
L’importanza dello studio di Muccioli è data dal fatto che, seppur «la prassi di designare personaggi storici con titoli ed epiclesi ufficiali» accompagni ogni epoca, «è in particolare con l’Ellenismo che gli epiteti ebbero più fortuna, entrando a far parte sistematicamente della titolatura ufficiale del sovrano […]. Gli appellativi in lingua greca, infatti, sono uno degli aspetti più rilevanti per chi affronti le vicende dei sovrani di quel periodo, in quanto sono diffusi in tutto l’Oriente ellenistico, dall’Egitto tolemaico fino ai regni indo-greci e indo-partici. Termini come Sotere, Filadelfo, Magno, Evergete (nella loro versione italianizzata), sono familiari a tutti gli studiosi e cultori di storia greca. Talora, per i moderni (come già del resto per gli antichi), basta l’uso del semplice appellativo per indicare un sovrano: Filadelfo, infatti, non può che indicare per antonomasia Tolemeo II, anche se altri sovrani sia in Egitto sia in altre monarchie ricevettero questa epiclesi.»
Gli epiteti vengono talora suddivisi «in alcuni grandi gruppi […] facendoli risalire alla sfera dinastica (Eupator, Theopator, Philadelphos, Philopator, Philometor), a quella religioso-cultuale (Epiphanes, Epiphanes Dionysos, Eueteria, Eusebes, Thea, Theos e Theos Epiphanes) a quella politico-militare (Euergetes, Megas Euergetes, Kallinikos, Nikator, Nikephoros, Soter)».
«La titolatura ellenistica, intesa nel senso di epiteti ufficiali (ma anche di appellativi non ufficiali […])» costituiva «un elemento fondante per la costruzione dell’immagine del sovrano»: essi «giocarono un ruolo molto importante per la propaganda regale sia all’interno dei confini del regno sia in politica estera, per i rapporti con i sovrani vicini ma anche con Roma (almeno dal II secolo in poi).»
È stato «osservato che i titoli dei sovrani ellenistici non hanno l’incisività che ebbe in ambito romano Augustus, che pure costituisce un buon termine di paragone. Quasi paradossalmente l’unico appellativo regio davvero vitale, per la sua valenza, fu il Megas assegnato post mortem ad Alessandro».
Per quest’ultimo, determinarne la genesi costituisce un compito «decisamente più problematico»: «la prima attestazione sicura e incontrovertibile del termine si trova solo nella Mostellaria di Plauto». Va tuttavia «osservato che l’epiteto ricorre con una certa regolarità soprattutto nelle fonti letterarie latine». L’attributo Megas non figura «in nessuna fonte letteraria, epigrafica e papiracea coeva e proveniente da ambito ellenistico […] Le fonti storiografiche greche tendono a rappresentare il Macedone come Alessandro tout court, senz’altra specificazione.»
L’uso dell’appellativo Megas per Alessandro si riconnette all’utilizzo di Magnus «in campo romano, soprattutto a partire dal I secolo a.C., quando peraltro l’appellativo da tempo era già messo in connessione costante con il Macedone. Infatti l’aggettivo magnus riferito al grande condottiero può aver influenzato, secondo una vera e propria imitatio Alexandri, personalità del mondo romano, a cominciare da Pompeo. Costui venne chiamato Grande in un periodo compreso tra l’81 e il 62. Dapprima l’appellativo venne posto in connessione con la spedizione in Africa, conferito da parte dell’esercito e poi confermato ufficialmente da Silla a Roma, sì da diventare un vero e proprio cognomen».
Conclude quindi Muccioli: «Un’ipotesi sensata, a mio avviso, è quella di ritenere che l’appellativo Megas per il Macedone sia sorto nell’ambito dell’adulazione greca di corte, in rapporto a motivazioni di carattere propagandistico, storico, retorico e filosofico, ovvero (ma non necessariamente in alternativa) nella riflessione sulla regalità e sulle sue trasformazioni che si andava sviluppando nel pensiero politico a partire dal IV secolo. […] Col tempo l’appellativo venne sentito alla stessa stregua degli epiteti ufficiali dei sovrani ellenistici, e Alessandro divenne, ipso facto, Alessandro Magno.»