“Gladiatori, carri e navi. Gli spettacoli nell’antica Roma” di Patrizia Arena

Prof.ssa Patrizia Arena, Lei è autrice del libro Gladiatori, carri e navi. Gli spettacoli nell’antica Roma edito da Carocci: quali erano le forme di spettacolo più diffuse nell’impero romano?
Gladiatori, carri e navi. Gli spettacoli nell'antica Roma, Patrizia ArenaDiverse erano le tipologie di spettacoli di cui i cittadini romani potevano godere: rappresentazioni teatrali (commedie, tragedie, mimi), corse di carri, esibizioni di animali esotici e cacce, combattimenti di gladiatori, naumachie, competizioni atletiche. Ognuna di esse aveva uno specifico luogo di ambientazione: teatro, circo, anfiteatro, stadio, che nel periodo intercorrente tra l’età repubblicana e quella imperiale da strutture lignee provvisorie si trasformarono in modo progressivo in costruzioni monumentali. Il numero dei ludi circenses e dei munera gladiatoria allestiti in un anno aumentò considerevolmente nel corso del tempo e il popolo poteva godere di questi intrattenimenti per molti giorni, dal momento che essi erano una componente fondamentale della religione romana ed erano anche al servizio della politica. Dal 46 a.C. i Romani assistettero, poi, agli allestimenti di grandi naumachie, nei quali videro affrontarsi su specchi d’acqua flotte contrapposte.

Nel mio libro non mi sono soffermata su tutte le forme di spettacolo, ma ho preferito concentrarmi sulle corse dei carri, sulle cacce, sui combattimenti gladiatori e sulle naumachie imperiali, volendo offrire ai lettori un quadro d’insieme corredato di riferimenti alle implicazioni religiose, politiche, ideologiche e sociali sottese agli allestimenti.

Come si articolava una giornata di giochi?
La giornata di giochi si articolava in modo diverso a seconda che si trattasse di ludi circenses o di munera gladiatoria. Una giornata di giochi nel circo iniziava con la processione circense, il rituale di apertura dei ludi, poi si svolgevano le competizioni di bighe, trighe, quadrighe, tiri a sei, esibizioni di cavalieri acrobati. Negli intervalli tra le corse gareggiavano anche atleti, pugili e lottatori, si avevano esibizioni di animali e cacce, così come rappresentazioni di mimi, sebbene essi siano testimoniati per il tardo periodo imperiale.

Per quanto riguarda una giornata di spettacoli nell’anfiteatro, in epoca imperiale il munus a programma completo prevedeva le cacce e l’esecuzione dei damnati ad bestias di mattina, spettacoli di intrattenimento ed esecuzioni capitali di condannati durante l’intervallo del pranzo, combattimenti di gladiatori nel pomeriggio. Anche i munera, come i ludi circenses, erano aperti da una processione, la pompa amphitheatralis, nella quale sfilavano l’editor muneris, i musicisti, le statue delle divinità, i gladiatori, i venatores e i condannati.

Quali possibilità di carriera si aprivano per aurighi e gladiatori?
Gli aurighi iniziavano la loro formazione molto giovani. Crescens della Mauretania, ad esempio, aveva cominciato a soli tredici anni ed Helenus, che aveva gareggiato per i Verdi e poi era stato reclutato dagli Azzurri, trovò la morte a tredici anni e otto mesi, avendo iniziato la sua carriera già da qualche tempo. Potevano trasferirsi da una fazione all’altra e, se dimostravano di possedere particolari abilità, potevano passare dal ruolo di auriga (o bigarius), cioè conducente di bighe o trighe, a quello di agitator (o quadrigarius), ossia conducente di quadrighe. Coloro che erano maggiormente dotati potevano collezionare un numero davvero impressionanti di vittorie e diventare famosi, come Scorpus con le sue 2.048 e Diocles con le sue 2.900. Grazie ad esse potevano accumulare fortune enormi: Diocles guadagnò ben 35.863.120 sesterzi.

I gladiatori venivano addestrati in scuole apposite, apprendendo tecniche e norme di combattimento. Iniziavano il loro percorso verso i 17-18 anni e si specializzavano generalmente in una sola categoria, nella quale combattevano durante il corso della loro vita, ad eccezione dei murmillones. Durante la loro carriera alcuni di essi potevano raggiungere una certa agiatezza e notorietà presso il pubblico. Disputavano nel complesso circa 10-15 combattimenti, non più di un paio l’anno; eccezionali furono, infatti, le 36 vittorie di Maximus, le 34 di Flamma, le 27 di Generosus.

Di quale considerazione sociale godevano aurighi e gladiatori?
Per poter rispondere a questa domanda, che è collegata necessariamente alla precedente, bisogna tener presente quale fosse la condizione giuridica degli aurighi e dei gladiatori. I primi erano generalmente schiavi o liberti. Dei secondi un buon numero doveva essere costituito da prigionieri di guerra e un numero ancora più consistente era formato da schiavi; c’erano, poi, liberti e, in quantità decisamente inferiore, uomini di nascita libera. Gli aurighi e i gladiatori, così come gli attori, durante la loro carriera, grazie alle loro particolari abilità potevano acquistare grande fama presso gli spettatori e anche un certo prestigio sociale, collegato alla discreta fortuna personale che erano in grado di accumulare con le loro prestazioni. Nonostante ciò, nell’impero romano coloro che praticavano l’ars ludicra dietro compenso erano colpiti da infamia, che comportava la restrizione dei diritti civili e la perdita di quelli politici: non potevano stare in giudizio in luogo di altri, non potevano essere avvocati in un processo, perdevano lo ius suffragii e lo ius honorum.

Quale partecipazione di pubblico vedevano gli spettacoli?
Ai ludi circenses, ai munera gladiatoria e alle naumachiae assistevano grandi folle. Per gli spettacoli della capitale, caratterizzati da grande fasto e spesso da una durata di più giorni, affluivano spettatori non solo residenti nell’Urbe, ma anche provenienti dai dintorni, da tutta la penisola e dalle province. Il Circo Massimo, ad esempio, da 150.000 posti a sedere dell’età augustea passò a 250.000 sotto Nerone e a 255.000 con i lavori fatti eseguire da Traiano. A proposito degli allestimenti delle naumachie imperiali gli autori antichi testimoniano la partecipazione di un pubblico molto numeroso. A proposito della naumachia di Augusto Ovidio ricorda schiere di ragazzi e ragazze giunte da lontano; Svetonio parla addirittura di un servizio di vigilanza disposto dall’imperatore per impedire i furti nelle case, dal momento che gli abitanti di Roma assistevano in massa agli spettacoli da lui offerti in quell’occasione. Riguardo alla battaglia navale allestita dall’imperatore Claudio nel lago Fucino Tacito narra che un numero enorme di spettatori, provenienti da Roma e dai municipi vicini, era convenuto e si era disposto sulle sponde del lago, sulle pendici dei colli e sulle cime, per poter ammirare l’opera e lo spettacolo di inaugurazione.

Quali giudizi formularono i cristiani su queste forme di intrattenimento?
I cristiani formularono giudizi severi sugli spettacoli pagani, nelle loro varie forme, e alcuni autori, come Tertulliano, esposero nei loro scritti, argomentandole, le motivazioni che proibivano ai cristiani di assistere ai giochi e alle rappresentazioni teatrali. Tra le ragioni della condanna c’erano l’idolatria insita negli spettacoli e nei loro luoghi di ambientazione, la contaminazione che i giochi producevano nell’animo degli spettatori, inducendoli in errores e peccata, le passioni smodate e malsane suscitate negli astanti, che degeneravano in follia e violenza. I munera gladiatoria, inoltre, erano contraddistinti da saevitia e feritas e offrivano uno spettacolo del dolore di cui i cristiani non potevano godere, poiché, al contrario, avrebbero dovuto condividere le sofferenze dei combattenti e dei condannati. Nel contempo tra i cristiani c’erano anche molti che apprezzavano gli spettacoli tradizionali e sostenevano una posizione più morbida e conciliante della Chiesa nei confronti della partecipazione a questi momenti di riunione mondana.

Anche tra gli stessi pagani, del resto, si levavano voci di condanna degli spettacoli. Ben nota è una delle Epistole di Seneca, nella quale esorta Lucilio e quanti erano in grado di recepire il suo messaggio a tenersi lontani dalla folla, perché essa aveva una pericolosa auctoritas sui più giovani e sui più deboli e un’influenza dannosa cui era molto difficile resistere. Uno degli esempi negativi addotti dal filosofo a supporto del suo consiglio è costituito proprio dagli spettacoli gladiatori, seguiti da grandi folle e capaci di sollecitare negli spettatori gli istinti peggiori, il gusto morboso per la crudeltà e la violenza incontrollata. Anche Cicerone, in una delle sue lettere indirizzata a Marco Mario, esprime un giudizio negativo su spettacoli, venationes e mimi, rallegrandosi del fatto che il suo amico non vi abbia assistito e abbia trascurato quello che, senza alcun fondamento, piaceva tanto agli altri.

Come si svolgevano le grandi naumachie imperiali?
Le naumachie imperiali prevedevano lo scontro tra due flotte, che partivano da due opposte linee di partenza; si effettuavano delle manovre navali, poi si arrivava all’urto vero e proprio tra le navi. Si realizzavano allora l’abbordaggio e il combattimento all’ultimo sangue dei naumachiarii, che dovevano costituire il momento centrale della messinscena. Si trattava di riproduzioni di famose battaglie navali, avvenute nel corso della storia nel Mediterraneo. Nelle nostre fonti sono in genere riportati i nomi dei due schieramenti contrapposti, ad esempio Ateniesi e Persiani in quella di Augusto nel 2 a.C. o Rodiesi e Siciliani nell’allestimento di Claudio nel 52 d.C., ma non è indicata espressamente la battaglia replicata.

Con il trascorrere del tempo, le naumachie furono organizzate più frequentemente dagli imperatori, non più ad intervalli di circa cinquanta anni l’una dall’altra, come era avvenuto dall’età di Cesare a quella di Claudio. Ciò è stato messo in relazione con l’edizione delle naumachie all’interno dell’anfiteatro: esse non avevano più la magnificenza dei grandi combattimenti navali anteriori organizzati su specchi d’acqua ed erano meno costose; l’attrattiva per il pubblico risiedeva nell’alternanza tra combattimenti acquatici e terrestri, che andò a caratterizzare questo tipo di spettacolo.

Patrizia Arena è ricercatrice di Storia romana presso l’Università Europea di Roma, dove insegna Archeologia, memoria storica e valorizzazione dei Beni culturali nel Corso di Studio di Turismo e Valorizzazione del Territorio. Ha scritto Feste e rituali a Roma. Il principe incontra il popolo nel Circo Massimo, Bari 2010; Augusto, Res gestae. I miei atti, Bari 2014; insieme con A. Marcone Augusto e la creazione del Principato. La questione dinastica, Firenze 2018.

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