
Da cosa nasce il cliché dell’assenza di una cultura di destra?
Ci sono soprattutto due motivi che hanno portato a diffondere l’idea che manchi una cultura di destra o, in ogni caso, a ridimensionarne il peso, uno esterno e uno interno. Il primo riguarda l’ormai arcinota questione dell’egemonia culturale che ha emarginato o ghettizzare non solo chiunque fosse vicino a idee di destra ma anche chi nel settore culturale non si è apertamente schierato a sinistra. Il solo fatto di non dichiararsi di sinistra, ha portato figure di spessore del mondo culturale a non essere tenute in considerazione o addirittura ad essere emarginate secondo il più classico schema del “o sei con noi o sei contro di noi”. Si tratta dell’applicazione del “cordone sanitario” teorizzato dal professor Pedullà. Al tempo stesso però ci sono motivazioni interne, ovvero un eccessivo individualismo che ha spesso impedito un lavoro di squadra invece fondamentale in termini di politiche culturali. Ciò è avvenuto anche perché non esiste una singola destra ma tante destre con diverse posizioni, correnti, sfumature di pensiero e, se da un lato è un valore aggiunto in termini di indipendenza e pluralità, dall’altro rischia di diventare controproducente se non si riesce a fare sintesi tra le diverse anime che costituiscono la cultura delle destre.
Ulteriori fraintendimenti riguardano il legame tra la destra e l’ambiente, il ruolo delle donne nel mondo della destra e il rapporto con l’Europa: è possibile superare l’appropriazione di tali temi da parte di una sola area politica?
Tra i tanti stereotipi che circondano il mondo della destra, ci sono alcuni più duraturi di altri. Oltre a quello sulla cultura su cui ci siamo già soffermati, l’ambiente, l’Europa e il ruolo delle donne nella società, sono forse i tre ambiti attorno a cui circolano più notizie stereotipate. L’ambiente dovrebbe essere un tema che sta a cuore a tutti i cittadini a prescindere dal loro colore politico ma l’ideologizzazione dell’ambientalismo avvenuta negli ultimi anni, ha fatto sì che coincidesse con una visione più vicina al mondo liberal che a quello conservatore. In realtà esiste un conservatorismo verde che è necessario non solo riscoprire ma attualizzare sottolineando come sui temi ambientali sia possibile dare una risposta alternativa a quella portata avanti dall’ambientalismo radicale. Lo stesso vale per il concetto di Europa che è da sempre caro al mondo della destra, un’Europa intesa però nel rispetto delle identità dei popoli e come concetto storico e culturale ben diverso da un’Unione europea che è un’entità politica e, in quanto tale, può essere criticata. C’è poi uno stereotipo particolarmente fastidioso che vorrebbe una destra poco attenta ai temi femminili. In realtà ci sono state numerose donne che hanno dato un importante contributo alla cultura di destra, su tutte basterebbe citare Gianna Preda.
Nel libro Lei sostiene che ciò che è mancato alla destra non è tanto l’elaborazione di idee o di contenuti quanto la realizzazione di una politica culturale e di un’organizzazione della cultura: in che modo, dunque, la destra, può colmare tale lacuna?
È senza dubbio così, per invertire questa tendenza ci vuole tempo e una visione ben chiara ma soprattutto serve coraggio. Il coraggio di dare spazio e il giusto riconoscimento a tutti i livelli (dagli enti locali alle fondazioni alle partecipate nel settore della cultura) a voci e personalità che si riconoscono in una visione valoriale vicina al mondo conservatore facendo in modo che possa formarsi una classe dirigente nel settore della cultura. Al tempo stesso serve il coraggio delle idee assumendo posizioni che, anche se generano critiche o attacchi da minoranze rumorose e influenti, ma sono giuste, è necessario portare avanti. Il coraggio delle persone unito al coraggio delle idee è la destra migliore da realizzare per costruire una duratura politica culturale più che di destra da destra.
Francesco Giubilei (Cesena, 1992) è editore con i marchi Historica e Giubilei Regnani, docente al Corso di Editoria di Roma dell’Agenzia letteraria Herzog e dell’Università Giustino Fortunato. Dal 2022 è Consigliere del Ministro della Cultura con delega alla promozione della cultura tra i giovani. È anche presidente della Fondazione Tatarella e di Nazione Futura. Già membro del Comitato Scientifico sul Futuro dell’Europa del governo italiano, ha pubblicato dieci libri tradotti negli Stati Uniti, Spagna e Ungheria. Scrive per “Il Giornale” e per numerose riviste italiane e straniere ed è membro dell’editorial board di “The European Conservative” e di vari comitati scientifici di fondazioni e think tank.