“Gli editori del papa. Da Porta Pia ai Patti Lateranensi” di Maria Iolanda Palazzolo

Prof.ssa Maria Iolanda Palazzolo, Lei è autrice del libro Gli editori del papa. Da Porta Pia ai Patti Lateranensi, edito da Viella: a quali strategie comunicative e strumenti editoriali ricorre la Santa Sede con la fine del potere temporale?
gli-editori-del-papa-da-porta-pia-ai-patti-lateranensi-maria-iolanda-palazzoloCon la fine del potere temporale nel 1870, la Santa Sede si trova di fronte ad una situazione mai esperimentata nei secoli. Essa infatti perde quelle grandi aziende editoriali da lei direttamente controllate, a cominciare dalla Tipografia della Reverenda Camera Apostolica, attraverso le quali aveva comunicato col mondo, diffondendo non solo gli atti del governo pontificio, ma anche i testi per il servizio liturgico e le opere necessarie per l’esercizio del magistero pastorale.
Invece di rivolgersi alle imprese tipografiche italiane storicamente vicine alla Chiesa cattolica ma molto fragili sul piano tecnologico e commerciale e quindi poco competitive sul mercato internazionale come la Marietti di Torino, la Santa Sede preferisce affidarsi ad aziende straniere già largamente affermate nei paesi di origine, con una solida organizzazione commerciale a livello europeo, che godevano anche di stabili rapporti con ampi settori della Curia romana.

In che modo case editrici straniere come la belga Desclée e la tedesca Pustet si impongono nel vasto mercato dei libri liturgici e di pietà?
Gli editori Desclée (Tournai, Belgio) e Pustet (Regensburg o Ratisbona, Baviera) riescono a diventare sotto i pontificati di Leone XIII e poi di Pio X gli interlocutori privilegiati per la stampa e la diffusione dei più importanti libri liturgici, dal Graduale (utilizzato per il canto gregoriano nelle cerimonie solenni) al Breviario riformato, testo tradizionalmente usato da tutto il clero cattolico e quindi diffuso in un altissimo numero di copie. Questa scelta della Santa Sede non deve stupire: in primo luogo si tratta di aziende solide, in grado di sviluppare progetti editoriali complessi e ambiziosi, sia per la difficoltà della produzione ( musica gregoriana) che per numero di copie da lanciare sul mercato. Ma soprattutto queste aziende riescono a costruire, attraverso anche l’apertura di filiali librarie a Roma, rapporti molto solidi con ampi settori della Curia romana, dai Nunzi pontifici ai diversi Segretari di Stato succedutisi nel tempo ai prefetti di alcune importanti Congregazioni. La loro incondizionata fedeltà al magistero pontificio, anche nei difficili anni del modernismo, garantisce loro committenze continue ed anche il titolo di Tipografi pontifici.

Qual è il ruolo dell’Unione Tipografico Libraria Cattolica?
L’Unione Tipografico Libraria Cattolica, di cui sino ad ora si ignorava l’esistenza e l’attività e su cui quindi non si è trovato alcuno studio specifico, nasce nei primissimi anni del XX secolo proprio per iniziativa dei responsabili romani di queste aziende, in particolare per l’attività di Augusto Zucconi, giovane e intraprendente direttore editoriale della Desclèe romana. Negli ambiziosi progetti dei promotori, l’Unione è un’associazione di editori italiani e stranieri che, ribadendo l’assoluta fedeltà senza riserve o critiche al magistero pontificio, formi una rete di informazione internazionale sulla produzione libraria e periodica di orientamento cattolico. Risultato di questa attività è la pubblicazione di un “Bollettino bibliografico” che illustri e porti alla conoscenza di tutti le iniziative editoriali e i progetti dei singoli, sia in campo librario che periodico.
L’iniziativa inizia ufficialmente nel 1904 ed è coronata da grande successo, per l’adesione di moltissime aziende italiane e straniere di notevole prestigio. Tuttavia la forte concorrenzialità tra le aziende promotrici, proprio Desclée e Pustet, causa numerosi conflitti che prima condurranno all’uscita dello stesso promotore Zucconi, poi alla fine dell’esperienza nel giro di pochi anni.

Come si sviluppa la Tipografia Vaticana e il dibattito sulla proprietà editoriale della Santa Sede?
Il tema della proprietà letteraria è un tema centrale per la Santa Sede, che vede risposte diverse nell’arco dei secoli della sua storia. Sino al XVIII secolo, la Santa Sede aveva concesso il privilegio di stampa a quelle aziende che garantivano il controllo e la correttezza dei testi del magistero ecclesiastico. Tale privilegio comportava sostanzialmente il monopolio di stampa e vendita delle opere religiose e di interesse liturgico, ma naturalmente era valido solo nei territori governati dal pontefice o in quegli Stati che, spesso per motivi diplomatici, accettavano le direttive della Chiesa cattolica in materia di stampa.
Con l’affermarsi del diritto d’autore, il privilegio decade in tutti gli stati europei poiché nasce una nuova norma a tutela dei diritti dell’autore e dell’editore, contro le contraffazioni e le ristampe pirata. Ma soprattutto con la perdita del potere temporale e la fine dello stato pontificio la Chiesa, se vuole proteggere le opere liturgiche o devozionali o anche i messaggi del pontefice da possibili alterazioni, deve adeguarsi alla normativa esistente in territorio italiano, cioè la legge Scialoja sul diritto d’autore, riconoscendo sostanzialmente l’esistenza dello stato italiano e delle sue prerogative. Per i pontefici preconcordatari è una scelta inaccettabile. È soprattutto sotto il pontificato di Pio X che matura quindi l’esigenza di dotarsi di uno strumento editoriale autonomo, interamente sotto il controllo della Santa Sede anche perché posto all’interno delle mura vaticane, richiamando in vita la Tipografia Vaticana già fondata da Sisto V nel 1587. Nel 1926 nasce la Libreria Editrice Vaticana, che pubblica non a caso il primo volume della Vulgata. Solo con i Patti Lateranensi e la nascita dello stato della Città del Vaticano la questione avrà una soluzione definitiva.

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