
Il regno di Graziano si inserì in un momento storico ancora in divenire, che fu un’epoca di adattamento di mentalità diverse contrassegnata da importanti e profonde trasformazioni che posero l’imperatore di fronte a difficoltà non trascurabili. Il IV sec. d.C., infatti, fu caratterizzato in vari ambiti da un impetuoso conflitto di forze. La continua minaccia dei confini dell’impero, che, divenuti sempre più estesi, erano assai difficili da tenere saldi; le varie problematicità sorte sul terreno sociale; quelle economiche; la miseria che affliggeva una sostanziosa parte della popolazione; il dissidio tra Oriente e Occidente; l’acuirsi della corruzione nell’amministrazione imperiale; la crisi demografica; l’arruolamento nelle file dell’esercito romano di barbari, ignoranti delle tradizioni di Roma, incuranti della sua gloria e privi di un senso di appartenenza all’impero; la penetrazione dell’elemento barbarico anche nei quadri dell’amministrazione civile; la fiacchezza dello spirito patriottico; le lotte tra religione nuova e religione antica; i dissidi intestini all’interno del cristianesimo tra le varie dottrine, che si scontravano per affermarsi ognuna come la vera ortodossia etc. portarono difatti a uno sconvolgimento della vita dell’impero.
Trovatosi a dovere affrontare tale situazione, Graziano è stato spesso descritto dalla letteratura tendenzialmente come un soggetto inadeguato a fronteggiarla, debole, irresoluto, facilmente soggetto all’influenza altrui e che, inesperto, mostrò scarse attitudini di comando. Tuttavia, la sua figura è ben più complessa rispetto a quanto possa sembrare di primo acchito e il suo breve regno comunque degno di nota e contraddistinto da una sua originalità.
E infatti, se, dall’indagine condotta sulle fonti, da un lato, risulta sia che l’imperatore (non adeguatamente educato al governo dell’impero, giovane, impreparato, dedito ad attività che inopportunamente lo distoglievano dai suoi compiti pubblici, non affiancato da funzionari capaci di consigliarlo convenientemente, soggetto all’ascendente altrui) non fu in grado di porre un valido freno alla corruzione nell’ambito dell’amministrazione civile e della giustizia, non riuscì a conservare la relativa floridezza dell’erario che il padre ebbe il merito di raggiungere, perpetrò il vincolismo sociale, commise, in relazione all’esercito, gli errori forse più gravi della sua politica – mostrando soprattutto disaffezione nei confronti del corpo militare e accordando preferenza ai barbari all’interno di esso –, sia che la sua politica mancò effettivamente, in molti settori (come nell’ambito sociale, in quello dell’amministrazione civile e militare, nonché della giustizia e in relazione all’assetto organizzativo dell’impero), di originalità, ponendosi in linea con quella dei suoi predecessori e soprattutto del padre Valentiniano I, dall’altro lato, Graziano fu autore di risoluzioni e azioni positive, pure originali, e talvolta di rilevanza tale da influire anche sugli anni a venire. L’imperatore tra le altre cose: condusse fortunate imprese militari che assicurarono il consolidamento dei confini dell’impero (si ricordi in particolare la sua vittoria del 378 ad Argentaria contro gli Alemanni Lenziesi); abbandonò il militarismo paterno; mostrò deferenza nei confronti del senato; diede grande impulso al settore dei lavori pubblici; assunse provvedimenti volti a garantire ai sudditi una corretta amministrazione della giustizia e a limitare l’impiego della tortura; pur non riuscendovi, tentò di frenare la corruzione nell’amministrazione civile e della giustizia e la mendicità e di sanare le finanze pubbliche con provvedimenti volti a limitare i privilegi esistenti in materia fiscale e a evitare anche in questo ambito favoritismi e corruzione; regolò gli approvvigionamenti di grano a Roma, garantendone la sicurezza; colpì le frodi nella fabbricazione delle monete; concesse un’amnistia finanziaria etc. Ma l’ambito in cui soprattutto la sua politica ebbe un proprio merito e mostrò maggiormente una sua originalità e incisività fu quello religioso, appunto principale oggetto di studio nel volume.
Cosa stabiliva in materia religiosa il Codice Teodosiano?
Le costituzioni grazianee in materia religiosa tramandateci nel Codice Teodosiano hanno vario contenuto. Non essendo qui possibile affrontarle tutte in modo approfondito, mi limiterò a richiamarne di seguito alcune tra le più interessanti.
Il primo provvedimento religioso di Graziano conservato nel Codice Teodosiano è C.Th. 16.2.23, del 17 maggio 376, con cui si previde che gli ecclesiastici, qualora avessero commesso gravi delitti, sarebbero stati giudicati dai giudici secolari, mentre, in caso di commissione di delitti lievi, la competenza giurisdizionale sarebbe stata riservata al foro ecclesiastico. Successivamente, con C.Th. 16.2.24 del 5 marzo 377, si esonerano i chierici dai munera personalia e con C.Th. 16.6.2, del 17 ottobre 377, l’imperatore condannò la pratica in vigore in alcune chiese di impartire una seconda volta il sacramento del battesimo.
Dopo questo esordio in cui, sebbene possa sembrare diversamente, non è individuabile una presa di posizione del sovrano in materia di fede, ma solo verificabile un suo generico interesse nei confronti del clero e delle questioni religiose, forse per lo più spostato sulla linea dell’equidistanza dai diversi credo, con C.Th. 16.5.5 del 3 agosto 379 Graziano intraprese verosimilmente un cambiamento di rotta, intervenendo poderosamente a vantaggio dell’ortodossia: vietò infatti – per la prima volta in modo indifferenziato – tutte le eresie, tutelando il credo niceno e prevedendo una minaccia indeterminata nei confronti di chi violasse il divieto di riunione di tutti gli eterodossi. Con C.Th. 16.5.4 (la cui datazione sarebbe da correggere al 22 aprile 380), di poco successiva al famoso Editto di Tessalonica del collega d’Oriente Teodosio, stabilì che ogni riunione eretica fosse vietata e intervenne di conseguenza per punire i giudici e chiunque non operasse nel senso dell’ottemperanza a tale ordine. Infine, con C.Th. 16.7.3 del 21 maggio 383 estese l’accezione di apostasia (non più limitata solo al cristiano divenuto pagano, ma comprendente anche il cristiano divenuto manicheo o convertito al giudaismo), che fu severamente punita prevedendo quali pene per l’apostata la perdita della testamenti factio activa, l’esilio e la confisca dei locali di riunione.
Come si articolò la politica religiosa di Graziano?
Graziano è soprattutto conosciuto appunto per la sua politica religiosa. Egli è solitamente associato all’idea di un princeps cristiano ortodosso e intransigente. Tuttavia, tale rappresentazione del sovrano è quantomeno idealizzata.
Infatti, l’imperatore non fu sempre un princeps christianus: asceso al potere, sebbene di fede cristiana e di credo niceno, la sua iniziale volontà fu quella di seguire le orme paterne, rimanendo così imparziale e garantendo una certa equidistanza del potere imperiale dalle diverse religioni.
Graziano conobbe invero una prima fase di cosciente apertura religiosa in due direzioni. Da un lato, si dimostrò sostanzialmente neutrale di fronte ai vari dogmi cristiani e ammise esplicitamente, con il rescritto di tolleranza di Sirmio del 378 (di cui si trovano riferimenti in Socrate Scolastico – Socr., 5.2 –, Sozomeno – Soz., 7.1 –, nel Lessico di Suida – voce Γρατιανὸς – e in C.Th. 16.5.5), interpretazioni del cristianesimo diverse dal credo niceno e, dall’altro, come testimoniano taluni discorsi e dichiarazioni dei suoi contemporanei (ad esempio, la tredicesima orazione di Temistio, tramandata con il titolo: ‘Ερωτικός ή περί κάλλους βασιλικού’), che alcuni dati numismatici ed epigrafici sembrano corroborare, mostrò un’estrema disponibilità anche nei confronti della religione tradizionale pagana.
È il ‘secondo Editto di Milano’ (C.Th. 16.5.5), così chiamato per la sua importanza, per il suo contenuto innovativo in materia di cristianesimo e per la sua portata generale, a segnare il momento di svolta verso l’ortodossia religiosa. Il provvedimento precluse categoricamente l’eresia, revocando il rescritto di tolleranza di Sirmio emesso l’anno prima. Da tale momento Graziano rinunciò definitivamente alla neutralità, come testimoniano anche C.Th. 16.5.4, con cui, come accennato, l’imperatore ribadì e inasprì il contenuto del ‘secondo Editto di Milano’, C.Th. 16.7.3 e i provvedimenti del 382 assunti contro il paganesimo (il sovrano rifiutò il titolo di pontifex maximus, l’Ara della Vittoria fu tolta dall’aula del senato romano e le immunità dei collegi sacerdotali e delle vestali furono soppresse).
Tuttavia, l’imperatore, pur perseverando sempre più e sino alla sua morte sulla via dell’osservanza dell’ortodossia nicena, non raggiunse mai una totale intransigenza nei confronti degli altri dogmi cristiani e della religione tradizionale.
Dunque, se da una parte l’idea di un princeps christianus ortodosso e intransigente non corrisponde, alla luce delle fonti giuridiche e letterarie, all’atteggiamento assunto da Graziano nei primi anni del suo regno e non si confà completamente nemmeno alla sua politica religiosa a partire dal c.d. ‘secondo Editto di Milano’, dall’altra, bisogna di certo riconoscere che gli atti e i provvedimenti dell’imperatore successivi al 379 ebbero una grande incisività, tale da inaugurare un rivolgimento radicale dell’impero e delle relazioni fra di esso e la Chiesa. Con Graziano il principio della libertà religiosa fu infatti abbandonato per sempre, si ruppe il legame con il paganesimo, che fu dunque soppresso come culto ufficiale, e si favorì la preminenza del cristianesimo e, all’interno di questo, dell’ortodossia nicena, dando avvio a quel cammino che porterà l’impero all’avvento della chiesa di Stato.
Fu, dunque, proprio tale imperatore, ancora prima di Teodosio con l’Editto di Tessalonica, a giungere ad aprire una breccia nel senso di una transizione da un modello di appartenenza classico, politico ed etnico, a un altro, fondato sull’adesione a una determinata religione, il cristianesimo.
Sabrina Lo Iacono è nata a Vibo Valentia il 2 ottobre 1988, nel 2013 si è laureata in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano con votazione 110/110 e lode. Nel 2014 ha vinto un dottorato di ricerca in Scienze giuridiche con borsa presso la medesima università in co-tutela con l’Universität Bern, conseguendo col massimo dei voti il titolo di dottore di ricerca nel 2017 presso le due università. Nel medesimo anno ha superato l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense. Nel 2019 ha vinto un assegno di ricerca presso l’Università degli Studi di Brescia, ove è stata nominata cultrice della materia in Istituzioni di diritto romano, e da gennaio 2020 è assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Milano.