
a cura di Mario Erbetta
Marietti 1820
«Il titolo πράξεις = Atti richiama il libro canonico noto, inserisce però le opere di cui trattiamo in un genere letterario differente, in uso molto tempo prima. Isocrate nel V-IV sec. a. C. concepiva la storia come un racconto degli atti antichi allo scopo di offrire un insegnamento per mezzo degli esempi narrati. I suoì discepoli Teopompo ed Eforo scrissero il primo Atti Ellenici e gli Atti di Filippo il Macedone, l’altro gli Atti dei Greci e dei barbari, continuati da Diyllos. Senofonte, contemporaneo di Isocrate, ricorda gli Atti di Ciro e di Agesilao; poco dopo Callistene narrava gli Atti di Alessandro. In seguito incontriamo gli Atti di Perdicca, Annibale, Mitridate, Augusto […].
Il tema tradizionale di tali opere a sfondo encomiastico erano i fatti naturali e meravigliosi, spinti fino all’inverosimile e al portentoso, occorsi a personaggi illustri o mitologici. Costoro venivano esaltati per le loro forze spiegate e per le doti o qualità (δυνάμεις – ἀρεταί) dimostrate. Sottolineiamo subito l’elemento aretalogico […]. Non troviamo ovunque, è vero, la stessa esagerazione. Senofonte nel descrivere le forze e le doti dei suoi eroi non supera i limiti della storicità. Frequentemente però viene alla luce un miscuglio di vero e fittizio, parto di testimoni parimenti veri e fittizi. La terza persona dello storico cede spesso al supposto teste oculare, il quale racconta in prima persona. Ora, l’elemento aretalogico accennato si ripete esattamente negli atti apocrifi, in quanto descrizione, alle volte diretta, di azioni e qualità prodigiose rivelate dal protagonista in tempi ormai trascorsi.
Πράξεις non è l’unico titolo; c’è ancora quello di περίοδοι, cioè Giri o Viaggi attorno al mondo, in terre lontane. Un parallelo profano è la storia ricordata di Alessandro. Notiamo tuttavia che il viaggio negli apocrifi non è compiuto allo scopo di conquista o di ricerche geografiche, ma per la diffusione di una dottrina religiosa. La forma letteraria non ricalca quindi semplicemente quella del romanzo distensivo e divertente, ma la stessa non è che una cornice allo scopo d’insinuare il contenuto del vangelo. Volendo perciò definire in qualche modo gli atti apocrifi, potremmo chiamarli: storie edificanti di viaggi attraverso il mondo compiuti dagli apostoli come missionari, investiti di poteri sovrumani. La definizione racchiude tre elementi costitutivi: l’aretalogico, l’etnografico e il religioso. Questi due si possono ancora compendiare nell’aggettivo missionario. Gli elementi spiccano in tutti gli atti, benché non in modo eguale: negli Atti di Pietro brilla il prodigioso; in quelli di Tommaso, l’etnografico; in quelli di Giovanni, il religioso.
Ma vale la pena di approfondire in modo più ampio i paralleli della letteratura antica agli elementi accennati.
Le gesta degli dei e degli eroi rifulgono soprattutto per opera dei poeti come Omero ed Esiodo. […] L’aretalogia è ancora preponderante nelle biografie di persone storiche come Alessandro Magno, Alessandro Abunoteico, Apollonio di Tiana, Peregrino Proteo e in filosofi come Pitagora. […]
Il mito di Dioniso parla del dio viaggiatore che coltiva la vigna e insegna la nuova religione : ovunque festose accoglienze, congiunte a persecuzioni. Un inno omerico lo fa prigioniero di pirati; ma nessuna catena lo può tenere. Liberato in modo prodigioso, punisce i malvagi. […] L’epopea di Dioniso è ancora l’argomento di ben 48 libri di Nonno (più tardi cristiano; 500 ca. d. C.). […]
Demetra e Dioniso sono però degli dei, autori di un nuovo culto. Altrove invece si tratta di veri apostoli, latori del culto di Dioniso e Apollo. Melampo è il missionario leggendario del culto del primo. Di lui si raccontano prodigi, guarigioni portentose, conoscenza di lingue di animali. La conoscenza delle lingue è un’altra prerogativa degli apostoli antichi (v. Filostrato, vita Apoll. I, 19). Lo stesso Alessandro Magno nelle leggende posteriori è un missionario che comprende tutte le lingue. Di Melampo si racconta che fu prigioniero per un anno. Caduto ammalato, ode dai vermi delle travi che la casa sta per cadere. Si fa subito portare fuori e quella crolla. La donna che l’aveva trattato male muore, ma il marito benevolo è salvo (Ferecide, fram. 75).
Fra i taumaturghi preellenici sono nominati: Abaris, Aristea, Bakis ed Epimenide, missionari di Apollo. In questa schiera di taumaturghi e profeti estatici va inserito Pitagora. Il nome richiama un’aretalogia missionaria di carattere filosofico, come quelle della vita Apoll. di Filostrato, dì Peregrino Proteo deriso da Luciano e di Alessandro Abunoteico. Sono questi i migliori paralleli e modelli antichi agli atti apocrifi […]. Anche là viaggi e racconti meravigliosi, ove il senso filosofico alle volte supera quello puramente religioso; si viaggia per il mondo per diffondere religione e conoscenza. Tutto ciò spingeva l’autore a rifiutare il nome di romanzo agli scritti in questione. […]
Una lettura anche superficiale degli atti apocrifi giustifica pienamente i richiami esposti. In ambedue i casi abbiamo dinanzi una cornice comune, costituita dalla vita pubblica e privata del tempo e dalle sue manifestazioni. Lo scrittore cristiano non difettava di abilità. A lui occorreva solo sostituire al vecchio contenuto, al vecchio ordito uno nuovo. Per il resto, le linee esteriori erano quelle che il pubblico pagano o semipagano amava e conosceva. Altrimenti l’autore non solo rischiava d’essere incompreso, ma falliva completamente lo scopo. E così l’influsso del romanzo pagano giunge talvolta fino a incidere sulla coerenza coi principi professati e difesi. […]
Dove questa letteratura vince il modello profano è certamente nella descrizione del portentoso. Anche gli Atti canonici e il Vangelo di Giovanni sono di gran lunga superati. Risurrezioni di morti in un seguito disinvolto, la maledizione di nemici con la morte relativa, azioni prodigiose compiute da bestie sono per l’eroe facili e spontanee come gli anatemi e la consacrazione delle acque. […]
Gli atti apocrifi sono, senza dubbio, una fonte preziosa per una conoscenza più completa di notizie relative al culto e alle formule del servizio liturgico del II-III sec. Elementi liturgici si trovano un po’ dovunque, specie negli Atti di Tommaso. […]
Tutti gli atti sono pervasi, lo ripetiamo, oltre che da un senso generico d’ascetismo, dalla nota e marcata visuale encratita, i cui estremi sono il rifiuto del matrimonio e la procreazione della prole, senza dimenticare l’astinenza alle volte dalle carni e dal vino. Il protagonista degli Atti di Tommaso pare un modello di vita vegetariana. Si delinea qui evidente una confusione fra ì precetti e i consigli evangelici.
Fra le altre esagerazioni elenchiamo il docetismo degli Atti di Giovanni: la migliore esposizione volgare pervenutaci. Docetismo ed encratismo però possono essere aspetti della gnosi, non già la gnosi stessa. È noto infatti che anche Marcione, Taziano e in seguito Tertulliano furono degli encratiti e così Giulio Cassiano, per giunta doceta. […].
D’altra parte non è neppure corretto — salvo forse per gli Atti di Paolo — il giudizio di Schmidt nel dirli «documenti importanti del cristianesimo popolare antico cattolico». I modelli dell’ortodossia del II sec., ad es. Ignazio, Policarpo e Giustino, non sembrano davvero d’accordo. L’ardore dimostrato poco dopo dal manicheismo e da altre eresie nell’’accettare i testi suddetti, trasformandoli e considerandoli perfino scritture ispirate, e il rifiuto netto dei cattolici fin dal loro primo apparire pongono abbastanza a fuoco l’ambiente sincretista e superstizioso, in cui videro la luce.»