzazione, ma anche il valutare l’incidenza dei fenomeni e le strutture in sovrapposizione e i loro limiti. La globalizzazione evidenzia i limiti e le debolezze del sistema economico, i divari tra progresso tecnologico e condizione umana: urgenze e necessità che oggi più che mai mettono al centro di tutto il ruolo sempre più forte dell’umanità e della volontà o meno di affrontare queste sfide.

Quali sono le principali teorie sulle migrazioni?
Il fenomeno delle migrazioni è complesso perché coinvolge i più diversi campi dall’economia alla politica alla storia alla finanza alla demografia. Nel testo sono affrontate le diverse teorie e i loro limiti e in questa sede mi sembra riduttivo, oltre che impossibile, riportarle semplicemente in un mero elenco asettico che non rispecchia la profondità e la necessità di avere costruito e costruire teorie atte a capirne lo sviluppo. Posso solo aggiungere che lo studio e l’analisi critica delle diverse teorie permette di comprendere, lontani certamente dalla comprensione assoluta, l’individuazione dei principali fattori alla base dei processi migratori e approfondirne la conoscenza culturale. A questo proposito, la Dichiarazione Schuman, ispirata da Jean Monnet, contiene anche l’affermazione sorprendente che “uno dei compiti più importanti della creazione di una Europa Unita” doveva essere “lo sviluppo del continente africano”. Alla luce di ciò che sta avvenendo in questo ultimo decennio con l’intensificarsi dei flussi migratori proprio da quel Continente, tale affermazione appare quanto mai attuale ed evidenzia la latitanza dell’Europa in questo ambito non avendo avviato politiche efficaci e sinceri rapporti paritetici e concreti con quei territori che nel passato avevano fatto parte coercitivamente del proprio.

Come si inserisce l’idea di un «nuovo ordine mondiale» nel contesto sociale ed economico contemporaneo e quali regole per l’economa nel prossimo futuro?
La grave crisi di questi ultimi anni ha evidenziato un “corto circuito” all’interno del sistema economico non solo dal punto di vista finanziario ma necessariamente anche economico e sociale. Il “nuovo ordine mondiale” sono le regole e le istituzioni che devono adeguarsi e rendere più efficiente il sistema economico alla luce delle sollecitazioni che sono rappresentate appunto dalla crisi e dalle sue conseguenze. Nei processi di sviluppo la formazione del capitale umano è divenuta sempre più rilevante soprattutto a partire dal periodo della seconda rivoluzione industriale (che affonda le sue radici nella seconda parte dell’Ottocento). Crescita scientifica e crescita industriale hanno cominciato a rappresentare un rapporto molto stretto tale da rendere sempre più complesso non solo la produzione delle innovazioni ma anche il loro utilizzo. La chiave di tutto questo sono le istituzioni o meglio le novità che dagli anni Ottanta del Novecento vengono proposte dai neoistituzionalisti (in questa sede non è il caso di affrontare la distinzione e le novità con gli istituzionalisti che hanno operato a cavallo tra Otto e Novecento). La parola, che deriva dal latino institutio e significa «proposito, regola, consuetudine», racchiude pienamente i significati ravvisabili nell’azione concreta delle istituzioni che sono una configurazione organizzata di relazioni sociali il cui fine è di garantire la conservazione e l’attuazione di norme o attività sociali, economiche e giuridiche sottraendole così all’arbitrio individuale e del potere in generale. Usando un’espressione più semplice si potrebbe dire che le istituzioni sono le “regole del gioco”, cioè regole di comportamento generalmente adottate e condivise che, per quanto riguarda la sfera economica, riguardano essenzialmente il possesso di beni e risorse e il loro scambio. Una importante distinzione da tenere presente quando si adotta una simile prospettiva è quella tra le istituzioni definite “informali”, vale a dire le consuetudini sociali, le convenzioni, i valori, le tradizioni, e quelle “formali”, come le organizzazioni o le leggi, perché, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, molto spesso per gli individui e i loro comportamenti le prime appaiono molto più vincolanti e influenti delle seconde. Mi chiede quali regole per il futuro? A mio modo di vedere solo una maggiore volontà di cooperare può portare alla realizzazione di regole più consone al vivere umano e alla società; d’altronde il sistema economico all’interno del quale viviamo è “una organizzazione sociale di produzione desunta dai fatti epoca per epoca” dove, semplificando il pensiero di Schumpeter, gli individui si riuniscono per risolvere i problemi della produzione del consumo. E questo è possibile al di là degli egoismi e degli interessi di singoli stati e regioni, partendo anche da una maggiore coscienza etica, più inclusiva rispetto al passato. Quindi etica, agire politico in due parole: maggiore cooperazione.

Donatella Strangio è professore ordinario di Storia economica presso la Facoltà di Economia della Sapienza Università di Roma

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